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 2023  agosto 23 Mercoledì calendario

Pianosa, il «resort» segreto dove le toghe vanno in ferie a sette euro al giorno. Inchiesta

La fila di chaise-longue candide, distese sulla Darsena di Augusto, è girata verso il punto dove sorge il sole. In notti come queste, senza luna, guardare da qui, distesi nel nulla, la volta del firmamento può fare perdere. È uno spettacolo per pochi. Perché questa è Pianosa, dieci chilometri quadrati di terra in mezzo al Tirreno. Riserva integrale, ex carcere, di notte popolata solo di falchi, secondini, carabinieri, detenuti semiliberi. E di magistrati.
Benvenuti al Pianosa resort, club esclusivo per magistrati in possesso di alcuni requisiti. Primo: amare la vita semplice, in alloggi spartani, a contatto diretto con la natura. Secondo: essere considerati obiettivo a rischio, o almeno fare credere di esserlo. Terzo: non provare imbarazzo nel farsi le vacanze praticamente gratis in una struttura dove i comuni mortali non sono ammessi, col rischio di sottrarre spazi a gente meno abbiente, come il personale delle carceri. Per quanto bizzarro possa apparire, ad accumulare questi requisiti è un congruo numero di giudici e pubblici ministeri. Risultato: ogni anno, quando si apre il bando per l’assegnazione, il numero dei pretendenti supera ampiamente i pochi posti disponibili. E tra gli esclusi ogni volta partono il mugugno e le dicerie.
Questa storia del resort di Pianosa ronzava da tempo nell’aria, troppo bella per essere vera. Per venirne a capo è stato necessario fare un sacco di telefonate e di saltafossi con la sensazione precisa che nessuno avesse troppa voglia di parlarne. Perché è pur vero che non vi è nulla di illegale, e che tutta la materia è regolata da un decreto (per l’esattezza il 314/2006). Ma oltre il decreto inizia la zona grigia del non detto, del favore, dell’assurdo. Scavando, si apprendono cose interessanti. La principale: quest’isola del privilegio è anche, per curiosa coincidenza, un’isola del crimine. Un microcosmo staccato dal mondo dove per anni ne sono accadute di tutti i colori, delitti grandi e piccoli, affari e amori.
A lungo hanno convissuto sull’isola i magistrati vip che facevano snorkeling e i detenuti che pescavano di frodo girando le spiagge con i mezzi della Polizia penitenziaria. Corruzioni e ruberie hanno prosperato nel microcosmo perso nel mare. Adesso il traffico di donne, uomini e fiocine che movimentava la vita parallela di Pianosa è stato messo sotto inchiesta, e anche di questo nessuno  parla. I magistrati intanto continuano a venire: liste d’attesa, amicizie, e quell’aura di fare parte dei giri giusti. Esiste davvero, il Pianosa resort?
