il Fatto Quotidiano, 22 agosto 2023
L’amore di Bernini per Costanza
Caravaggio artista maledetto, assassino, in conflitto con la Chiesa e Bernini, al contrario, perfetto, padre di famiglia, docile strumento di papi e cardinali? Non esattamente: il giovane Bernini ebbe una condotta di vita che recentemente gli ha fruttato l’inclusione nel libro di Horst Bredekamp sugli Artisti criminali (tradotto da Mimesis nel 2020).
La dipendenza di Gian Lorenzo era dal sesso, e almeno una delle sue infinite relazioni provocò un incredibile scandalo che dovette essere messo a tacere direttamente da Urbano VIII. Un manoscritto anonimo conservato tra le carte fiorentine del biografo dell’artista Filippo Baldinucci (il quale si guardò bene dall’usarlo) racconta la storia senza infingimenti: “il Bernini era innamorato d’una donna che… si chiamava Costanza figliola d’uno staffiere di… e moglie di Matteaccio scultore lucchese”. Prima ragione di scandalo: la donna era sposata con un altro, e quell’altro era Matteo Bonucelli (o Bonarelli), che in quel 1636 diventava un collaboratore di seconda fila di un Bernini ormai già dittatore della scena artistica romana. Ma è solo l’inizio. Gian Lorenzo scopre che non deve dividere Costanza solo col marito, bensì anche con un altro amante: “Fulli detto che suo fratello v’andava, del che se ne volse chiarire”.
Il rivale sembrava dunque uno dei suoi fratelli, Luigi Bernini. Per accertarlo, Gian Lorenzo mise in atto il più classico dei piani: “disse una sera di voler andare la mattina seguente in campagna, al qual fine fece la mattina attaccare la carrozza: e invece d’andar fuori di Roma andò alle sue stanze dove lavorava, che son poste dietro San Pietro incontro alle quali era la casa della signora Costanza. Ivi giunto, dette ordine al cocchiere che stesse in un luogo determinato fino a tanto che egli non ricevesse ordine in contrario, e si messe a luogo proporzionato a osservare se vedeva uscire alcuno. Non stette molto che il fratello uscì di casa, essendo accompagnato dalla dama – mezza vestita, per essere allora uscita del letto – fino alla porta. Veduto ciò andò il Bernino dietro al fratello e trovatolo in San Pietro, con un pal di ferro malamente gli dette: arrivandogli a romper due coste e forse l’avrebbe ammazzato se (non) gli era levato di sotto”. Fa una certa impressione pensare a Gian Lorenzo che prova a uccidere suo fratello in quella stessa basilica vaticana che stava cambiando volto grazie alla serie strepitosa delle sue opere. E d’altra parte questa vicenda segnò in maniera irreversibile il rapporto tra la famiglia Bernini e quel luogo sacro: oltre tre decenni più tardi, quello stesso fratello Luigi venne esiliato da Roma dopo essere stato sorpreso ad abusare di un ragazzino proprio nell’atrio di San Pietro, dietro le turate del cantiere del Costantino a cavallo del fratello.
Ma purtroppo l’ira funesta di Gian Lorenzo non si scatenò solo contro il fratello: “andato a casa, immediatamente chiamò un servitore al quale dandoli due fiaschi di (vino) greco e un rasoio disseli: ‘va da parte mia alla signora Costanza e presentali questo: e quando vedi il bello, sfregiala!’. Tanto fece, né d’una troppa fatica, perché la trovò nel letto nel quale era tornata dopo aver servito il fratello fino alla porta”.
Come il peggiore maschio italiano di oggi, Gian Lorenzo aggredisce fisicamente la donna che considerava sua proprietà. Lo fa ordinando a un suo ‘bravo’ di distruggerle il volto: una scelta terribile per tutti, ma ancora più atroce se fatta da un artista come lui, che della bellezza aveva la più profonda conoscenza. Una scelta che getta un’ombra terribile su una delle opere più meravigliose dello stesso Gian Lorenzo: quel ritratto di Costanza che egli scolpì nel marmo (scelta inaudita per un artista che metteva così la sua amante sullo stesso piano dei papi e dei re che si contendevano il suo scalpello), e che oggi si trova nel Museo del Bargello di Firenze. La camicia aperta sul seno, i capelli senza acconciatura, le labbra che si schiudono in un sospiro sotto i nostri occhi. Se non in qualche perduto capolavoro dell’antichità, mai l’arte della scultura era arrivata a far trasparire da un freddo marmo la fremente sensualità di una donna con tanta potenza ed efficacia.
Dopo il delitto, la madre dei due fratelli Bernini, terrorizzata, corse a denunciare Gian Lorenzo al cardinal nipote Francesco Barberini, perché questi tutelasse l’incolumità dell’altro figlio. Rispose Urbano VIII in persona, non solo assolvendo l’artista, ma anzi definendolo – in modo inaudito, se si tiene conto che parlava un papa in un documento ufficiale – “huomo raro, ingegno sublime e nato per disposizione divina e per gloria di Roma a portar luce a questo secolo”. Fu Costanza a finire detenuta: del resto, la colpevolizzazione della vittima donna è ancor’oggi la prima reazione del potere romano. Ma Costanza seppe riprendere in mano la propria vita, divenendo una grande mercante d’arte: “lei è stata ricchissima, e dopo la sua morte ha avuto un catafalco superbissimo”. E il suo meraviglioso ritratto, oggi, riscatta Costanza almeno quanto condanna Bernini.