Corriere della Sera, 20 agosto 2023
Intervista a Pia Tolomei di Lippa, moglie di Giorgio Albertazzi
Ci sono compleanni che si celebrano anche quando gli anni non si compiono più.
«È stato così fin dalla prima volta: 20 agosto 2017, la prima festa per Giorgio – racconta Pia Tolomei di Lippa, nobildonna toscana, che di Giorgio Albertazzi, scomparso nel 2016, è stata la prima e unica moglie —. Da allora sono passati sette anni. Sette estati senza di lui, sette feste in suo onore».
Questa si annuncia speciale…
«Stavolta Giorgio, nato a Fiesole il 20 agosto 1923, avrebbe compiuto 100 anni».
A battere il secolo gli mancava poco. Da grande mattatore qual era, Albertazzi se ne è andato in una mattina di maggio, a 92 anni. Ancora bello, fascinoso, pieno di energia.
«Mi manca tantissimo. La nostalgia non muore, tanto meno l’amore» confessa lei.
Cosa accadrà quindi oggi?
«Qui alla Pescaia di Sticciano, la tenuta della mia famiglia, dove abbiamo vissuto, ci siamo amati, dove lui è morto, andrà in scena Un perdente di successo, stralci della sua autobiografia ristampata da Rizzoli, ma anche letture di sue poesie, ricordi di chi l’ha amato, un modo per ridargli la parola attraverso le voci di tre grandi attrici che con lui hanno lavorato, tre donne importanti della sua vita, Laura Marinoni, Mariangela D’Abbraccio, Elisabetta Pozzi».
Qualcuna di loro è stata anche di più. Non è gelosa?
«Lo sono stata, e moltissimo. Giorgio s’innamorava continuamente. E in più era molto bugiardo. Quando sono entrata nella sua vita, la storia con Pozzi era finita, ma D’Abbraccio è arrivata dopo. Giorgio l’aveva scelta per uno spettacolo sulle pagine erotiche di D’Annunzio dove lei, bellissima, appariva nuda… Li rincorrevo sugli spalti delle arene d’Italia. Lui negava, io sapevo. L’ho odiata profondamente Mariangela. Adesso è la mia migliore amica».
È stato lui a rompere quel legame?
«Giorgio non ha mai lasciato nessuna. Si faceva lasciare. Era un vile, voleva fossi tu a dire basta».
Ci ha provato anche con lei?
«Certo. Ma io non ho mai mollato. Ero la sua zavorra, lo seguivo ovunque. Le altre si stufavano, io no. Mi ha fatto piangere, è stato difficile ma bello. Tutte le sue donne, da Bianca Toccafondi e Anna Proclemer, erano dive. La sola fuori dal mondo del teatro sono stata io. Ragazza di campagna, tosta e cocciuta».
Strano incontro...
«A casa di un amico, dopo averlo visto recitare nell’Enrico IV. Prima di quella sera Giorgio per me era il dottor Jekyll televisivo che mi faceva paura. È stato un colpo di fulmine. L’inizio di una storia bella e strana mai finita».
«All’inizio male. Un uomo di spettacolo, seduttore, sempre in giro, più vecchio di mio padre… Ma quando gliel’ho fatto conoscere li ha conquistati tutti. A me ha cambiato la vita, mi ha dato fiducia in me stessa».
Cosa aveva di speciale per conquistarlo?
«Forse il mio nome. Lui, grande interprete di Dante, trovarsi davanti a una Pia de’ Tolomei… O forse il fatto che ero una fanciulla “bene”, di quelle che da ragazzo, figlio di capomastro, spiava da una finestrella affacciata sulla villa di Bernard Berenson. Potrei aver riaperto quel sogno di adolescente. Mi chiamava “contessa”. Mi arrabbiavo, mi sono sempre sentita una campagnola».
Alla fine vi siete sposati, ma per decidersi…
«Ce n’ha messo un po’. Ti sposo a primavera, mi ripeteva. Ne sono passate 26, alla fine le nozze sono state d’inverno, 12 dicembre. Non sapendo come vestirmi, mi sono presentata come al solito: a cavallo, giacca di fustagno e stivali. Lui che m’aspettava davanti alla chiesa è rimasto senza fiato. Aveva 84 anni, io 48. Mi chiamava “la mia intrepida maremmana”. O anche “l’angelo della mia vita”».
Genio del teatro, unico Amleto italiano all’Old Vic, imperatore Adriano per mille recite, ma anche uomo controverso. Il suo esser stato repubblichino dette scandalo.
«Aveva 22 anni! Non l’ha mai rinnegato, ma non era un fascista. Amava D’Annunzio non Mussolini. Politicamente uno strano animale, socialista, radicale, alla fine renziano. Dario Fo, suo amico e anche lui in ragazzo di Salò, lo chiamava “l’anarchico”. Credo sia la definizione giusta».
E lei, come lo definirebbe?
«L’uomo che amava le donne. Non solo quelle con cui è stato, le donne in generale. Gli uomini lo annoiavano profondamente».
Cosa le manca di più?
«L’intelligenza. E il suo odore. Gli piaceva mescolare i profumi, crearne uno suo, inimitabile. Mi manca ma è qua. Le sue ceneri sono in camera mia. Per salvare dai cani il suo divano ho messo un cancelletto in sala. Nessuno può passare da lì, eppure spesso trovo tutti i cuscini sparsi. Mi aspetto davvero di vederlo entrare da un momento all’altro».