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 2023  agosto 25 Venerdì calendario

Non sparate per l’arte


Agghiacciante coincidenza. Abbiamo appena commemorato i trent’anni dall’attentato di via dei Georgofili: il tritolo che uccide esseri umani e travolge le opere d’arte degli Uffizi. Ma adesso, pochi mesi dopo, ecco che ministero e Galleria degli Uffizi annunciano di ricorrere alla sorveglianza armata per prevenire atti vandalici come quello contro il Corridoio Vasariano. Come commentare se non attoniti questa giravolta paradossale per cui le armi adesso si tramutano in benevole custodi della bellezza?
Siamo nel pieno di una guerra che insanguina e distrugge a poche migliaia di chilometri dai nostri confini riproducendo lo sterminio di Guernica, eppure uno dei massimi musei al mondo annuncia di imbarcare fucili e proiettili a tutela del proprio patrimonio. E dire che proprio a Firenze, alla Galleria Palatina, mi risulta conservato quel dipinto ferocissimo che èLe conseguenze della guerra
di Rubens, in cui l’allegoria dell’Europa appare stravolta e lacera, disperata e in preda al terrore, mentre si tenta invano di trattenere il dio della guerra che sprizza furore e minaccia. Rubens dipinse l’opera perché segnato dall’esperienza della catastrofe militare, e quello che ci consegna è un grido di dolore sull’incapacità dell’arte di sopravvivere al ringhiare di Ares. Ebbene, curiosamente a pochi passi da queste figure a olio, vedremo presto schierati dei simil-soldati in divisa, pronti ad aprire il fuoco in nome dell’arte stessa. Ai miei occhi è agghiacciante, ripeto. E lo è tanto più se ripensiamo al bellissimo carteggio fra Albert Einstein e Sigmund Freud, quando lo scienziato chiede allo psicanalista il perché del millenario ricorso al verdetto delle armi. Freud gli risponde che in ogni essere umano (e quindi in ogni comunità) albergano Eros e Thanatos, e se il primo conduce alla pace, all’armonia e all’arte, il secondo non conosce linguaggio che non sia la guerra, la sopraffazione e quel conclamato opposto dell’arte che è la minaccia fisica, il ricorso alla forza bruta. Mi pare quindi sensazionale che d’un tratto noi ci affidiamo a Thanatos per difendere Eros, in un ribaltamento diprospettiva che avrebbe fatto rabbrividire il dottor Freud.
Dopodiché, certo, immagino i toni barricaderi di chi tuonerà contro le orde degli unni armati di bomboletta, paventando raid come quello che nel Batman di Tim Burton vede Joker imbrattare con le sue truppe le opere del museo di Gotham City, mentre scorrono le note diParty man di Prince. Per fortuna in agguato c’è l’uomo pipistrello che chiuderà il film trionfando sul male e spegnendo per sempre il satanico ghigno di Jack Nicholson: con la stessa logica dei sorveglianti armati, potremmo installare anche sul tetto degli Uffizi il famoso faro con la sagoma del pipistrello, in modo da convocare Batman al primo palesarsi di uno spregevole vandalo. Ci verrà detto che l’arte è un patrimonio (definizione che personalmente trovo terribile), e che la sua tutela implica anche la difesa nel suo significato più esplicito. Ma questo a quale rischio, ve lo siete chiesti? Anche prescindendo (e non sono affatto d’accordo nel farlo) dai princìpi suddetti, ammetteremo anche solo lo 0,001% di probabilità che un sorvegliante prema il grilletto contro chiunque solo perché gli sembra della squadraccia di Joker? Il museo potrà diventare un luogo in cui in linea teorica si rischia di essere freddati dalle stesse armi che Picasso condannava a oltranza. Siamo ben oltre il limite del paradosso, e addolora presagire che tutto ciò avverrà senza ingenerare il benché minimo scandalo, per lo stesso sbrigativo metodo con cui in nome delle maniere forti si accetta in Italia qualunque boiata. Sì, boiata. Dicesi così, testualmente, l’azione del boia che sgozzava teste a ripetizione, ma siccome lo faceva a tutela della collettività, i bambini lo applaudivano e gli carezzavano la mano lorda di sangue. Per la serie: va tutto bene se me lo presenti bene. L’inciviltà prende forma così, dalle boiate celebrate in piazza, e da lì all’apoteosi del giustiziere narrata da Balzac, il passo è più che breve. Lo stiamo provando sulla nostra stessa pelle.