I tasselli del puzzle vanno a posto un po’ alla volta. All’inizio, alle prime richieste di informazioni, tutti negano. Poi qualcuno ammette un pezzo, qualcuno un altro. Si scopre che a tirare le fila di tutto è il Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, la direzione delle carceri. Anche dopo la chiusura del supercarcere, è il Dap a regnare su Pianosa, distaccamento del carcere di Porto Azzurro, all’Elba. Ad assegnare i soggiorni a Pianosa è l’Eap, l’Ente assistenziale della polizia penitenziaria. Su tutto pare regni Quirino Catalano, mitico capo divisione del Dap, oggi in pensione, ma rimasto in servizio come consulente. «Dovete parlare con il dottor Catalano», dicono all’Eap. Ma chi ha diritto ad andare a Pianosa? «I dipendenti del Dap e alcuni altri». Chi? Anche i magistrati? «Sì, se ci sono motivi di sicurezza». Cioè? «Devono avere almeno la tutela».
Orbene: la tutela è il livello minimo di scorta, un solo agente, roba che in magistratura non si nega quasi a nessuno. Poi, per via di fatto, a Pianosa va anche chi non ha nemmeno la tutela. Basta aver fatto parte anni fa di un pool antimafia, avere celebrato un processo a rischio come giudice a latere. E le porte si schiudono, verso la vacanza sotto le stelle della Darsena di Augusto. Giusto, sbagliato, chissà, certo nella giustizia italiana succede di peggio. Restano un paio di curiosità. Dove stanno queste casette per magistrati vip? E soprattutto, quanto costano?
Alle domande ufficiali si ottengono risposte vaghe, che rimandano a tabelle popolate di algoritmi. Per capirci davvero qualcosa bisogna venire a Pianosa. Imbarcarsi sull’unica nave che ogni giorno arriva dall’Elba: approdo alle 11, partenza alle 17, il tempo di un bagno o di un giro in kayak. Invece di fare il bagno bisogna addentrarsi nella macchia mediterranea alle spalle del piccolo porto. Arrivare alla punta orientale, al forte napoleonico, girare ancora tra i fichi e il mirto. Prima si incontrano dei brutti villini in cemento: «Beirut», li chiamano qui, destinati ai secondini qualunque. Ma i magistrati dove stanno? «Lì avanti, alla foresteria». Eccole, arrampicate sulle pendici del forte. Case un po’ gialle e un po’ scrostate, affacciate sull’azzurro infinito del Tirreno. Quanto pagano? «Eh, poco». Quanto poco? «Eh, sette euro, forse dieci». Un’altra fonte, implacabile, conferma: «Sette euro al giorno». Quattro letti, bagno, cucina. Se po’ ffà, soprattutto con settemila euro al mese di stipendio.
Maschere, costumi, magliette stese al sole. La terrazza racconta di un’amabile quotidianità da famigliola qualunque. Ci sono dettagli che proprio qualunque non sono: non arrivano a Pianosa con i boat people del traghetto da Marina di Campo ma con la pattuglia navale della Penitenziaria; restano a Pianosa quando la plebe se ne va; la sera cenano alla luce delle stelle da «Brunello», il ristorante dove lavorano i semiliberi spostati qua da Porto Azzurro (e chissà se un ergastolano ha mai servito il giudice che lo ha fatto condannare...). E in fondo forse c’è una logica, una morale: nell’isola carica di passato remoto e passato prossimo, l’isola di Agrippa Postumo e di Pertini, delle catacombe cristiane e di Nitto Santapaola, fioriscono da sempre leggende terribili. Beh, questa almeno fa ridere.

