il Giornale, 24 agosto 2023
Biografia di Edda Mussolini
Nel 1952 apparve un piccolo libro intitolato Edda contro Benito scritto da Emilio Settimelli, polemista assai noto durante il ventennio, già futurista e redattore del quotidiano L’impero, i cui rapporti con Ciano e Mussolini erano però diventati pessimi. Il pamphlet, basato sulla pubblicazione di un memoriale difensivo della figlia del Duce, voleva essere una specie di vendetta nei confronti di Edda e del marito, bollato come «spia d’ogni giorno» e autore di diari «immondi». Non ebbe grande fortuna – oggi è quasi introvabile – perché, al termine di un processo intentato da Edda, ne furono sequestrare e distrutte le copie residue.
All’epoca di tale vicenda, Edda, poco più che quarantenne (era nata nel 1910), vedova con tre figli a carico, provata dagli eventi, viveva all’ombra del ricordo, drammatico, del padre e del marito. Non poteva tollerare certe sfide, tanto più che si stava adoperando per recuperare gli affetti familiari: il che spiega la sua reazione e il ricorso alle vie legali. Edda, del resto, stava iniziando una seconda vita, intensa come la prima, con sprazzi di mondanità e di impegno pubblico. Lo dimostrano taluni scritti autobiografici e certi pettegolezzi giornalistici sulla sua presunta vita amorosa, ma anche la sua esperienza come direttrice di un rotocalco settimanale, Insieme, dove apparvero a puntate i suoi ricordi.
A lei, alla sua figura e alla sua personalità, Maurizio Sessa ha dedicato un ponderoso e bel volume dal titolo Sangue di famiglia. Edda Ciano Mussolini. Amore, odio, perdono (Edizioni Medicea, pagg. 654, euro 28), frutto di approfondite ricerche bibliografiche e archivistiche. Si tratta di un lavoro importante non solo perché è la più ampia e articolata biografia oggi disponibile di Edda, ma anche perché suggerisce spunti interpretativi ed elementi di riflessione su questioni che fanno ancora discutere gli storici.
Che lei, primogenita di Mussolini, ne sia stata la prediletta è un fatto noto che trova conferma in questa biografia e che merita, comunque, di essere ricordato alla luce di quegli avvenimenti – segnatamente il processo di Verona – che la portarono in rotta di collisione col padre che non volle o non poté salvarle il marito. Come pure merita di essere rammentato, per incidens, il rapporto con Nenni, lo «zio Pietro» che, nel parlatorio del carcere a Forlì dov’era rinchiuso insieme a Mussolini, se la trastullava sulle ginocchia. A proposito di tale rapporto, Renzo De Felice mi raccontò che, intervistando il leader socialista, vide gli occhi di Nenni inumidirsi e il suo sguardo intenerirsi al ricordo della piccola Edda.
Volitiva e anticonformista, Edda, moglie di Galeazzo Ciano accreditato dalla voce popolare come possibile «delfino», divenne protagonista della vita pubblica e mondana. In certi ambienti diplomatici, era indicata come «eminenza grigia» del regime, pur se le cose stavano diversamente. Mussolini parlava poco con lei di politica. Una sola volta le affidò un incarico. Si era alla vigilia della guerra d’Etiopia ed egli, puntando sulla mondanità della figlia, le chiese di aiutarlo a capire se l’Inghilterra sarebbe intervenuta con le armi nel caso in cui l’Italia si fosse decisa per la guerra. Le disse: «Vai a Londra e fa sapere a tutti che noi, costi quel che costi, andremo in Abissinia». Edda vi si recò, incontrò giornalisti, intellettuali come Noel Coward e lo stesso premier MacDonald. Alla domanda su cosa avrebbe fatto la Gran Bretagna di fronte a una iniziativa militare italiana, questi, sorseggiando una tazza di tè sulla terrazza affacciata sul Tamigi, rispose: «Non staremo a guardare, qualche cosa faremo, ci saranno sanzioni, ma la guerra no».
Edda svolse, in questo caso, una «missione» politica di competenza dell’ambasciatore, all’epoca Dino Grandi, tenuto però all’oscuro. Ma si trattò di un episodio isolato perché il padre che, pure, nutriva per lei affetto e attaccamento morbosi, la considerava pur sempre una donna che, in quanto tale, non avrebbe dovuto occuparsi di politica. Fascista convinta, Edda nutriva ammirazione per la Germania hitleriana ed è probabile che il Führer e i suoi collaboratori fossero certi di poter influire su Mussolini per il suo tramite.
In realtà lei non ebbe mai alcun peso nelle decisioni del padre. L’alleanza con la Germania, per esempio, fu una precisa scelta di Mussolini che la perseguì malgrado il sottile boicottaggio alla stipula del patto da parte del genero, Galeazzo Ciano, appunto, il quale non aveva mai nutrito simpatie né per Hitler né per la Germania né per la cultura tedesca. E i suoi sentimenti, testimoniati dai diari, erano ben noti al suo entourage. Quando, per esempio, giunse la notizia che Hitler era salito al potere, Galeazzo, che si trovava a Shanghai, ebbe un moto di sconforto e di stizza a differenza della moglie che non nascose il proprio entusiasmo.
I rapporti di Edda con Galeazzo, pur con alti e bassi, furono, in fondo, quelli di una coppia solida. Lo dimostra in primo luogo il fatto che lei abbia sempre sostenuto che la carriera del marito non fosse dovuta alla circostanza di essere, lui, il genero del Duce. Ma lo dimostrano anche, in maniera eloquente, sia il suo generoso, ostinato e pericoloso tentativo di trattare la salvezza di Galeazzo in cambio dei diari del marito – un tentativo che ha il sapore di un vero e proprio romanzo d’avventura – sia lo scontro verbale con il padre adorato alla vigilia della fucilazione di Galeazzo: uno scontro conclusosi con una rottura profonda e dolorosa che soltanto molto tempo dopo, a tragedia consumata, sarebbe stata idealmente sanata con un postumo «perdono» in nome di una salvaguardia e ricomposizione degli affetti e della solidarietà familiare.
La vita di Edda, ricostruita con passione e rigore da Maurizio Sessa in un volume esemplare, è davvero unica, romanzesca oltre ogni dire. La sua è la storia di una donna «figlia della miseria», come ebbe a dire il padre, divenuta First Lady e coinvolta nelle tragedie del tempo. Qualcuno ne ha voluto fare un prototipo del femminismo in un’epoca, quella fascista, di machismo dichiarato, ma si tratta di una forzatura. Edda, certo, non corrispondeva allo stereotipo della donna costruito dal fascismo: angelo del focolare votato alla famiglia e alla «economia domestica» non a caso divenuta materia di insegnamento. Lei, fascista convinta, fu una donna libera, elegante, sportiva, amante del gioco e della vita di società: una donna, ancora, che si concedeva avventure sentimentali troncate, con battute liquidatorie del tipo: «Adesso, vai a fare l’eroe in guerra». Ma da qui a farne una proto-femminista ce ne corre. Fu solo una donna che ebbe una vita, come racconta questa biografia, straordinaria.