Estratto dell’articolo di Lorenzo Lamperti per “La Stampa”, 22 agosto 2023
LA CINA VA A PICCO, TRASCINATA GIU’ DAL MATTONE – L'INTERVENTO DELLA BANCA CENTRALE CINESE NON BASTA PER RILANCIARE LA FIDUCIA MINATA DALLA CRISI IMMOBILIARE – I MERCATI AFFONDANO AL LIVELLO PIÙ BASSO DEGLI ULTIMI 7 MESI PERCHÉ SI ASPETTAVANO UNA MOSSA PIÙ DECISA. È STATO TAGLIATO IL TASSO DI RIFERIMENTO PER I PRESTITI A UN ANNO DI 10 PUNTI BASE (E NON DI 15 PUNTI, COME PREVISTO), MENTRE È RIMASTO INVARIATO QUELLO A CINQUE ANNI, RIFERIMENTO PER I PRESTITI IPOTECARI – E IL “WALL STREET JOURNAL” SENTENZIA: “IL BOOM ECONOMICO CINESE È FINITO” -
Nessuna bacchetta magica, al massimo qualcosa più di un ramo a cui aggrapparsi mentre si è travolti dalla corrente. Il nuovo intervento della banca centrale cinese non basta per rilanciare la fiducia nel mezzo della crisi immobiliare.
Ieri mattina è stato tagliato il tasso di riferimento per i prestiti a un anno di 10 punti base, portandolo dal 3,55% al 3,45%. È il secondo taglio in tre mesi, ma alla vigilia ci si aspettava una decurtazione di 15 punti base. È stato inoltre lasciato invariato al 4,2% il tasso a cinque anni, quello chiave per i prestiti ipotecari. Anche in questo caso, ci si aspettava un intervento che non è arrivato, nonostante i rischi di insolvenza derivanti dall'ormai atavica crisi di liquidità del settore immobiliare.
Le borse cinesi non hanno reagito bene. Shanghai ha perso l'1,24% e Shenzhen l'1,32%: entrambe hanno toccato il livello più basso degli ultimi sette mesi, quelli in cui sono state rimosse tutte le restrizioni anti Covid e si contava su una ripresa economica che non ha mai ingranato. […]
La mossa della Banca centrale rischia dunque non solo di non essere adeguatamente efficace, ma addirittura di diventare controproducente segnalando scarsa disponibilità a passi ulteriori. È quanto dice Maggie Wei, analista di Goldman Sachs, a Bloomberg: «La fiducia è la chiave della ripresa ma questa riduzione mostra riluttanza a ulteriori misure di stimolo».
[…] Ma il problema potrebbe essere più ampio. «Anche se il governo concedesse assegni di stimolo alle famiglie cinesi nell'attuale mix di politiche, non sarei necessariamente fiduciosa che le famiglie cinesi siano incentivate a spendere o pensino che questo sia un buon momento per comprare una casa», ha detto a Bloomberg Zongyuan Zoe Liu del Council of Foreign Relations.
«Le ragioni sono due. Il primo è lo choc negativo della fiducia e il secondo è un contesto politico deflazionistico». Anche perché nel frattempo i mancati pagamenti di alcuni prodotti fiduciari legati al sistema bancario ombra stanno ulteriormente spaventando gli investitori, non abituati a vedere in difficoltà realtà tentacolari come Zhongzhi.
Un altro indicatore della scarsa fiducia per il futuro è il netto aumento dei posti vacanti negli edifici per uffici più esclusivi. Le aziende cercano di ridurre le spese di affitto e molte si stanno spostando in sedi più umili. Una mossa ragionevole ma che rischia di peggiorare ulteriormente la situazione immobiliare. Secondo Nikkei, nei primi sette mesi dell'anno la quantità di immobili ad uso ufficio venduti è scesa del 18,3% e i proventi di tali transazioni sono diminuiti del 20,2%. Alla fine di luglio rimanevano invenduti oltre 47,6 milioni di metri quadrati di uffici, con un aumento del 21,9% rispetto al 2022.
La sensazione di molti analisti, resa esplicita dal Wall Street Journal, è che i decenni di boom economico vissuti dalla Cina siano giunti al termine e che Pechino abbia imboccato una strada di crescita molto più lenta, potenzialmente aggravata da una curva demografica che ha intrapreso un calo forse irreversibile e dalla parziale frattura creata con un Occidente impegnato nella cosiddetta "riduzione del rischio". Secondo Pechino, un "disaccoppiamento mascherato".
[…] Xi Jinping sta provando a ristrutturare il modello di sviluppo nel medio lungo periodo, riducendo l'esposizione debitoria di privati ed enti locali, anche a patto di perdere qualche decimale di crescita. Ma non tutti condividono questo approccio e c'è chi vorrebbe maggiori misure di sostegno. Il dilemma sarà capire quando intervenire per non correre rischi sistemici troppo ampi e potenzialmente irreparabili.
Ieri le principali banche statali cinesi sono state molto impegnate a vendere dollari statunitensi per acquistare yuan in mercati esteri. Una mossa che potrebbe essere utile a stabilizzare una moneta cinese che sta affrontando una crescente pressione di deprezzamento.