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 2023  agosto 21 Lunedì calendario

Si schianta il sogno spaziale di Putin

«L’apparecchio spaziale Luna-25 ha preso un’orbita non calcolata... e ha cessato la sua esistenza come risultato dell’impatto con la superficie lunare». Il secco comunicato dell’agenzia spaziale russa Roskosmos racconta l’umiliazione subita dal Cremlino meglio dei sarcastici commenti in Rete. Il produttore degli orologi Shturmanskie ritira dal suo sito il cronografo in serie limitata dedicato alla riapertura del programma lunare russo (tre versioni, nero, argento e dorata, da 230 a 270 euro circa). Il 90enne accademico Mikhail Marov, uno degli ultimi grandi vecchi della ricerca spaziale ancora sovietica, dopo la notizia dello schianto della sonda è finito all’ospedale con un malore, implorando di «discutere e trarre conclusioni serie», ma secondo le voci che circolano nei media russi Roskosmos avrebbe chiesto al Cremlino di «vietare pubblicazioni critiche» sul disastro. Una questione politica, ancora prima che tecnica: la propaganda aveva scommesso pesantemente sulla Luna, e il lancio della sonda era stato accompagnato da orchestre, manifesti e promesse di «fare a pezzi gli Usa» lanciate dalla Tv. Cori di fanciulle avevano intonato inni in onore di Gagarin, la rampa di lancio era stata decorata con le lettere Z e V, i simboli (a dire i vero ormai un po’ fuori moda) dell’invasione dell’Ucraina, e lo slogan «Siamo tornati per dominare» doveva saldare nell’immaginario dei russi il passato glorioso e il futuro trionfante della Russia di Putin.
Un battage propagandistico che ha reso ancora più fallimentare il risultato: dopo aver inviato a terra un po’ di fotografie della Luna che sembravano uscite da una cronaca degli Anni 70, «i parametri fattuali dell’impulso si sono discostati da quelli previsti», la sonda ha interrotto le comunicazioni e ha «cessato la sua esistenza» schiantandosi invece di allunarsi. Un disastro che secondo molti era stato annunciato: l’ultimo lancio riuscito di un apparecchio lunare risale al 1976, ed è dal 2005 che la Russia cercava di rianimare il suo programma, soprattutto dopo aver fallito i tentativi di lanci verso Marte. Dopo 18 anni, 6 miliardi di rubli e l’uscita dal progetto dei partner internazionali, la Russia non è riuscita a ripetere nemmeno quello che sapeva fare quando Putin studiava ancora alla scuola allievi ufficiali del Kgb. Un’umiliazione che potrebbe diventare internazionale se dopodomani nella stessa zona del Polo Sud della Luna riuscirà invece ad atterrare l’apparecchio indiano Chandrayyan-3. Che la Russia fosse ormai fuori dalla grande competizione spaziale non era una rivelazione, dopo una serie di incidenti, cancellazioni e disastri. E il motivo del declino non è tanto l’arretratezza tecnologica quanto il sistema politico che l’ha prodotta. Fino all’anno scorso Roskosmos era guidata da Dmitry Rogozin, arrivato all’agenzia spaziale russa non grazie alla laurea (in giornalismo), ma per i suoi exloit di ultranazionalista. Era l’uomo che aveva dato la colpa di una perdita di aria nella stazione spaziale internazionale agli astronauti americani che avrebbero «trapanato un buco», e minacciato di bombardare la Romania. Era stato lui a prospettare a Putin miracolose conquiste di Marte, e a promettere di dipingere i razzi spaziali russi con motivi dell’artigianato di Kokhloma e Gzhel (cioè i cucchiai di legno e le ceramiche delle bancarelle turistiche di Mosca). Più che un personaggio bizzarro, un pioniere, tra i primi ad aver capito che per ottenere finanziamenti alla corte di Putin bisognava soffiare sul risentimento nostalgico e promettere l’impossibile (la conquista della Luna come quella dell’Ucraina).
La sostituzione della realtà con la fantasia imperiale non si limita più a compiacere i padroni del Cremlino: da settembre in tutte le università russe diventerà obbligatorio il corso delle «Basi dello Stato russo», disciplina ideologica che racconta la Russia come grande potenza odiata dall’Occidente, paladina dei «valori conservatori» e benefattrice delle popolazioni che ha «unito» in uno «Stato-civiltà» che si distingue per la supremazia morale della «anima russa». Un «mondo fantastico...che non può essere compreso logicamente, va soltanto accettato e creduto», scrive lo storico Konstantin Pahalyuk che ha letto i manuali della nuova disciplina, scritti da un eterogeneo team di politologi cospirazionisti, monaci mistici e storici istituzionali attenti ai desideri del Cremlino. È evidente che la materia non potrà che incoraggiare i futuri fisici, chimici, biologi e ingegneri russi a unirsi a quei 270 luminari che sono scappati dalla Russia negli ultimi mesi, secondo un censimento della Novaya Gazeta che non tiene conto dell’emigrazione di migliaia di tecnici, ricercatori e informatici che non si erano ancora fatti un nome. Contrariamente al mito sovietico, la scienza non prospera nelle dittature, soprattutto in quelle che vogliono conquistare la Luna con la propaganda.