La Stampa, 21 agosto 2023
Catenanuova, è la città più calda d’Europa
Nessuno vorrebbe essere il fornaio di Catenanuova, al caldo più caldo della città più calda d’Europa. «Eppure, ti abitui. Non c’è altro da fare», dice Salvatore Santoro sbuffando nuvole di farina. Sta infornando le pizze e i salatini alle 12 spaccate. Il forno sventaglia raffiche bollenti, il condizionatore cerca di contrastarle con un rumore cigolante. Fuori è l’estate torrida del 2023. «A fine giugno siamo arrivati a 51 gradi. Oggi ce ne sono 42, quindi per noi è una buona giornata».
Catenanuova è il paese con la temperatura più alta mai registrata ufficialmente nell’Unione Europea: 48,5 gradi. Ma tutti i suoi abitanti sostengono che, durante il picco di caldo raggiunto quest’anno, anche quel record è stato battuto. «Faceva così caldo che se uscivi fuori anche soltanto per cinque secondi, ti sentivi svenire. Quaranta gradi per noi è quasi autunno», scherza amaramente il fornaio Santoro. Due sono i rumori di Catenanuova. Quello dei condizionatori accesi all’unisono, come un frinire elettronico costante che attraversa tutte le strade. E poi, quello delle auto lasciate in folle. Nessuno spegne il motore durante le commissioni, per passare così da un’aria condizionata all’altra, da quella del panettiere a quella dell’auto, e da quella dell’auto a casa.
A parte questo, facendo attenzione, a Catenanuova si sente anche un altro suono indefinibile. All’inizio è difficile distinguerlo. È il rumore amplificato di ogni minimo gesto, dentro una piccola città senza vita. Senza esseri umani. Senza bar e senza abitanti. Ricorda il lockdown. In piazza tutti i tavolini dei dehors sono vuoti. E non è la tipica controra meridionale, è il solo modo per sopravvivere in questa landa desertificata al centro della Sicilia: dalle 11 di mattina alle 7 di sera per strada non si avvistano essere umani.
Catenanuova sta in un avvallamento fra Enna e Catania, circondata da piccoli monti. Il Monte Scalpello. Il Monte Santa Maria. Per arrivare qui dalla costa meridionale si attraversano rovine, cantieri dismessi, strade chiuse, strade pericolanti e campi di grano arso.
Nei prossimi mesi dovrebbero incominciare i lavori per il raddoppio della linea ferroviaria verso Palermo in questo tratto. E, infatti, gli unici esseri umani che si incontrano sono lavoratori delle ferrovie con le pettorine gialle. Il letto del fiume Sineto è secco. All’orizzonte, pale eoliche immobili e il fumo di nuovi roghi.
«È colpa nostra», dice la signora Agata Salerno. «È colpa di come stiamo trattando la terra». Tredici anni fa ha aperto un chiosco in stile catanese. Seltz, limone e sale. Orzata. Latte di mandorla. Menta profumatissima. «Faccio tutto io, vado a comprare le materie prime migliori. Ma guardate: è l’ora di pranzo e il chiosco è chiuso. Fa male. Ma è così. Resta chiuso fino alle sette di sera, perché tanto prima non esce nessuno».
Una ragazza è scesa a prendere qualcosa nel bagagliaio e si ripara con un ombrello da pioggia per non collassare sull’asfalto. «Ho messo anche un ventilatore esterno, sono l’unica a averlo in tutto il paese», dice ancora la signora Salerno. Ma finché ci sono 44 gradi alle 5 di pomeriggio, è ovvio che nessuno se la sente di venire al chiosco. Non so che cosa possiamo fare, è un problema enorme e sono molto preoccupata».
Ha sempre fatto caldo a Catenanuova, questo è sicuro, tanto che molti abitanti ricordano l’usanza dei nonni di mettere le sdraio fuori di notte per dormire sul balcone. Ma quel caldo adesso è diventato il futuro che bussa alla porta. Ed è terrificante.
La famiglia Daidone gestisce una pasticceria rinomata in tutta la Sicilia. Neanche un frutto arriva da questa terra. Troppo aridi i campi intorno, poco generosi gli agrumeti della zona. Così i gelsi, le pesche, le arance, i mandarini, i limoni, i meloni e tutto quello che serve deve essere comprato sulla costa, vicino al mare, dove le temperature sono più miti e i raccolti ancora rigogliosi.
«Un caldo così, come in questi ultimi anni, non lo ha mai fatto», dice Salvatore Daidone. «È un caldo diverso, più umido e più estremo. Da 40 gradi in su. Ci sono stati giorni letteralmente invivibili. Ma dobbiamo resistere, non ci sono alternative. Anche se forse servirebbe una chiusura per le ore più torride. Gli anziani sono in pericolo».
Una delle conseguenze immediate di questa tempesta di calore permanente è nelle bollette dell’elettricità. «Si vive solo grazie ai condizionatori e ai frigoriferi che non smettono mai di raffreddare. Ma mentre il costo medio per la nostra pasticceria, per il ristorante e il laboratorio era di circa 5.500 euro al mese, ad agosto del 2022 – per un solo mese – siamo arrivati a 23.443 euro». Quest’anno è andata un po’ meglio, per la pasticceria Daidone: 9.500 euro a luglio. Ma sono ancora cifre fuori scala, che non si allineano più al mondo di prima. «Tramite un bando della Regione Sicilia abbiamo fatto tutte le pratiche per chiedere il risarcimento della differenza spesa, e ci hanno detto che dovremmo ricevere il bonifico. Ma per ora: niente. Facciamo fatica».
Bisogna chiedere prestiti in banca per non morire di caldo e portare avanti un’attività a Catenanuova. Se questo è il futuro di vaste zone d’Italia, allora è qui che bisogna venire a studiare.
I seimila abitanti degli anni passati sono in lenta e costante diminuzione. Chiusi dentro una bolla di aria condizionata al bar gastronomia «Isola Bella», i due avventori scherzano sulla denatalità: «Con questo caldo!». Con questo caldo è difficile immaginare, baciare, vivere. «Me ne vado al Polo!», dice Gianluca Proietto, 34 anni, muratore, costretto a uscire di casa per comprarsi le sigarette al distributore automatico. «Come si fa a restare qui? Non c’è nessuno. Non c’è lavoro. Non si respira. Giuro che a settembre parto per il Nord». —