il Fatto Quotidiano, 23 agosto 2023
Ricchezza delle famiglie giù di 600 miliardi
Frenano i consumi, “da Pnrr poca speranza”
Quest ’anno i consumi delle famiglie dovrebbero superare i livelli pre-Covid, ma non c’è troppo da festeggiare. Nell’ultima nota di aggiornamento l’Uf -
ficio studi di Confcommercio lancia un allarme: lo stock
di risparmi degli italiani sta calando, eroso dall’inflazio -
ne e dal decumulo per sostenere le spese. Ciò “ha avuto
(...) e avrà ancora di più in futuro effetti di compressione
dei consumi”.
Secondo le stime di Banca d’Italia, la ricchezza finanziaria delle famiglie (al netto dei debiti) è calata di circa
300 miliardi di euro fra 2021 e 2022. Ma bisogna considerare anche l’inflazione: “aggiungendo a tale perdita
la riduzione di potere d’acquisto (...) le consistenze si sono ridotte di oltre 600 miliardi in termini reali”, scrive
Confcommercio. Tradotto: rispetto al 2021 le famiglie
sono mediamente più povere di circa 17mila euro (in valore reale). Una variazione non da poco, che per Confcommercio rischia di frenare ulteriormente i consumi,
già deboli a causa di un’economia poco dinamica.
Certo, l’Ufficio studi sottolinea che nel primo trimestre 2023 i mercati finanziari sono andati meglio e ciò
avrebbe attutito di un quarto le perdite delle famiglie.
Ma questi recuperi “sono dovuti alla componente azionaria, più concentrata delle altre attività presso famiglie
ad alto reddito”. E le famiglie più ricche, spiega Confcommercio, hanno una minore propensione al consumo. Perciò il migliore andamento delle Borse non favorirà più di tanto le spese delle famiglie.
Anche se quest’anno i consumi delle famiglie italiane
(in termini reali) dovrebbero recuperare il crollo della
pandemia, L’Ufficio studi stima che nel 2024 cresceranno solo dell’1,3%. Dunque, neppure l’anno prossimo ritorneranno al livello antecedente la grande recessione:
nel 2024 le famiglie spenderanno ancora 300 euro a testa in meno rispetto al 2007. Secondo Confcommercio,
la debolezza dei consumi delle famiglie italiane “è il principale e incontrovertibile indizio di una patologia da
scarsa crescita strutturale”. Un andamento deludente
che è sia causa sia effetto della stagnazione italiana degli
ultimi trent’anni, dato che in un’economia moderna i
consumi trainano la crescita (in Italia valgono in media
il 60% del Pil). E “la speranza di invertire la tendenza con
le riforme e gli investimenti del Pnrr è flebile”.