Domenicale, 20 agosto 2023
L’importanza della scarpa
Ogni scarpa una camminata. Ogni camminata una diversa concezione del mondo.
È una frase del monologo sulle generazioni giovanili pronunciato da Michele Apicella, il professore protagonista del film Bianca (1984) di Nanni Moretti, incarnazione delle nevrosi e delle ossessioni dello stesso regista. L’abbiamo ritagliata per un duplice spunto di riflessione. La scarpa è innanzitutto uno dei simboli della quotidianità più modesta, delle necessità concrete a cui non si bada molto, della stessa umiltà, vocabolo che ha alla base humus, quel terreno sul quale si inoltrano le scarpe. Non per nulla i piedi sono spesso (ed erroneamente) considerati un organo inferiore e non solo perché stanno in basso nel nostro corpo, ma anche perché usati come metafora
di pochezza intellettuale («ragionare coi piedi»).
In realtà, la scarpa consumata e normale è un silenzioso testimone di tanti percorsi; senza di essa non potremmo valicare sentieri sassosi, affrontare pellegrinaggi, spostarci con frequenza e senza rischi. È, dunque, il segno della stessa storia personale, tant’è vero che Alberto Savinio, il noto scrittore fratello di Giorgio De Chirico, non esitava a definirla «specchio dell’anima per cui bisogna diffidare della scarpa troppo lustra». Da qui discende la seconda riflessione, esplicitata dalla frase di Moretti. La scarpa è metafora del cammino della vita, è evocazione del passato (chi non ricorda la canzone «Vecchio scarpone»?), ma è anche tensione verso nuovi spazi e orizzonti. È una parabola della ricerca contro ogni tentazione di paralisi, di inerzia, di indifferenza.