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 2023  agosto 24 Giovedì calendario

Simone Weil operaia e mistica disposta a morire per le sue idee

«L’attenzione è la forma più rara e più preziosa della generosità. A pochissimi spiriti è dato scoprire che le cose e gli esseri esistono», scriveva la filosofa e mistica francese Simone Weil in una delle sue ultime lettere. Era il 1942, un anno prima che morisse. E oggi, che ricorre l’ottantesimo anniversario della sua scomparsa, mi piace ricordarla così, con questa frase che riassume molto bene la profondità e la finezza del suo pensiero.
Morta a soli 34 anni, Simone Weil fu un’intellettuale atipica. Che ci ha lasciato decine di migliaia di lettere, riflessioni e pensieri e che, senza mai pubblicare alcun saggio accademico, è stata in grado di affrontare in maniera originale i temi del lavoro, della condizione operaia, dello sradicamento e del vuoto. Lottò per tutta la vita contro il peso del corpo – soffrendo di anoressia e morendo in seguito alle privazioni che si era autoimposta. Ma ogni suo scritto riesce a toccare l’anima solida delle cose, sviscerandone l’essenza e mettendone in luce le molteplici e contraddittorie sfaccettature.
Simone Weil gli eventi li attraversava. Per parlare della condizione operaia andò a lavorare in fabbrica: «Di fronte alle macchine esiste poca solidarietà, tutti si chiudono in se stessi, prigionieri della velocità imposta»; per difendere la libertà, pur essendo una convinta pacifista, andò in Spagna a combattere contro il fascismo di Franco: «Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell’altro»; per capire fino in fondo la fragilità della condizione umana, si affamò: «Amare la verità significa sopportare il vuoto; e quindi accettare la morte. La verità sta dalla parte della morte». Il suo è sempre stato un pensiero incarnato, vissuto, tormentato. E mentre alcuni suoi contemporanei si dilettavano utilizzando un linguaggio forbito e incomprensibile, illudendosi che la complessità fosse sinonimo di profondità, lei rimase semplice e vera, abitando fino in fondo ogni singola parola pronunciata o scritta.
Autentica fino all’osso e sempre controcorrente, Simone Weil è stata un’intellettuale radicale. Che odiava i compromessi e non sopportava le sbavature, al punto da essere sarcasticamente soprannominata un «imperativo categorico in gonnella». Sebbene nessuna filosofa sia stata più distante di lei dall’astratto rigorismo kantiano. E ogni suo pensiero e scritto siano il frutto dell’esperienza vissuta accanto agli oppressi e ai diseredati, ai più piccoli e ai reietti.
Morì di stenti, ma ci ha insegnato a difendere la nostra libertà e le nostre idee. Si tolse il pane di bocca, ma ci ha trasmesso il vero senso della giustizia spingendoci a non smettere mai, nemmeno in punto di morte, di lottare per costruire un mondo dove chiunque possa essere libero di essere se stesso: «La capacità di prestare attenzione a uno sventurato è cosa rarissima, difficilissima; è quasi un miracolo, è un miracolo. Quasi tutti coloro che credono di avere questa capacità, non l’hanno. Il calore, lo slancio del sentimento, la pietà non bastano».