Corriere della Sera, 25 agosto 2023
Ma chi difende gli insegnanti dalle famiglie degli studenti?
Stavolta si annuncia da Tivoli il nuovo caso di bocciatura di un’alunna di prima media, con sei insufficienze, che su ricorso dei genitori il Tar ha dichiarato illegittima (per difetto di motivazione: nei nostri regolamenti scolastici perché si venga bocciati alla scuola dell’obbligo non bastano i voti: debbono ricorrere un numero di circostanze di sottile accertamento e di ancor più sottile interpretazione che al paragone la casistica gesuita della Controrifoma è una barzelletta) e che quindi presumibilmente diverrà una promozione.
Non m’intendo di legge, ma mi chiedo se il Ministro dell’Istruzione e del Merito (sic!) avendone la possibilità si sia fatto rappresentare in giudizio dall’Avvocatura dello Stato per sostenere la causa degli insegnanti. Anzi, poiché ricorsi al Tar del genere si moltiplicano da anni, mi sembrerebbe giusto che il Ministro di cui sopra avvertisse il Paese che d’ora in avanti si costituirà sempre in giudizio in tutti i gradi fino al Consiglio di Stato a difesa delle decisioni dei consigli di classe. Almeno i genitori denuncianti saranno avvertiti che il passo che vogliono intraprendere non sarà di sicuro una passeggiata e magari costerà anche qualcosina.
Il problema però è più generale, ed è quello delle leggi che hanno consentito una presenza sempre più intrusiva delle famiglie (del loro punto di vista, ma soprattutto del loro interesse a veder promossi i figli) in tutte le decisioni della scuola. Complice una ridicola «autonomia» concessa agli istituti scolastici, le famiglie sono divenute così una specie di permanente «comitato dei consumatori», i dirigenti scolastici – gli austeri, nobili presidi di un tempo – altrettanti patetici addetti al «customer care» e gli insegnanti sono i succubi quotidiani delle chat delle mamme e dei babbi. Mentre naturalmente, come ben si sa, la scuola italiana celebra ogni anno un successo dopo l’altro in tutti i test accreditati.