la Repubblica, 20 agosto 2023
La crisi cinese
Nubi nere dalla Cina sull’economia mondiale. La crescita del Pil è molto bassa per quel Paese e continua ad essere rivista al ribasso (dal 5,4 al 4,8 negli ultimi mesi), i dati sull’import, sull’esportazione e sulla disoccupazione giovanile confermano le preoccupazioni. Il settore immobiliare, che pesa il 40% del Pil cinese, è sull’orlo di una crisi sistemica. Il rischio era evidente dal 2020, ma proprio ora il colosso immobiliare cinese Evergrande ha presentato domanda di protezione dai creditori Usa (Chapter 15).Il primo costruttore edile della Cina Country Garden sta seguendone le orme e il fondo Zhongrong, che l’ha finanziato, sta rischiando l’insolvenza. La Banca centrale e le autorità di mercato cinesi stanno tentando di contenere la crisi e i mercati osservano con preoccupazione.Il modello di business immobiliare cinese in generale, tuttavia, sta entrando in crisi. Secondo questo modello le società immobiliari o di costruzioni prendevano nuovo debito per finanziare lo sviluppo. Il debito a sua volta veniva rimborsato vendendo appartamenti alla classe media. Lo spazio abitativo medio in Cina era così cresciuto da 7 a quasi 50 metri quadri pro-capite e ha costituito una delle basi del “sogno cinese” promosso dal presidente Xi. Ma quando la crisi della classe media ha iniziato a mordere, le vendite di immobili hanno ovviamente rallentato e i debitori non sono più riusciti a ripagare le cedole del debito. Come ha affermato l’economista dell’Università di Harvard, Kenneth Rogoff, siamo dunque di fronte a un super-ciclo del debito che necessita presto di correttivi per non esplodere. IlWall Street Journal ha addirittura parlato del rischio di un “momento Lehman”, capace di propagarsi ai mercati finanziari globali.Per quanto sia approssimativo leggere la realtà per semplificazioni, la crisi è dovuta alla cattiva regolamentazione che ha generato un’economia incapace di gestire i momenti difficili. La crisi è partita dalla classe media, anche falcidiata dalle politiche zero-Covid, si è quindi propagata al debito eccessivo delle società immobiliari e di costruzioni, rischia di retroagire sulla classe media. A fronte di questo quadro, si può ritenere che la Cina sia economicamente distante e che si tratti tutto sommato di un problema interno di quel Paese. Al contrario, le cose non stanno in questo modo e il problema, se scappasse di mano, diverrebbe presto una valanga globale.Iniziamo col dire che la Cina è un grande acquirente di Treasury bonds americani e che questi acquisti nell’anno in corso si sono già ridotti del 12 per cento a causa della crisi. I grandi colossi cinesi dell’immobiliare, peraltro, si sono indebitati anche in dollari a Wall Street e la richiesta del Capitolo 15 su quel mercato vuole proprio isolare gli attivi di queste società dai creditori internazionali. Inoltre, le minori importazioni cinesi provengono principalmente dall’Europa e dagli Usa.Se la crisi dovesse aggravarsi, dunque, le conseguenze sull’economia mondiale sarebbero severe, sia sul piano del debito sia sul piano della crescita. In Europa, Paesi come la Germania, che esportano molto verso la Cina, sarebbero probabilmente colpiti più di altri, ma la mancata crescita tedesca si propagherebbe presto all’Italia. In un quadro cinese di minor crescita, si capisce peraltro come mai la Cina stia spostando lo scacchiere della competizione con gli Usa dall’arena economica a quella politica, come stiamo osservando in Medio Oriente o nella crisi Ucraina.È evidente quindi che nessun Paese è un’isola, ma ci troviamo tutti in un arcipelago, complesso ma comunque interconnesso. E che misure spesso apparentemente microeconomiche come le restrizioni Usa agli export anche indiretti di microprocessori verso la Cina finiscono per ritorcersi contro chi le impone. Insomma, la potenziale crisi cinese, della crescita e dell’immobiliare, finisce per essere un test per la globalizzazione e le posizioni aperturiste, come quelle del Segretario al Tesoro Yellen, sono probabilmente più assennate di quelle neo-protezioniste quanto meno nel lungo termine.Naturalmente la Cina, sinora, ha sempre saputo gestire in autonomia le proprie difficoltà. Gli interessi cinesi in questo campo sono allineati con i nostri. La natura dirigista di quel Paese in qualche modo facilita interventi di stabilizzazione dal centro. Ma la natura sistemica delle difficoltà e dei rimedi rende il quadro molto incerto e la situazione cinese, più che mai, va tenuta sotto attenzione