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 2023  agosto 22 Martedì calendario

Intervista a Costanza Caracciolo

Anna Costanza Caracciolo, nome e cognome nobili.
«Ma non lo sono. Sono nata in provincia di Siracusa, a Lentini, da una famiglia unita, mamma casalinga e papà radiologo. Anna, il primo nome, è lo stesso di una zia. Ma nessuno mi chiama così».
Il termine Velina dalla Treccani: «Bella ragazza che senza parlare, accompagna con passi di danza e atteggiamenti ammiccanti uno spettacolo tivù».
«Ho iniziato a ballare a 5 anni, mi sono iscritta a danza classica, ma senza lasciare indietro il Ginnasio».
Studi classici. La declinazione di Rosa se la ricorda?
«Rosa, rosae, rosam».
Dunque brava a scuola.
«Mi piaceva la letteratura greca e latina, odiavo le traduzioni: 8 in orale e 4 in scritto. I greci erano avanti, fluidi e aperti a esperienze diverse».
Il suo primo ricordo sul palco.
«Il saggio di danza, sulle note del Valzer dei fiori. Avevo un tutù salmone, l’ho dato alle mie figlie Stella e Isabel».
La sua vita in Sicilia.
«La mamma mi faceva trovare la pasta pronta al ritorno da scuola. Prima passavo a salutare la nonna, al piano di sotto. Di sera guardavamo Striscia».
E faceva gli stacchetti.
«Ne facevo di più guardando Non è la Rai. Ma il mio sogno erano la Fracci e la Scala».
È nata bella?
«Sì ero molto carina. Mi prendevano in giro per le labbra troppo grosse o per il naso all’insù. Avevo un complesso, le sopracciglia da diavoletta. Me le sono tolte e ci ho fatto un tatuaggio».
Un detto siciliano che è anche la sua filosofia di vita.
«Virennu facennu, significa vedendo facciamo: procediamo cauti, vediamo come va. Lo metto in pratica».
Non va in ansia.
«No e sono diventata saggia. Da piccola a volte ero di cattivo umore, grazie alle mie figlie, sono in armonia».
Il provino di Striscia.
«Avevo letto di un provino ad Acireale. Eravamo a tavola, di domenica, e lo dissi ai miei: mi risposero che nel mio futuro c’era l’Università. Scoppiai a piangere e allora mio nonno Franco promise che a quel provino mi avrebbe portata lui. Se oggi sono felice, ho una famiglia bellissima è grazie a lui (piange, ndr)».
Come andò?
«Ho ballato con gli occhi rossi, avevo pianto. Sentì uno dire: “È molto carina, ma non è alta”. Pensai: “Non ce la farò mai”. E poi la famosa frase: “Le faremo sapere”».
E le hanno fatto sapere.
«Sono arrivata alla semifinale a Chioggia, dove ero ex aequo con una ragazza veneta e la giuria era composta da giornalisti del luogo. Venni salvata da Sandra Milo, presidente di giuria».
I suoi erano felici?
«Sì. Ho detto a mia madre: “All’Università non mi avresti vista tutte le sere per 4 anni”».
La mora, Federica Nargi.
«Abbiamo fatto le vacanze a Formentera, i nostri mariti sono amici e le bambine hanno la stessa età. L’altra sera si sono esibite davanti a noi: sembravamo io e lei».
Tanti ammiratori?
«No, forse incuto timore. Non avevo l’appostamento di fan sotto casa».
Con i primi guadagni cosa si è regalata?
«Il bracciale di Tiffany in argento con il cuore e la borsa di Gucci. Avevo 18 anni».
Quando ha capito di esser diventata famosa?
«Con Federica siamo andate in via Montenapoleone a fare una passeggiata. Siamo state travolte dalle persone».
Antonio Ricci.
«Ci voleva rendere inattaccabili. Era un patron, voleva sgrossarci».
Cosa le diceva?
«Che ero una “peppia”. Credo volesse dire una con il caratterino...».
La fine di Striscia.
«Una grande famiglia, ci hanno educate, non potevamo fare nulla se non era approvato. Questo mi ha insegnato a dire di no, la giungla era fuori...»
Mai nessuno scandalo.
«Eravamo tutte di ottima famiglia, con dei valori. Credo che la selezione tenesse conto anche di questo aspetto».
La sua carriera che direzione ha preso?
«Devo essere sincera? Nessuna. Non sono mai stata valorizzata: gli agenti si occupano molto dei personaggi già forti, quelli piccoli vengono trascurati».
Ha mai pensato all’estero?
«Volevo andare a New York per l’inglese, poi mi sono detta: a New York a fare cosa?».
La radio e i social.
«La radio mi piace e oggi sono una influencer. Ma i social danno la libertà di parola a chi non dovrebbe averla».
L’attacco più feroce?
«Quando ero incinta di Stella una donna mi scrisse che si augurava la mia morte e quella di mia figlia».
Che spiegazione si è data?
«Forse qualcuna innamorata di Christian».
Christian Vieri.
«Ci siamo conosciuti appena arrivata a Milano, aveva 17 anni in più. Non ci siamo mai considerati, fino a 6 anni fa, quando mi ha cercata per promuovere un suo torneo».
A scoppio ritardato.
«Ci siamo incontrati al momento giusto: è venuto a trovarmi a Roma, abbiamo fatto una passeggiata notturna in scooter. Era maggio e a settembre ero incinta».
Il suo passato da playboy?
«Non appena l’ho conosciuto meglio ho capito che potevo fidarmi».
Nel calcio lo chiamavano il muto, con lei parla?
«Sì! Ma quando litighiamo passiamo anche due giorni in completo silenzio».
La proposta di nozze.
«Nessuna proposta in ginocchio, lo abbiamo deciso insieme, siamo tipi pratici. Siamo andati in Comune e abbiamo scelto una data libera».
Ha scritto in un post: «Non è stata una passeggiata»...
«Ci sono stati momenti difficili, come quando abbiamo perso la nostra prima bambina. È stato atroce: uscì un giornale di gossip che rivelava la mia gravidanza. Ma lo stesso giorno ho scoperto dall’ecografia che avevo perso mia figlia».
Il commento negativo che le è pesato di più?
«Che me la tiro, che sono snob, in realtà è solo una forma di estrema timidezza».
Adesso è imprenditrice.
«Nel 2020 ho fondato Coistel, un marchio beauty che è l’acronomio del mio nome e di quello delle mie bambine. Prodotti per mamme e figlie».
Se le sue figlie volessero fare le veline?
«Magari!»
E se volessero sposare un calciatore?
«Se è come papà, magari!».
L’etichetta «calciatore-velina» le è mai pesata?
«Frequentiamo lo stesso ambiente, siamo belli, giovani... gli avvocati non si sposano con le segretarie?».
Un altro figlio?
«Stiamo benissimo così».