Corriere della Sera, 23 agosto 2023
Intervista a Gabriele Gravina
La verità di Gabriele Gravina, il presidente della Federazione calcio dopo il terremoto che ha portato al cambio sulla panchina azzurra. «Mancini non può dire certe cose – spiega – sua moglie avvocata e io sappiamo bene qual è la verità». E sul nuovo ct Luciano Spalletti: «È l’uomo giusto». E definisce «invadente» il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis.
«Le vacanze? Forse a Natale…». Gabriele Gravina comincia con una battuta l’intervista al Corriere, dura e appassionata dopo lunghi giorni di silenzio e riflessioni.
Presidente perché ha scelto Spalletti?
«Perché ha vinto lo scudetto facendo emozionare Napoli e tutti quelli che amano il calcio, è una guida forte e sicura, ha esperienza e un gioco brillante. Ma soprattutto perché, già alla prima telefonata, ha mostrato un entusiasmo contagioso».
Quando vi siete conosciuti?
«Nella notte dei tempi, lui da allenatore dell’Empoli ha affrontato per due volte il mio Castel di Sangro. Luciano mi piace sin da allora. È un tecnico all’avanguardia, che lavora sempre per migliorarsi. L’uomo giusto al posto giusto. Il primo nome a cui ho pensato. Una scelta romantica e ponderata, perfetto per ciò che abbiamo in testa: portare avanti il rinnovamento puntando sui giovani».
La clausola che lega il nuovo c.t. al Napoli non è stato un freno?
«All’inizio neppure sapevo dell’esistenza di questo documento, l’ho scoperto dai giornali. I nostri avvocati mi hanno rassicurato: potevamo parlare con lui, il resto è una questione tra Luciano e il suo vecchio club».
Si aspettava un atteggiamento diverso da parte di De Laurentiis?
«Con Aurelio ci siamo sentiti. Ma non mi aspettavo niente di diverso da quanto è successo. Altre cose, invece, non mi aspettavo».
Ce le racconti, presidente…
«Tanto odio e ipocrisia da parte di alcuni detrattori, ma fa parte del gioco. Ho letto anche nomi di allenatori che non rientravano nei piani. Ho chiamato subito Spalletti, l’altro candidato era Conte che non può essere considerato una seconda scelta. Stop: finita qui».
Cosa altro non si aspettava?
«Che De Laurentiis parlasse del contratto di Mancini. Un contratto che non conosce. Mi è sembrata una invasione di campo. Certe dichiarazioni mi sono sembrate inopportune come quando ha detto che se volevamo Spalletti avremmo dovuto pagare…».
Ci spieghi meglio.
«La situazione è stata chiara sin dall’inizio. Luciano stesso mi ha subito detto che la clausola è un problema tra lui e il Napoli. E la Figc non ha mai pensato di subentrare».
Magari non si aspettava neppure certe dichiarazioni da parte di Mancini…
«Abbiamo lavorato insieme cinque anni, impegnandoci reciprocamente per un progetto straordinario. Ho aspettato a parlare di questa storia, volevo sedimentare e riflettere. Volevo soprattutto risolvere la questione allenatore: ho dato priorità alla maglia azzurra e all’interesse nazionale e non ai personalismi. Però, adesso, posso dirlo con sincerità: sono amareggiato. Ci sono rimasto male. Non porto rancore, ma i tempi di questo divorzio mi lasciano perplesso».
Ci racconti come è andata.
«Roberto non mi ha mai detto che voleva andarsene. È stato un fulmine a ciel sereno. Ho sentito parlare di dimissioni per la prima volta dalla moglie, Silvia Fortini, che è il suo avvocato, il giorno prima che arrivasse negli uffici della Federcalcio una pec formale. Considerati i rapporti personali avrei apprezzato di più se Mancini mi avesse espresso la sua volontà guardandomi negli occhi».
Ma davvero non c’erano avvisaglie?
