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 2023  agosto 19 Sabato calendario

Ladri geniali

Questa è una storia che comincia nella notte dei tempi, quando – stando alla Bibbia – Dio consegnò a Mosé due tavole di pietra, con su scritto un perentorio “non rubare”. Alessandro Moriccioni è un saggista romano, classe 1980. Non dev’essere stato facile selezionare il materiale per il suo nuovo, appassionante lavoro, appena pubblicato da Newton Compton, I ladri, i furti e le truffe più celebri della storia. Un libro frutto di molta ricerca, e ricco di dettagli, che racconta la storia del furto, atto sempre contrario alle regole sociali, dettato dal bisogno, oppure da impulsi patologici.
Si parte dall’antica Roma: «Se ti rechi a cena senza aver fatto testamento», scriveva Giovenale, «potresti esser considerato uno sciocco ed uno sconsiderato», poiché ladri, assassini e criminali nella notte erano in agguato. Fu Augusto a proporre, per primo, una soluzione al problema, emanando il divieto di portare con sé delle armi. Ma anche in mare c’era il rischio di essere aggrediti dalle navi pirata. Fu il generale Pompeo a «metterci una pezza». Plutarco racconta quando fu catturato dai corsari persino Giulio Cesare.
TRACCE
L’autore fa chiarezza sul personaggio di Robin Hood, prototipo del ladro che ruba ai ricchi per dare ai poveri, di cui però «non esistono vere e proprie tracce storiche». Gran parte della leggenda tramandata sino a noi passa per un libro illustrato di Howard Pyle, del XIX secolo, sul personaggio romantico che ha ispirato film e romanzi. Si resta nell’Inghilterra del 1303, quando un tizio chiamato Richard di Pudlicott mette in piedi una rapina in stile Ocean’s Eleven, facendo sparire centomila sterline (equivalente a 623 miliardi di oggi) dalle casse di re Edoardo I. Si racconta l’impresa pazzesca di Thomas Blood, che ruba i gioielli della Corona nella Torre di Londra, nell’aprile del 1671. Anche Barbanera ha un posto di primo piano: il capitano inglese Edward Thache diventa una vera leggenda, «paragonabile a un mostro marino per quanti navigavano nei mari da lui infestati nel XVIII secolo». Un uomo che appariva invincibile: «Indossava un cappello di pelliccia, un cappotto lungo e nero alla Matrix, degli stivaloni di pelle e una specie di bandoliera con sei pistole infilate pronte all’uso. Sembrava temibile e terrificante».
BANCHE E TRENI
Ma le pagine più belle sono dedicate all’arte del raggiro. Come la truffa ordita da Jeanne de Valois, «figlia di un nobile decaduto e di una serva piuttosto allegra», che vive molto al di sopra dei propri mezzi. Poco prima della Rivoluzione francese – come racconta anche Stefan Zweig – raggira due gioiellieri e un cardinale fingendosi intermediaria della regina Maria Antonietta. Faranno tutti una bruttissima fine. In tempi più moderni spiccano le storie di Jesse James – autore nel 1866 della prima rapina in banca della storia – della leggendaria coppia Bonnie & Clyde, di Butch Cassidy, mitico capo della “banda del buco nel muro”, rapinatore di banche e di treni, con il suo Mucchio Selvaggio.
Molti ladri cercano di giustificare i propri crimini, adducendo “nobili ideali” (come se questo fosse possibile): è il caso dell’anarchico Alexandre Marius Jacob (1879-1954), appassionato lettore di Jules Verne. C’è poi un altro pioniere, si fa per dire, Jules Joseph Bonnot, inventore della rapina in automobile (1876-1912), da cui deriva un mito sfociato persino nei moderni film della saga Fast & Furious. C’è poi l’uomo che rubò la Gioconda nel 1911, Vincenzo Peruggia, furto che fece diventare celebre l’opera di Leonardo (prima, l’ammiravano in pochi). E poi Victor Lustig che (sembra una scena di Totòtruffa) arrivò a vendere la Torre Eiffel.
LO SCHEMA
Molte truffe di oggi derivano da quella ideata da Charles Ponzi (1882-1949), uno “schema” di scatole vuote che sembrano piene e che ha fatto anche la fortuna (e poi la disgrazia) di Bernard Madoff, il finanziare che truffò anche Steven Spielberg e morì in carcere nel 2021, mentre scontava la bellezza di 150 ergastoli. Doris Payne è invece una ladra con la mania dei gioielli, oggi 92 enne: celebre il suo colpo a Monte Carlo, un anello con un diamante tagliato a smeraldo della bellezza di 10 carati e mezzo, del valore di oltre 2 milioni di euro. Ma la palma del furto con destrezza va al Lupin della Riviera, il savonese Renato Rinino (1962-2003), che nel 1994 penetra nelle stanze di Buckingham Palace (e per la precisione in quella dell’attuale re, Carlo): «Iniziò ad arraffare quanto più poteva; gioielli, orologi, scatolette varie di grandissimo valore e, forse, addirittura dei gemelli realizzati da Peter Carl Fabergé». Qualcuno favoleggia che rubò anche le lettere di Camilla Parker-Bowles.