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 2023  agosto 21 Lunedì calendario

gli scienziati pazzi (che hanno provato le loro cure su di sé)

Tutti abbiamo le nostre prime volte. «Ma certe prime volte cambiano la storia». Inizia così il libro di Silvia Bencivelli («Eroica, folle e visionaria») dedicato alla medicina spericolata. Quella degli scienziati matti, che non hanno esitato a iniettarsi cure sperimentali, che magari sono morti sotto gli effetti di qualche esperimento sbagliato, che hanno creduto nella scienza a tal punto di autocandidarsi a cavie. Sì, folli, degni del più fantascientifico laboratorio del dottor Frederick Frankenstein.
Qualcuno per i suoi azzardi ci ha lasciato le penne, qualcuno ci ha vinto il Nobel. Ma grazie a intrugli inalati, insufflati o iniettati da «quei pazzi», oggi abbiamo il vaccino anti vaiolo, l’anestesia e sappiamo come usare i farmaci.
Barry Marshall, studente australiano di medicina, durante le vacanze di Pasqua del 1980, dimenticò dei campioni di stomaco umano in coltura per 5 giorni. Al suo rientro scoprì che si erano formate nel vetrino delle colonie batteriche. Era l’Helicobacter Pylori. La scoperta era interessante perché fino ad allora (gli anni Ottanta, mica il Settecento) si era sempre ritenuto che lo stomaco umano fosse un ambiente sterile. Robin Warren, il professore con il quale Marshall stava preparando la propria tesi, gli chiese di bere un bicchiere di Helicobacter: Marshall ubbidì, si ammalò di gastrite e Warren lo curò in appena 8 giorni con un comune antibiotico. Quella gastrite gli valse il Nobel nel 2005.
Perchè provare le potenziale cure su di sé? Molti scienziati, soprattutto in passato, lo hanno fatto per comodità, o perchè non venivano creduti da nessuno, o perchè in fondo in fondo non si fidavano di nessun altro. «Qualcuno lo ha fatto per curiosità – racconta Bencivelli – Qualcun altro per ripicca o rabbia». E per di più «le prime volte» non sempre sono state avventurose, né applaudite. Ma restano un unicum. Roba che oggi non potrebbe mai accadere. Oggi, seppur l’iter dei vaccini sia stato snellito e sburocratizzato dall’emergenza pandemia, restano una miriade di controlli e contro controlli per evitare azzardi.
Il primo documento che impone qualche regola è il Codice di Norimberga del 1947, che per la prima volta affronta il tema dei principi guida della sperimentazione umana e, nell’articolo 5, dice esplicitamente che «non si devono condurre esperimenti che possono condurre alla disabilità o al decesso eccetto, forse, lo stesso sperimentatore non sia coinvolto come soggetto».
Quanti sono stati gli auto esperimenti nella storia? Impossibile saperlo. Ma esiste un censimento, firmato da un medico di Odessa morto nel 2001, Arsen Fiks. Si tratta di un elenco di 300 pagine di nomi, date e procedure. Primo caso citato: Franz Karl, morto nel 1821, tedesco, sperimenta gli effetti dell’elettricità sulla fisiologia umana. Tempo prima, alla fine del 1500, un prete spagnolo, Josè de Acosta, conduce uno studio sugli effetti dell’altitudine e, scalando le Ande, appunta: «Mancanza di respiro, vomito, vertigine».