Sesso, favori e frodo nel paradiso verde dove non è reato commettere peccati
da Pianosa (Livorno)

Sesso, tanto sesso. Un bel po’ di affari. E cernie ammazzate a tradimento. Sì, perché Pianosa è una riserva naturale integrale, un paradiso tutelato dallo Stato, e non vi si può uccidere neanche una zanzara. Le cernie lo sanno, e si accostano fiduciose ai rari subacquei. Fin quando non incontrano un agente di custodia o un detenuto, armato di fucile, in violazione di ogni legge. Due ore dopo, la cernia è in padella.

La pesca abusiva è però il meno incredibile dei reati che la procura di Livorno ha accumulato nel fascicolo 1456/22 partendo dalle denunce di alcuni detenuti. Trentasette indagati: ci sono detenuti, agenti, il direttore del carcere Francesco D’Anselmo, il comandante dei carabinieri di Capoliveri, all’Elba, Antonio Pinna, sospettato di avere spifferato a D’Anselmo una inchiesta segreta: e intanto chiedeva favori. I pm livornesi hanno chiesto l’archiviazione di tutto, e ora deve decidere il giudice preliminare. Ma anche spogliati della rilevanza penale, i fatti emersi appaiono francamente sorprendenti. Come quando il provveditore regionale alle carceri, Carmelo Cantone, chiede conto al direttore di quanto gli hanno raccontato: «un ingresso di donne a Pianosa con detenuti che fanno la fila, rapporti amorosi di un agente di polizia penitenziaria con un detenuto di Pianosa il quale (il detenuto) avrebbe la libertà di guidare autovetture sull’isola e di comandare gli altri detenuti». Il detenuto-fidanzato «pescherebbe di frodo spartendosi il pescato con alcuni agenti». Il direttore Anselmo risponde al provveditore che il giro di ragazze durante l’inverno non accade ma «durante l’estate so per certo che ci sono delle donne che vengono qui proprio per fare turismo sessuale con i detenuti... vengono proprio delle ragazze perché vogliono avere l’esperienza mozzafiato. Questo te lo posso assicurare perché mi è stato segnalato!». E in effetti il 20 agosto 2020 il detenuto D.V., uno della ventina di carcerati di Porto Azzurro ammessi per buona condotta a lavorare a Pianosa, era stato sorpreso «a consumare un rapporto sessuale con una turista». La comandante dei secondini quando le chiedono conto perché non abbia denunciato l’episodio replica «Eh ma tanto lo sapete che è un luna park qui a Pianosa!».

A Pianosa, accerta l’indagine dei carabinieri di Livorno, vengono invitati vip di ogni genere, fuori da ogni regola, viaggiando sui mezzi navali della Polizia penitenziaria. Non si parla dei magistrati ospiti della «foresteria», che almeno fanno regolare domanda. L’11 luglio 2020 i carabinieri fotografano la motovedetta della Penitenziaria approdare a Pianosa, attaccato c’è un tender di proprietà della famiglia Bulgari, insieme ad una erede della dinastia dei gioiellieri sbarcano Guido Ciompi e Luigi Lantieri. I due sono una coppia in vista nella Capitale, Ciompi architetto, Lantieri esperto di finanza, protagonisti di eventi sgargianti del mondo gay. Quando il comandante della motovedetta Z6 viene interrogato, spiega di essere stato catechizzato da D’Anselmo per dare una spiegazione degli inviti eccellenti, e così salta fuori l’elenco completo: oltre a «la madre di Bulgari» e alla coppia Ciompi-Lantieri c’erano a bordo «il presidente del tribunale di sorveglianza con la moglie, tale dott.Iuvezo, il professore Massetti, Massimo Boldi, Vittorio Sgarbi, il provveditore Fullone, l’ingegner De Ferrari». Cosa ci faceva Boldi? «Era lì per rallegrare i detenuti», è la risposta. Caso isolato? Pare di no: «E tutte le vedette che ho fatto con chi a bordo, io ne ho di storie lunghe chilometri» dice un agente intercettato. Nelle carte compaiono tra gli altri i nomi dell’attore Lino Banfi, del presentatore Pippo Baudo, del giornalista Giammaria Duilio, del manager pubblico Andrea Ripa di Meana, del cantante Luca Carboni e del calciatore Gianluca Di Chiara

Secondo i carabinieri, il capofila degli illeciti è l’assistente della Penitenziaria S.C., quello fidanzato con il detenuto, le cui imprese sono «sistematicamente coperte dal direttore di Porto Azzurro Francesco Anselmo e dalla commissaria Giulia Perrini».LF

di LF

Sesso, favori e frodo nel paradiso verde dove non è reato commettere peccati
da Pianosa (Livorno)

Sesso, tanto sesso. Un bel po’ di affari. E cernie ammazzate a tradimento. Sì, perché Pianosa è una riserva naturale integrale, un paradiso tutelato dallo Stato, e non vi si può uccidere neanche una zanzara. Le cernie lo sanno, e si accostano fiduciose ai rari subacquei. Fin quando non incontrano un agente di custodia o un detenuto, armato di fucile, in violazione di ogni legge. Due ore dopo, la cernia è in padella.

