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 2023  agosto 19 Sabato calendario

L’indice dei nomi nella guerra di Spagna

L’indice dei nomi. Nella saggistica, al pari delle note (preferibilmente a piè di pagina), è prezioso; fondamentale. Molte case editrici, anche prestigiose, sempre più fanno economia di questo fondamentale strumento di orientamento, vero e proprio baedeker per studiosi e appassionati. La brigata delle ombre del professor Antonio Di Grado per fortuna ne è provvisto. Sia lode a lui e alla casa editrice che con evidente cura e amore pubblica questo ammaliante viaggio nella cultura che ha per sfondo la guerra civile spagnola: libro fatto di mille altri libri.
Scorretelo, quell’indice: si comincia con il poeta Rafael Alberti, appare poi Max Aub; non poteva mancare Manuel Azana, con lui Georges Bernanos: scrittore cattolico che si scaglia contro Franco e le gerarchie che lo sostengono; anarchici come Camillo Berneri e Buenaventura Durruti, Federico Garcia Lorca, naturalmente; Giuseppe Antonio Borgese, uno della pattuglia che non giura fedeltà al fascismo e chissà perché lo si dimentica sempre; Aldo Garosci, Albert Camus, Robert Capa, John Dos Passos ed Ernest Hemingway, Arthur Koestler, André Malraux, George Orwell, Pedro Salinas, Miguel Unamuno… Certamente non poteva mancare Leonardo Sciascia che della Spagna è innamorato almeno quanto della Francia, e alla tragedia di quella guerra civile ha dedicato uno splendido racconto, L’antimonio (Sciascia credo sia il più citato di tutti, testimonianza dell’affetto di Di Grado: non per caso da Sciascia voluto tra i responsabili della Fondazione che porta il suo nome).
Poi le splendide figure di donne, relegate in secondo piano quando non dimenticate, giustamente «recuperate»: la sfortunata compagna di Capa, Gerda Taro; Mercé Rodoreda e Costancia de la Mora, scrittrici di grande qualità e di cui si è smarrito il ricordo. Annota Di Grado: «Stupisce che un libro così ricco di informazioni, di gustosi ritratti, di attenzione squisitamente femminile a quei sentimenti individuali e collettivi che gli storici trascurano, e a quell’impasto di trepidazione e d’angoscia, di febbrile attesa e lugubri rintocchi ch’è la cifra della Spagna in guerra, non sia stato ripubblicato e non venga mai citato, se non fuggevolmente da Sciascia…». Ma analoga trascuratezza patiscono Memorie di Spagna, di Elena Garro, o La mia guerra di Spagna e La miliziana di Mika Feldman, e quanti altri se ne possono citare.
Trecento pagine di libri e di storie, di memorie e personaggi a volte guasconi, malinconici, sognatori afflitti dal fatalismo imposto dal fare «la cosa giusta» vada come vada, perché a fianco (meglio: dietro, quasi mai davanti) ci sono altri personaggi, infidi e profittatori per vocazione e professione. Quella guerra sanguinosamente combattuta a Madrid e a Barcellona, a Belchite, sull’Ebro e a Guadalajara, è uno spartiacque che prepara e anticipa il successivo orrore della seconda guerra mondiale. E si coglie un abile rimando di De Grado tra gli eventi di un passato recente e un presente che di quel passato ha smarrito memoria, ne ripete gli errori, le indifferenze, le viltà.
Nel bel dipinto di José Mirò scelto per illustrare la copertina si legge: «Aidez l’Espagne». Oggi chi aiuta Kijv, ma anche le donne iraniane, i dissidenti afgani, e i mille luoghi di lotta e sofferenza, per non soccombere a chi ancora, per programma ha quel «Viva la morte!» contro cui si rivolta Miguel de Unamuno. «… Voi vincete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta…». Ragione e diritto, appunto: oggi, ieri, sempre; nonostante.
Antonio Di Grado, «La brigata delle ombre», La Nave di Teseo, pp.304; 22 euro