La Stampa, 26 agosto 2023
La crisi cinese non metterà in crisi gli Stati Uniti
Le difficoltà economiche degli anni post pandemia hanno portato a intensi dibattiti intellettuali e politici. Una cosa su cui quasi tutti concordano, tuttavia, è che la crisi post-Covid assomiglia molto poco alla crisi finanziaria globale del 2008.Così, di fatto, pare che la Cina, la più grande, o la seconda più grande, economia del mondo, in base a come la si misura, si trovi sull’orlo di una crisi che assomiglia molto a quanto il resto del mondo ha attraversato nel 2008.Non sono sufficientemente sicuro della mia comprensione della Cina per giudicare se riuscirà a contenere il suo momento di Minsky, il punto in cui tutti si rendono conto improvvisamente che il debito insostenibile è, effettivamente, insostenibile. In effetti non sono sicuro se qualcuno, compresi i funzionari cinesi, conosca la risposta a quella domanda.Penso, però, che possiamo rispondere a una domanda più ipotetica: se in Cina c’è davvero una crisi in stile 2008, si riverserà in modo rilevante sul resto del mondo, in particolare sugli Stati Uniti? E, su questo, la risposta è piuttosto chiaramente no. Per quanto l’economia della Cina sia grande, l’America ha un’esposizione finanziaria o commerciale sorprendentemente piccola riguardo ai problemi della Cina.Prima di arrivare a quel punto, parliamo del perché la Cina nel 2023 assomiglia alle economie nord-atlantiche, sia americana, sia europea, nel 2008.La crisi del 2008 fu causata dallo scoppio di un’enorme bolla immobiliare transatlantica. Gli effetti dello scoppio della bolla furono amplificati da turbolenze finanziarie, in particolare il crollo delle “banche ombra”, istituzioni che agivano come banche, creò il rischio di ciò che costituì la fuga dalle banche, ma le banche ombra erano diffusamente non regolate e sprovviste della rete di sicurezza fornita alle banche convenzionali.Ora arriva la Cina, con un settore immobiliare ancora più gonfiato di quelli delle nazioni occidentali nella fase precedente al 2008. La Cina, inoltre, ha un settore bancario ombra vasto e in forte dissesto e alcuni problemi specifici, in particolare enormi debiti dei governi locali.La buona notizia è che la Cina non è come l’Argentina o la Grecia, nazioni debitrici di grandi somme a creditori esteri. Il debito in questione è, sostanzialmente, denaro che la Cina deve a sé stessa e, in linea di principio, il governo nazionale dovrebbe potere risolvere la crisi mediante una qualche combinazione di salvataggi dei debitori e riduzioni a carico dei creditori.Ma il governo della Cina è sufficientemente competente per gestire il genere di ristrutturazione finanziaria di cui la sua economia ha bisogno? I funzionari hanno determinazione o chiarezza intellettuale sufficiente per fare ciò che è necessario fare?Mi preoccupa in particolare il secondo punto. La Cina ha bisogno di sostituire l’investimento immobiliare insostenibile con un incremento della domanda dei consumatori. Tuttavia, alcune segnalazioni suggeriscono che i massimi funzionari restano diffidenti nei confronti dei consumi “superflui” e, inoltre, s’impennano di fronte all’idea di «conferire ai singoli il potere di prendere più decisioni su come spendono il loro denaro». E non è rassicurante che i funzionari cinesi stiano rispondendo alla crisi potenziale spingendo le banche a concedere più prestiti, praticamente continuando sulla strada che ha portato la Cina dove è ora.Quindi, è possibile che la Cina abbia una crisi. Se così è, come influirà su di noi?La risposta, per quanto ne so, è che l’esposizione dell’America a una crisi potenziale della Cina è sorprendentemente piccola.Quanto hanno investito in Cina gli Stati Uniti? Gli investimenti diretti, ossia gli investimenti che comportano un controllo, in Cina e a Hong Kong sono pari a circa 215 miliardi di dollari. Gli investimenti di portafoglio, essenzialmente azioni e obbligazioni, superano di poco i 300 miliardi di dollari. Quindi, stiamo parlando di circa 515 miliardi di dollari in totale.Potrebbe non sembrare una cifra piccola ma lo è per un’economia grande come la nostra. Ecco un confronto. Proprio ora, ci sono molte preoccupazioni riguardo al mercato immobiliare commerciale statunitense, in particolare per gli edifici destinati a uffici che probabilmente affrontano una riduzione permanente della domanda a causa dell’aumento del lavoro a distanza. Bene, gli edifici destinati a uffici degli Stati Uniti valgono attualmente 2,6 trilioni di dollari, o circa cinque volte i nostri investimenti totali in Cina.Perché un’economia così enorme ha attirato così pochi investimenti statunitensi? Fondamentalmente, direi, perché, data l’arbitrarietà della politica cinese, molti investitori potenziali temono che la nazione possa essere una specie di trappola, in cui puoi entrare ma dalla quale puoi non essere in grado di uscire.E la Cina come mercato? La Cina è un grosso protagonista del mercato mondiale, ma non compra molto dagli Stati Uniti, solo circa 150 miliardi di dollari nel 2022, meno dell’1% del nostro Pil. Quindi, una recessione cinese non influirebbe tanto direttamente sulla domanda di prodotti statunitensi. L’effetto sarebbe maggiore per i Paesi che vendono di più alla Cina, come la Germania e il Giappone e ci sarebbe un qualche effetto di rimbalzo sull’America tramite le vendite a questi Paesi, ma l’effetto complessivo sarebbe ancora piccolo.Una crisi economica cinese potrebbe perfino avere un piccolo effetto positivo sugli Stati Uniti, perché ridurrebbe la domanda di materie prime, in particolare del petrolio, e, di conseguenza, forse ridurrebbe l’inflazione.Nulla di quanto detto significa che dovremmo accogliere con favore la possibilità di una recessione cinese, né gongolare per i problemi di un’altra nazione. Anche su un piano puramente egoistico, dovremmo essere preoccupati per ciò che il regime cinese potrebbe fare per distrarre i propri cittadini dai problemi interni.In termini economici, tuttavia, pare che stiamo osservando una potenziale crisi interna alla Cina, non un evento globale in stile 2008. —Traduzione di Gabriella Broccoli© thenewyorktimes