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 2023  agosto 23 Mercoledì calendario

I SEGRETI DI PASOLINI – PERCHE’ DACIA MARAINI E I SUOI AMICI NON CI HANNO MAI PARLATO DELLA VILLA DI LUSSO CHE LO SCRITTORE POSSEDEVA A ROMA IN ZONA PONTE MILVIO E CHE USAVA PER INCONTRI EROTICI AD ALTO TASSO DI MASOCHISMO? – LE INDICAZIONI DELL’ABITAZIONE NELLA AUTOBIOGRAFIA DELL’ATTRICE ANTONELLA LUALDI. IN UN ALTRO LIBRO (“QUANDO ERAVAMO FROCI”) C’E’ IL RICORDO DI UN EX RAGAZZETTO DI VITA: "UNA SERA A CASA DI PASOLINI IN ZONA PONTE MILVIO C’ERA UN’ORGETTA. IL POETA ERA LEGATO AL LETTO E…”

È opinione diffusa tra gli studiosi dell’opera e della biografia di Pier Paolo Pasolini che il più grande romanzo prodotto dallo scrittore bolognese, e certamente il più appassionante, sia stata la sua vita (...)

Di certo l’esistenza del «poeta delle ceneri», a cominciare dal suo tragico e mai del tutto chiarito epilogo, seguita non solo a suscitare l’interesse di tanti in ogni parte del mondo, ma non di rado a riservare sorprese persino sconvolgenti.

È il caso di una scoperta compiuta in questi giorni da chi scrive e resa possibile dalla recente scomparsa dell’attrice Antonella Lualdi, che conosceva bene Pasolini per aver preso parte, nel 1959, al film di Mauro Bolognini La notte brava, liberamente ispirato ad alcuni momenti del romanzo pasoliniano Ragazzi di vita.

La scoperta è la seguente: Pasolini ha posseduto, non sappiamo se fino alla fine dei suoi giorni ma sicuramente per un periodo non breve, una lussuosa dimora situata in una delle zone più chic di Roma, quella compresa tra Ponte Milvio e l’inizio della via Cassia, nella parte settentrionale della città.

Torniamo però ad Antonella Lualdi. Dovendo scrivere per La Verità un articolo dedicato alla morte dell’attrice, avvenuta lo scorso 10 agosto, abbiamo recuperato dalla nostra biblioteca un libro a cui fino a quel momento non avevamo riservato la dovuta attenzione. Il libro è l’autobiografia della Lualdi, realizzato in collaborazione con l’attore Diego Verdegiglio e pubblicato nel 2018 dall’editore imolese Manfredi con il titolo Io Antonella, amata da Franco (dove Franco è il marito della Lualdi, Franco Interlenghi, celebre attore a sua volta).

A pagina 195 di tale volume si può leggere questa dichiarazione riguardante Pasolini, nel pronunciare la quale la Lualdi adopera il plurale perché si riferisce a sé e alla sua famiglia: «Pasolini lo frequentammo moltissimo. Spesso giocava a calcio con Franco (Interlenghi, ndr), Ninetto Davoli, Franco e Sergio Citti e con tutti i suoi giovani attori.

Erano interminabili partite sulla Cassia, dove Pasolini aveva una villa con un grande prato. (…) Io e Franco fummo più volte ospiti a pranzo nella sua casa di Montesacro, dove Pasolini viveva con la madre Susanna. Era una casa modestissima, niente a che vedere con la lussuosa residenza sulla Cassia».

Ora, se questo brano contiene un marchiano errore (imputabile più a Verdegiglio, che ha materialmente vergato il libro trascrivendo le parole della Lualdi, che non a quest’ultima), ovvero la menzione del quartiere romano di Montesacro al posto di quello di Monteverde (dove Pasolini visse effettivamente con la madre fino al 1963, quando si trasferì all’Eur), è impossibile che Antonella Lualdi abbia inventato di sana pianta questi incontri con Pasolini - databili tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta - e la loro ubicazione.

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In un bel libro uscito nel 2011 per i tipi del Saggiatore, Quando eravamo froci. Gli omosessuali nell’Italia di una volta, l’autore Andrea Pini, storico militante omosessuale e tra i fondatori del Circolo Mario Mieli, intervista alcuni uomini gay: uno di costoro, tale Mario Chinazzo, nato a Venezia nel 1937 e spentosi a Roma nel 2007, parla anche di Pasolini. Nel modo che segue (citiamo da pagina 198): «Mi è capitato di incontrare Pasolini una volta sola, a casa sua a Ponte Milvio. Ci capitai per caso con un borgataro di San Basilio, che mi aveva rimorchiato. Si chiamava Mario come me e abbiamo fatto amicizia. Una sera mi ha portato a casa di Pasolini e quando siamo arrivati c’era un’orgetta. Ma erano cose che a me non piacevano.

Pasolini era legato al letto e c’erano vari ragazzi nudi intorno. Erano giochi erotici che a me non interessavano e me ne sono andato. Pasolini non si è neanche accorto».

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L’episodio riferito da Chinazzo (collocabile temporalmente nella prima metà degli anni Settanta visto che Chinazzo racconta di essere giunto a Roma subito dopo il 1970) acquisisce dunque una piena attendibilità, rafforzata dal fatto che le pratiche di tipo masochistico esperite da Pasolini - con particolare assiduità negli ultimi anni di vita, quelli successivi alla sofferta separazione da Ninetto Davoli, consumatasi definitivamente nel 1971 come attestato da una disperata lettera inviata da PPP all’amico scrittore Paolo Volponi nell’agosto di quell’anno - sono state rivelate da numerosi suoi conoscenti, a cominciare dal succitato cugino e biografo Nico Naldini, che nel memoir Come non ci si difende dai ricordi (Ed. Cargo, 2005) scrive: «Da tempo Pasolini aveva adottato il sadomasochismo anche con rituali feticistici: le corde per farsi legare e, così immobilizzato in una sorta di scena sacrificale, farsi percuotere fino allo svenimento».

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