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 2023  agosto 19 Sabato calendario

Il mistero degli chef che s’ammazzano

L’ultimo si chiama Riccardo Zebro. Era chef, aveva 34 anni, veniva da Cassina De’ Pecchi, provincia di Milano. Lo hanno trovato morto nel suo appartamento di New York nella notte tra il 15 e il 16 agosto. Come è successo? Non si sa, pare che non ci siano indagini aperte, ma le agenzie parlano di «circostanze misteriose». Era arrivato a New York dieci anni fa, con il sogno nel cassetto. Riccardo Zebro era diventato Executive Chef nei ristoranti famosi della Grande Mela. Prima al San Carlo Osteria Piemonte a Soho. Cucina piemontese, il vitello tonnato e i risotti alle nocciole e alle rane, il tartufo. Sei anni fa entra nello staff del Sant’Ambroeus, nel West Village, il celebre ristorante fondato a Milano nel 1936 che oggi ha diversi locali in Italia e all’estero. Risotto giallo, cotolette, gelati. Sono i luoghi dove vanno i personaggi famosi, Zebro aveva cucinato per Jovanotti, sul suo account Facebook ci sono una foto con Zucchero e una con Robert De Niro. Chef Executive nelle terribili e militaresche gerarchie delle cucine dei grandi ristoranti è sinonimo di successo. Chef sta a cuoco, come emigrante sta a espatriato di successo. La parola stessa “Chef” va di pari passo con l’orgia culinaria del nuovo millennio, dove non si mangia per sfamarsi, ma per provare un’esperienza. È una parola che ha plasmato l’immaginario e che ha cambiato la percezione del cibo.
Quante storie, quante passioni, quanti film ispirati all’ossessione per il piatto perfetto, quando i cuochi diventano chef e la cucina diventa un’arte. Dalla raffinata sfida de Il Pranzo di Babette, al meraviglioso Julie & Julia di Nora Ephron con Meryl Streep dietro ai fornelli per preparare 524 ricette in 365 giorni, passando per Chocolat, al Sapore del Successo passando per il topolino di Ratatouille. Commedie e divertimento, ma anche cucine forsennate, quelle di Hell’s Kitchen e dei vari Masterchef, dove la ricerca della perfezione diventa ossessione e la pressione per il piatto inimitabile si fa insopportabile.
L’alta cucina esige il suo prezzo, e quando si lavora a quei ritmi a farne le spese è la vita privata. Anthony Bourdain, si era ucciso in una stanza d’albergo a Kayserberg, in Francia. La sua vicenda è stata raccontata in un libro, contestato, dove si parlava anche dei presunti tradimenti della sua compagna Asia Argento. Bourdain era diventato un guru, chef americano famosissimo, volto televisivo: beveva troppo, viveva a mille, non ce l’ha fatta. E come lui tanti altri.
Sull’account Facebook di Riccardo Zebro un ragazzo ha scritto: «Voglio lavorare con te e se mi dai una possibilità ti dimostrerò che sono un uomo che lavora sodo, non ti vergognerai mai del fatto che lavoro 24 ore al giorno. Pronto a far quello che vuoi, sono qui per te adesso». Si deve lavorare 24 ore al giorno, per diventare grandi chef? Sono state fatte ricerche sulle morti degli chef e diversi studi hanno indicato che il mestiere in cucina è tra i più a rischio depressione. Il mondo dorato ha il suo lato oscuro, un’isola nera grandissima a stare alle statistiche, che parlano del 95% di depressi nelle grandi cucine.
In Italia Luciano Zazzeri, famoso chef del ristorante “La Pineta” sulla spiaggia di Marina di Bibbona (Livorno) si è tolto la vita nel 2019. Aveva 63 anni e aveva ottenuto la Stella Michelin nel 2006. Altri due stellati non hanno retto alla pressione: Franco Colombani, chef della Locanda del Sole di Maleo (Lodi) nel biglietto di addio scrive di voler essere sepolto con la sua divisa da chef. E Sauro Brunicardi de “La Mora”, in provincia di Lucca, che si è fatto scivolare nel fiume Serchio. Una delle vicende più incredibili è quella di Benoît Violier, 44 anni, chef franco-svizzero dell’Hotel de Ville di Crissier, Losanna, tre stelle Michelin che si sparò nella sua casa, dopo esser stato appena nominato miglior cuoco al mondo da La Liste, versione francese dei 50 best. E questa storia di ossessione ci porta diretta al primo cuoco suicida della storia, François Vatel, che nel 1671 si uccise dopo aver atteso invano per ore del pesce fresco per una cena nel castello di Chantilly con ospite d’onore Luigi XIV.
La maledizione degli chef è una balla mediatica, ma certo la cronaca parla di morti sospette, circostanze misteriose, fatti particolari, oltre che semplici incidenti e sfortune. Eccone alcune, elencate così, senza una logica. Nel 2021 lo chef di Cipriani Dolci a New York Andrea Zamperoni, 33 anni, originario della provincia di Lodi, viene ritrovato senza vita avvolto in una coperta in un ostello di New York, nel Queens sulla 77esima strada. Una vicenda controversa in cui si è parlato di overdose e incontri di sesso finita con l’arresto della donna che gli aveva procurato la droga. Sempre nel 2021 il trentenne Matteo Padovano, originario di Vasto in Abruzzo, muore a Berlino dove lavorava come chef. Un anno dopo nel 2022 ancora in Germania due ristoratori italiani Gianni Valle e Rosario Lamattina che avevano aperto due locali a Stoccarda, erano stati trovati senza vita in un caso di omicidio-suicidio. Nello stesso anno Mario Ferrari, 31 anni, giovane promessa della cucina italiana all’estero, originario di Chieti, muore cadendo dalle scale antincendio del ristorante in cui lavorava a New York: aveva finito il turno e stava rientrando a casa. Tornava a casa dopo il lavoro in una rassegna estiva di food&wine anche lo chef stellato, fra i più geniali e creativi, Alessandro Narducci, 29 anni investito mortalmente da un’auto pirata sul lungotevere a Roma mentre era sul suo scooter assieme a un’altra giovane chef Giulia Puleio, 25 anni, anche lei uccisa. Leggendo questa lista di sfortunati eventi viene da pensare alla saggia scelta di Ferran Adrià che dopo 28 anni di eccelsa e inimitabile attività, il 30 luglio del 2011 ha chiuso per sempre il suo El Bulli. Era il ristorante più famoso del mondo, oltre alla perfezione c’è solo il baratro del niente. —