Corriere della Sera, 26 agosto 2023
Berlino non cresce più
BERLINO Non indietreggia più. Ma non avanza neppure. È ferma, crescita zero, la locomotiva tedesca nel secondo trimestre di quest’anno, e soprattutto non dà grandi segnali di volersi rimettere in movimento nei prossimi mesi mentre si fanno più pessimisti gli imprenditori, ormai quasi rassegnati alla prospettiva di una vera e propria recessione. I dati dell’Istituto federale di statistica confermano un preoccupante quadro di stagnazione: da aprile a giugno, il Pil su base annuale della Germania è rimasto immobile, dopo due contrazioni successive, sia pur lievi, nei due trimestri precedenti. E se è vero che rispetto al trimestre gennaio-aprile l’economia ha segnato un più 0,1%, confrontando i due secondi trimestri del 2022 e 2023, il Pil tedesco si è contratto dello 0,2%.
Forse, ancora più grave è il dato reso noto dall’Ifo, l’istituto economico di Monaco di Baviera, secondo il quale l’indice della fiducia imprenditoriale, che di regola coinvolge circa 9 mila aziende ed è sensore fedele e molto osservato per le previsioni congiunturali, è sceso in agosto di ben 1,7 punti, passando da 87,3 nel mese precedente a 85,7 in tutti e quattro i settori principali: manifattura, servizi, commercio al dettaglio e costruzioni. È la quarta contrazione mensile consecutiva e il livello più basso dall’ottobre scorso. Quanto alle valutazioni che le imprese fanno della loro situazione attuale, sono scese a 89 punti, come non succedeva dall’agosto 2020, cioè in piena pandemia. «L’economia tedesca non è ancora fuori pericolo, la traversata del deserto continua», ha commentato il presidente dell’Ifo, Clemens Fuest.
A mettere ali di piombo alla prima economia d’Europa, oltre all’inflazione e agli alti tassi di interesse che frenano i consumi domestici, è soprattutto la crisi del «Made in Germany» con il rallentamento delle esportazioni verso il Nord America e la Cina che mette in ginocchio il comparto manifatturiero, forza trainante del sistema Germania.
Inoltre, si sta rivelando illusoria la speranza che fosse il settore dei servizi a far da contrappeso. Per il capo economista della Hamburg Commercial Bank, Cyrus de la Rubia, «i servizi stanno per congiungersi alla recessione della manifattura, l’attività ha iniziato a ridursi anche lì, mentre i prezzi sono tornati a salire ancora più rapidamente».
I tre fattori – tassi alti, pressioni inflazionistiche e commercio estero in surplace – continueranno a pesare sull’economia tedesca anche nella seconda metà di quest’anno, spiega Claus Niegsch, analista della DG Bank, che predice una nuova recessione nei prossimi due trimestri del 2023. Anche il Fondo monetario ipotizza che la Germania potrebbe essere l’unico grande Paese industriale a sperimentare una recessione nell’anno in corso. Fattore non numerico ma decisivo nell’equazione tedesca, è anche l’attuale instabilità politica, che vede la coalizione guidata dal cancelliere Scholz divisa su tutto e soprattutto sulla politica economica, dove i liberali, che con Christian Lindner guidano il ministero delle Finanze, insistono per una linea di rigore deflazionista, cui si oppongono invece i Verdi e la stessa Spd.