la Repubblica, 23 agosto 2023
I migranti passano da Cipro
Cipro è una terra tagliata da 50 anni dalla “Linea verde”, la “buffer zone” garantita dall’Onu, turchi di qua, autoproclamati “Cipro Nord”, e greco-ciprioti, Ue. Non se ne parla, ma è una nuova rotta dei richiedenti asilo. «Vengono a chiedere libertà, pane, aiuto, fratellanza, gioia, ma trovano davanti un odio che si chiama filo spinato», ha sintetizzato papa Francesco nella sua visita del dicembre 2021.
Non è necessario aggredire, basta quel filo spinato che dice: siete arrivati in Europa, ma per voi è come una prigione. La colpa? È che esistono, e che sono arrivati. Qui si arriva in aereo, 4-6 mila euro, da Asia e Africa, fino a Cipro Nord. Poi, in un portabagagli con targa turca per un’ora, fino all’Europa.
«Ce li scaricano di qua, contro noi greci», dicono i ciprioti. I siriani attraversano il varco nord, sopra Lattakia, l’antica Laodicea, e da Idlib, dove ci sono ancora i jihadisti. E poi iraniani, afghani, curdi, Corno d’Africa e Africa francofona, Congo, Guinea, Camerun, o Nigeria. È l’internazionale disunita dei profughi in un paese dove l’Onu stima già 145.000 sfollati interni greco-ciprioti e turco-ciprioti, su 1,2 milioni di abitanti. Ottomila domande di asilo il 5% dei residenti, quando in Italia sono meno dello 0,3%. A Chloraka, 1.700 rifugiati e 7.000 abitanti. E 19 mila gli ucraini, che valgono come un milione in Italia.
Vite separate tra residenti e “loro”. I locali trendy sono dall’altra parte. I profughi di Cipro sembrano interessare poco, poche sono anche le Ong, come se “umanizzare” fosse inutile. Che “la barca sia piena” lo pensano in tanti – come dicevano degli ebrei in Svizzera durante la Shoah. I minori non accompagnati a Limassol, Larnaka, Nicosia e nel campo di Pournara sono più di mille. Qui la realtà è a tinte forti: umano/disumano, solidarietà/indifferenza, vedere/fare finta di niente. Nel campo e negli shelter di Limassol e vicino a Larnaka è in corso l’Estate della Solidarietà di Sant’Egidio: duecento europei, italiani pugliesi, romani, napoletani, padovani, trentini, siciliani, francesi, tedeschi, spagnoli, polacchi e ungheresi, con qualche “nuovo europeo” che parla arabo, farsi e curdo. Giovani e non più giovanissimi, medici, infermieri, impiegati, ex deputati, insegnanti, imprenditori senza voglia di pubblicità. Il risultato è cibo di qualità, scuola di italiano e di inglese, “scuole della pace” per i bambini, un campo giochi: un pezzo di vita normale in mezzo all’inferno che lì a Pournara si chiama semplicemente “nulla”.
Umanizzazione, amicizia, vita.
C’è un campo nel campo, è “la città delle tre tende”, con la Piazza dell’Amicizia, che è diviso dal resto da un cancello e da guardie. Ogni giorno metà del campo entra nel “resort” delle Tre Tende, trova chi sorride e ti chiama per nome al “children club” con le piscine gonfiabili per i bambini, al Ristorante dell’Amicizia, dove si è serviti a tavola. Poi c’è la Scuola della Pace, e quella della Scuola di inglese, verde, che è il passaporto per il futuro. “Di là” tende e container dove l’aria è irrespirabile, e l’odore è forte perché all’ombra fa 40 gradi e più, e la razione di acqua è scarsa.
Di nuovi ne arrivano 5-10, al giorno, dipende. A volte 30. C’è la lavagna dei “Ritorni volontari”. Ci sono biglietti aerei (con accordi bilaterali) per Pakistan, India, Bangladesh, Nigeria (Lagos e Abuja) e Iran. L’incentivo scritto sulla lavagna è “2.600 euro, 1.000 in cash e 1.600 in kind”. C’è disegnato un coniglietto che abbraccia una grande carota e la circonda di cuoricini. La carota si chiama “Frontex”. La firma è di Stephanie.
Chi arriva lì è identificato, entra nel percorso legale della richiesta di asilo. Solo che l’ intervista non arriva mai. Si scoraggia così. In molte lingue c’è un foglio che dice che «le domande per l’asilo presentate dopo il 1° gennaio 2023 non verranno considerate ai fini del ricollocamento». In Europa ma non in Europa. Niente. Non si può raccontare tutto. 500 pasti buoni al giorno, l’acqua fresca di frigorifero, i canti, la normalità, le amicizie che nascono, come in un villaggio vacanze, ma meglio. E quella merce rara che è l’ascolto con rispetto. Si capisce e ci si sente capiti. Non è tutto schiacciato dentro quell’unica parola, profugo, uguale per tutti.
“Trasfigurazione”. Le persone sono le stesse, la durezza della vita è la stessa, ma si conta per qualcuno, e esplodono giovinezza, speranza, futuro.
Le donne somale con hijab colorati, si vestono bene per la scuola di inglese, per qualcuna è la prima scuola della vita, come per le afghane. C’è chi già parla in inglese e chi riempie i quaderni di A, B, C. «Teacher, guarda». «L’ho scritto bene?». Il metodo didattico deve molto al maestro Manzi, a Charlie Chaplin e Buster Keaton, ma alla fine funziona. Quando la sera la scuola finisce, non hanno fretta di andare a mangiare. Più di metà campo studia mangia e ritrova sé stesso ogni giorno in questa Città- Resort dell’Amicizia. L’acqua non è razionata. I volontari si pagano da soli il viaggio e il soggiorno, utilizzano le proprie ferie. Più si suda e più si ride. È la “meglio gioventù”, ma anche i “meglio giovani pensionati” europei. Qui si vede che non è impossibile un’Europa meno divisa e meno ripiegata su di sé. È una visione: i profughi possono essere una “grande occasione”, la nostra. Se non lo sarà, dipende da noi. Non da loro.