La Stampa, 24 agosto 2023
Intervista a Lorenzo Rossi, figlio di Vasco
«Al concerto di Bologna, Vasco ha visto mia figlia e si è sdraiato sul palco per avvicinarsi il più possibile a salutarla». Come in un cerchio che si chiude, Lorenzo Rossi, il figlio riconosciuto dal Komandante quando era un ragazzo di 14 anni, ha portato la sua bambina di sei anni e mezzo a veder suonare il nonno. Tutto si lega a una canzone, Gabry, forse la più struggente di Vasco, dedicata alla donna da cui il rocker di Zocca ebbe Lorenzo. «Da quando ho conosciuto mio padre lui è sempre rimasto in contatto con me, mi ha aiutato a completare gli studi e a darmi degli obiettivi». Trentasette anni, sposato, due figlie, Rossi junior lavora anche lui in campo musicale per i social media di VivaTicket, una delle realtà più grosse per la vendita di biglietti. Oggi può ben dire di far parte di una famiglia allargata che va dalla madre Maria Gabriella “Gabry” Sturani a Vasco, per poi estendersi alla moglie attuale del “Kom” Laura Schmidt e ai due fratellastri Luca e Davide.
Lei, come suo padre, ha lavorato a Punto Radio, l’emittente fondata da Vasco a Zocca negli Anni 70.
«Sì, ho fatto lo speaker per passione fra il 2015 e il 2016. La vecchia Punto Radio non esisteva più da molti anni, ma il marchio era stato rilevato e l’emittente era stata riaperta a Bologna. Facevo un programma di attualità e musica, Punto Rossi, puro intrattenimento dove mettevo i miei gusti musicali, dal punk al rock agli italiani, compreso mio padre».
Solo un caso che fosse proprio Punto Radio?
«È stato casuale come ci sono arrivato: andai a un concerto di Biagio Antonacci e conobbi il proprietario della radio. Pura casualità, ma forse anche un segno del destino. Sapevo che mio padre stava a Bologna, ma non avrei mai pensato di trasmettere dalla sua stessa città».
Lei ha sempre saputo di essere suo figlio?
«Sì, sono cresciuto sapendolo, mia mamma me l’ha detto fin da piccolo. A 14 anni vidi una sua canzone su Mtv e chiesi a mia madre se potessi conoscerlo. Mia madre, che era in contatto con lui, pochi giorni dopo organizzò l’incontro e ci vedemmo nell’ufficio di Vasco a Bologna».
E come fu l’incontro?
«Ricordo che entrò dicendo: “Buongiorno figliolo”. È vero che è un timido, ma quando ti guarda con quegli occhioni color ghiaccio diventi timido anche tu... Io poi vivevo in un paesino di 1.500 persone nel Ferrarese, Masi Torello. Lui era emozionato e lo ero anch’io».
Quello fu il primo passo, poi cosa accadde?
«Forse già dal giorno dopo si pose la questione del riconoscimento da parte sua, il che non era per niente ovvio, ecco perché è stata una bella cosa. Il tempo di fare l’esame del Dna e il riconoscimento è stato avviato».
Il riconoscimento non significa per forza che si crei un rapporto padre-figlio, fra voi come andò?
«Si è creato un rapporto forte, spontaneo, sincero. Vasco è riuscito a darmi tanto. Andavo poco e male a scuola, ero un ragazzo di 14 anni sbandato che era rimasto indietro di tre anni negli studi, ma lui mi ha dato sprone e un obiettivo col metodo del bastone e della carota. Si vedeva che ci teneva a me, mi stava dietro, tutto questo nonostante avesse una sua famiglia. Mi ha dato la possibilità di recuperare gli anni persi a scuola: mi sono diplomato e laureato, in Scienze della Comunicazione. A quell’età è fondamentale una figura che ti dica dove puoi arrivare e lui c’era, con le parole e con i gesti».
Ma cosa le diceva?
«Mi diceva: “Adesso tu devi recuperare il tempo perduto a scuola, intanto diplomiamoci, poi vedremo"».
Parlava di bastone e carota.
«Faccio un esempio, quando mi diplomai mi chiese cosa volevo come regalo e io gli risposi che mi serviva la lavastoviglie. Lui invece mi regalò una macchina nuova, un’Audi 3 che sostituì la Stilo usata che avevo e che mi aveva regalato sempre lui. Allo stesso tempo mi procurò una casa, ma l’affitto lo pagavo io. Mi ha insegnato anche a gestire i soldi».
Va a vederlo in concerto?
«Quando posso ci vado. Le sue canzoni mi hanno aiutato per ogni situazione. Ce n’è una che ti fa stare meglio se la fidanzata ti lascia, se hai problemi personali o con gli altri. È un pugno nello stomaco che ti aiuta. Inconsapevolmente è stato uno psicologo per me e per molti altri che l’hanno ascoltato».
Sentire Gabry, la canzone scritta per sua madre, che effetto le fa?
«Gabry la canto sorridendo, è una bella emozione anche per me, è dolce ma straziante, con quel grido del soprannome di mia madre, ma forse è più significativa proprio per lei, Gabry».
Sua madre come le parlava di Vasco?
«Me ne ha sempre parlato bene, anche prima del riconoscimento erano in contatto, mio padre le chiedeva di me, come stavo».
E a Gabry oggi Vasco che effetto fa?
«Mia madre è un’eterna Peter Pan, sarà sempre platonicamente innamorata di Vasco, ma non so veramente che effetto le fa. Ricordo che una volta si è commossa quando al ristorante misero su la sua canzone».
A lei quali canzoni piacciono di più?
«Sally per un periodo, poi Ti taglio la gola, Un gran bel film, Vivere. Una per ogni periodo della vita. C’è un buon rapporto anche coi fan di mio papà: mi stanno vicini da sempre, mi danno un sacco di affetto. Ora il mio sogno è scrivere questa storia, che è una bellissima storia, perché c’è un ragazzo solo e un uomo che ha deciso di essere un bravo papà, a differenza di altri. Se potesse aiutare anche una persona su mille a far sì che un padre voglia bene a suo figlio…». —