«Ho ricevuto un messaggio l’8 agosto, sempre dal suo avvocato, in cui manifestava il disagio sulla clausola di uscita nel caso non ci fossimo qualificati per l’Europeo. Niente altro».
E adesso?
«Adesso continuo a chiedermi perché Mancini abbia detto certe cose. E mi chiedo se le ha dette per davvero, perché sa benissimo che la realtà è il contrario esatto di quanto ha dichiarato. Tutti e tre, io, Roberto e Silvia, sappiamo cosa è successo veramente».
Mancini sostiene che non avvertiva più fiducia…
«La mia era totale e l’ho dimostrata con i comportamenti. A Palermo, dopo la sconfitta con la Macedonia che ci è costata il Mondiale in Qatar, sono andato in conferenza con lui. Ho messo la mia faccia per difendere la sua. Se non avessi avuto fiducia lo avrei messo sotto contratto sino al 2026? E lo avrei promosso coordinatore dell’Under 21 e Under 20?».
Però gli ha rivoluzionato lo staff?
«Questa poi è grossa. Solo Evani, che non ha accettato un altro ruolo, era uscito. Peraltro, stiamo parlando di un allenatore che faceva parte degli organici federali ed è entrato prima di Roberto. Gli altri sono rimasti. Lombardo e Nuciari, che avevano altri incarichi, sarebbero tornati a Coverciano nei giorni di Nazionale. E abbiamo rafforzato il gruppo con Barzagli e Gagliardi indicati da lui».
Restano le parole di Mancini…
«Non voglio alimentare ulteriori polemiche. Ma sono state dichiarazioni sconfortanti, inappropriate e offensive nei miei confronti. Non rinnego il rapporto di amicizia con Roberto, che ha sempre dimostrato stile. Spero riveda la sua posizione. Anzi, vado oltre e vi dico: chiamatelo perché non posso credere che si sia espresso così».
Come era il vostro rapporto?
«Amicizia e professionalità. Non ho mai invaso il campo, mai suggerito un giocatore, mai ho chiesto la formazione. Non meritavo parole così».
Mancini ha detto anche che lei avrebbe potuto fermarlo non accettando le dimissioni.
«Eliminando la clausola? Stendiamo un velo pietoso. Più facciamo certi discorsi e più l’amarezza cresce. Le motivazioni di Mancini sono deboli e superficiali».
Lei pensa che andrà a allenare la Nazionale dell’Arabia Saudita?
«Leggo, come tutti. A me non ha detto niente. Se fosse così avrebbe potuto parlarmene. Ciascuno di noi vive alcune fragilità, le sue le avrei comprese. Se andasse in Arabia sarà lui a spiegare le ragioni della sua scelta».
È stato il momento più difficile da quando è presidente federale?
«Non ci sono giorni facili in via Allegri. Però questi li ho sofferti e mi sono serviti per capire tante cose».
Come si ricomincia? Crede che la qualificazione all’Europeo sia davvero in pericolo?
«Si ricomincia ragionando di sistema. Il calcio italiano deve crescere: stadi, vivai, sostenibilità. Sono tante le battaglie da vincere. Quanto all’Europeo, ho fiducia perché Spalletti è un grande tecnico e la squadra è forte».
Cosa le lasciano questi giorni neri?
«Una energia nuova, straordinaria. Abbiamo risolto la questione in 5 giorni. Chi ha voglia di seguirmi è bene accetto, gli altri resteranno indietro».
Politica e sport, la questione è sempre delicata…
«Il legame è stretto. È assurdo pensare alla politica fuori dallo sport. La politica merita rispetto, chi invece la usa per i propri interessi non le fa un bel servizio. Il dialogo è fondamentale anche se non sempre è facile perché i governi cambiano spesso e i progetti si interrompono».
Gravina tra un anno e mezzo ci saranno le elezioni: si ricandiderà?
«Manca molto tempo, preferisco concentrarmi sul lavoro che è tanto. Di cose buone ne abbiamo fatte parecchie. Il mio obiettivo per il futuro è contribuire a un calcio migliore. Come e dove non è importante».