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 2023  agosto 25 Venerdì calendario

Trump arrestato e schedato ma i repubblicano sono con lui

ATLANTA – Jack Benton dice di essere un camionista, venuto apposta dal Tennessee per protestare contro l’arresto di Donald Trump: «Non me ne frega niente di quante donne ha palpeggiato. Io voglio benzina e cibo a prezzi bassi, sicurezza, e un presidente capace di impedire a Cina e Russia di soggiogare l’America». In realtà le molestie alle donne non c’entrano con l’incriminazione decisa dalla procuratrice Fani Willis, che vorrebbe processare l’ex presidente a partire dal 23 ottobre per il complotto ordito allo scopo di rovesciare il risultato delle presidenziali in Georgia, vinte da Joe Biden nel 2020. A Jack però non interessa: «Tanto sono tutti criminali: Biden, Hillary, Obama. Trump magari avrebbe fatto meglio ad evitare la telefonata con cui chiedeva di trovare i voti per vincere. A me però non importa. Mi interessa invece quello che ha fatto da presidente e che promette di fare adesso, per salvare l’America dal collasso».
Fare un giro alla Fulton County Jail di Atlanta, malfamata prigione al numero 901 di Rice St NW, aiuta a capire quanto fosse alta la posta per il quarto arresto di Trump, avvenuto ieri alle 7.30 di sera con tanto di foto segnaletica e numero di schedatura P01135809 e rilascio in 20 minuti sotto cauzione da 200.000 dollari. Condichiarazione finale del tycoon: «È una giornata triste per l’America. Non abbiamo fatto nulla di sbagliato, abbiamo solo contestato una elezione come nel nostro diritto». Perché nelle strade percorse dal corteo e presidiate dai poliziotti, c’erano tutta la passione e l’odio di cui lui ha parlato nell’intervista di mercoledì con Tucker Carlson, aggiungendo di non sapere se l’America sia avviata verso un’altra guerra civile: «C’è una cattiva combinazione di sentimenti». L’arresto è stato preceduto dal dibattito a Milwaukee, dove gli “otto nani” repubblicani che sognano di sfilargli la nomination del Gop per le presidenziali del prossimo anno si sono inutilmente agitati per attirare l’attenzione della base. Il governatore della Florida Ron DeSantis, l’ex vice Mike Pence, gli ex governatori di New Jersey e Arkansas Chris Christie e Asa Hutchinson, l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, il senatore Tim Scott, il governatore del North Dakota Doug Burgum, e l’imprenditore Vivek Ramaswamy che li ha battuti tutti, hanno dimostrato di non avere le idee o il carisma per scalfire l’enorme vantaggio accumulato da Trump nei sondaggi, in parte grazie alle incriminazioni. Anzi, hanno litigato su economia, aborto, aiuti all’Ucraina, che almeno DeSantis e Ramaswamy vorrebbero interrompere, dimostrando quanto sarà difficile coalizzare l’opposizione su un solo candidato in grado di raccogliere tutti i voti dei repubblicani contrari a Donald, ammesso che ne esistano abbastanza per fermarlo. Anche perché se tutti temono di criticarlo e si allineano, perché mai gli elettori dovrebbero preferire le copie all’originale? Solo due, Christie e Hutchinson, hanno avuto il coraggio di dire che non appoggerebbero Trump come candidato del Gop se fosse condannato, perché qualunque cosa si pensi dei 91 capi d’ac cusa contestati all’ex presidente nelle quattro incriminazioni, il suo comportamento non è stato all’altezza della carica: voleva violare la Costituzione per i propri interessi politici. Ma se neppure i suoi presunti avversari hanno il coraggio di sollevare queste obiezioni, che motivo c’è per tenere le primarie? Donald teme l’incriminazione di Willis, che ha insultato prima di volare ad Atlanta definendola una «carogna», ed è stata messa sotto inchiesta dai suoi alleati alla Camera. Lo dimostra il fatto che proprio ieri ha cambiato avvocato, scegliendo l’accanito penalista Steve Sadow al posto del più mansueto Drew Findling. E subito si è opposto al processo accelerato del 23 ottobre, chiesto da uno degli altri 18 coimputati. Poco prima che si consegnasse era stato arrestato il suo capo di gabinetto Mark Meadows, che starebbe cooperando con i procuratori per evitare il carcere. L’incriminazione diNew York per i soldi alla pornostar Stormy Daniel è la più pruriginosa, quelle federali di Jack Smith per i documenti segreti trafugati a Mar a Lago e l’assalto al Congresso sono le più clamorose e penalmente rilevanti, ma Atlanta forse è la più insidiosa. Perché è provata dalla chiamata con cui chiedeva al segretario di Stato Brad Raffensperger di trovargli gli 11.780 voti per scavalcare Biden, e si basa sulle leggi statali. Perciò in caso di condanna non potrebbe auto perdonarsi, anche se tornasse alla Casa Bianca. Il vero test per la sopravvivenza della democrazia più antica del mondo moderno.