la Repubblica, 20 agosto 2023
Ghepardiin India: fallito il piano per ripopolare la giungla
L’animale simbolo dell’India è la tigre, eletta da Rudyard Kipling a uno dei protagonisti del suo romanzo “Il libro della giungla”, accanto all’orso, alla pantera, al pitone e al bambino Mowgli. Nella giungla narrata dal grande scrittore all’epoca del British Raj, come era chiamato quell’immenso Paese al tempo dell’Impero britannico, correva tuttavia anche il ghepardo. Diventò una delle prede preferite dei cacciatori bianchi, tanto che quando nel 1948 Gandhi mise fine all’era coloniale, conquistando l’indipendenza, lo splendido felino maculato si era completamente estinto. Nel 2022 il premier Narendra Modi ha liberato personalmente nella foresta del Kuno National Park, un’enclave di 5mila chilometri quadrati, il primo di otto ghepardi importati dall’Africa, saliti a venti qualche mese dopo, scegliendo il giorno del suo compleanno per marcare l’evento come ennesimo esempio della rinascita nazionale portata avanti dal proprio governo, la cui ambizione è ricondurre l’India alla gloria pre-coloniale. Ma due anni più tardi il ripopolamento dei ghepardi sembra in crisi, se non fallito: una dozzina di animali sono morti, per salvare i superstiti è stato necessario trasferirli in un’area protetta recintata e sul programma piovono critiche da tutte le parti.
A ucciderli sono vari fattori: malnutrizione, infezioni alimentate dai monsoni, animali più grossi come leopardi e orsi, oppure iene che si muovono a branchi nello stesso territorio, cacciatori di frodo interessati alla loro pelliccia, contadini infuriati perché i ghepardi ne attaccano le pecore. Timori di questo tipo circolavano fra naturalisti e conservazionisti fin dall’annuncio del “Project Cheetah”, come si chiama il programma di ripopolamento (traduzione di ghepardo in inglese). Alcuni ammoniscono che sarebbe stato difficile reinserire il ghepardo in un habitat mutato rispetto a un secolo fa. Altri ricordano che in India ci sono altre specie a rischio di estinzione e sarebbe stato meglio concentrare sforzi e risorse su questi. Qualcuno sostiene che il ghepardo, pur presente in varie regioni dell’Asia nel remoto passato, non era più una specie indigena quando l’India divenne una colonia del BritishEmpire e che fu reintrodotto dai colonizzatori inglesi soltanto per divertirsi a cacciarlo. Infine ci sono proteste perché, per allargare lo spazio riservato ai ghepardi, sono stati spostati interi villaggi.
Oggi perciò molti criticano Modi, sottolineando che, nella sua campagna per il ritorno del ghepardo indiano, ha ignorato il parere degli esperti dando piuttosto ascolto ai suoi spin doctors, i pierre che lo aiutanoa usare ogni mezzo per esaltare il nazionalismo populista induista. «Il governo ha messo la vanità prima della scienza», accusa Jairam Ramesh, un ex-ministro dell’Ambiente del Congress Party, il principale partito di opposizione, che pure fu tra gli iniziatori del progetto quando era al potere.
Non manca chi continua ad appoggiare il programma. «Questo è il primo trasferimento intercontinentale di un carnivoro», dice Yadvendradev Jhala, ex direttore del Wi ldlife Insitute dell’India, l’associazione conservazionista che aveva collaborato a preparare il progetto ma poi ne è stata allontanata, «tutto il mondo ci guarda, non possiamo permetterci di fallire». Gli ottimisti notano che il reinserimento del ghepardo avrebbe un effetto positivo sull’ecosistema indiano e potrebbe ispirare programmi simili in altri Paesi, avvertendo che occorre pazienza: era previsto che circa metà dei ghepardi non sarebbero sopravvissuti al trasferimento e che ci sarebbe voluto tempo per fare arrivare la loro popolazione a un numero stabile di almeno 40 esemplari. I pessimisti ribattono che perfino i precedenti tentativi di ripopolare il ghepardo in altri Paesi africani, importandolo dalla Namibia (come ha fatto anche l’India), non hanno dato buoni risultati. Il felino più veloce della terra, capace di correre fino a 100 chilometri orari, è un animale delicato: farlo traslocare da una nazione all’altra, o peggio ancora da un continente all’altro, è difficile. Ciononostante, per adesso il premier Modi non fa marcia indietro dall’ambiziosa e costosa impresa di provare a riscrivere, per così dire, il libro della giungla, aggiungendo il ghepardo alla tigre Shere Khan, alla pantera Bagheera, all’orso Baloo e al pitone Kaa.