La pesca abusiva è però il meno incredibile dei reati che la procura di Livorno ha accumulato nel fascicolo 1456/22 partendo dalle denunce di alcuni detenuti. Trentasette indagati: ci sono detenuti, agenti, il direttore del carcere Francesco D’Anselmo, il comandante dei carabinieri di Capoliveri, all’Elba, Antonio Pinna, sospettato di avere spifferato a D’Anselmo una inchiesta segreta: e intanto chiedeva favori. I pm livornesi hanno chiesto l’archiviazione di tutto, e ora deve decidere il giudice preliminare. Ma anche spogliati della rilevanza penale, i fatti emersi appaiono francamente sorprendenti. Come quando il provveditore regionale alle carceri, Carmelo Cantone, chiede conto al direttore di quanto gli hanno raccontato: «un ingresso di donne a Pianosa con detenuti che fanno la fila, rapporti amorosi di un agente di polizia penitenziaria con un detenuto di Pianosa il quale (il detenuto) avrebbe la libertà di guidare autovetture sull’isola e di comandare gli altri detenuti». Il detenuto-fidanzato «pescherebbe di frodo spartendosi il pescato con alcuni agenti». Il direttore Anselmo risponde al provveditore che il giro di ragazze durante l’inverno non accade ma «durante l’estate so per certo che ci sono delle donne che vengono qui proprio per fare turismo sessuale con i detenuti... vengono proprio delle ragazze perché vogliono avere l’esperienza mozzafiato. Questo te lo posso assicurare perché mi è stato segnalato!». E in effetti il 20 agosto 2020 il detenuto D.V., uno della ventina di carcerati di Porto Azzurro ammessi per buona condotta a lavorare a Pianosa, era stato sorpreso «a consumare un rapporto sessuale con una turista». La comandante dei secondini quando le chiedono conto perché non abbia denunciato l’episodio replica «Eh ma tanto lo sapete che è un luna park qui a Pianosa!».

A Pianosa, accerta l’indagine dei carabinieri di Livorno, vengono invitati vip di ogni genere, fuori da ogni regola, viaggiando sui mezzi navali della Polizia penitenziaria. Non si parla dei magistrati ospiti della «foresteria», che almeno fanno regolare domanda. L’11 luglio 2020 i carabinieri fotografano la motovedetta della Penitenziaria approdare a Pianosa, attaccato c’è un tender di proprietà della famiglia Bulgari, insieme ad una erede della dinastia dei gioiellieri sbarcano Guido Ciompi e Luigi Lantieri. I due sono una coppia in vista nella Capitale, Ciompi architetto, Lantieri esperto di finanza, protagonisti di eventi sgargianti del mondo gay. Quando il comandante della motovedetta Z6 viene interrogato, spiega di essere stato catechizzato da D’Anselmo per dare una spiegazione degli inviti eccellenti, e così salta fuori l’elenco completo: oltre a «la madre di Bulgari» e alla coppia Ciompi-Lantieri c’erano a bordo «il presidente del tribunale di sorveglianza con la moglie, tale dott.Iuvezo, il professore Massetti, Massimo Boldi, Vittorio Sgarbi, il provveditore Fullone, l’ingegner De Ferrari». Cosa ci faceva Boldi? «Era lì per rallegrare i detenuti», è la risposta. Caso isolato? Pare di no: «E tutte le vedette che ho fatto con chi a bordo, io ne ho di storie lunghe chilometri» dice un agente intercettato. Nelle carte compaiono tra gli altri i nomi dell’attore Lino Banfi, del presentatore Pippo Baudo, del giornalista Giammaria Duilio, del manager pubblico Andrea Ripa di Meana, del cantante Luca Carboni e del calciatore Gianluca Di Chiara

Secondo i carabinieri, il capofila degli illeciti è l’assistente della Penitenziaria S.C., quello fidanzato con il detenuto, le cui imprese sono «sistematicamente coperte dal direttore di Porto Azzurro Francesco Anselmo e dalla commissaria Giulia Perrini».LF

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