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 2023  agosto 19 Sabato calendario

Il punto sul mattone cinese

il colosso immobiliare cinese Evergrande ha presentato negli Stati Uniti istanza di «protezione dal fallimento». In pratica ha chiesto di bloccare eventuali iniziative da parte dei creditori in modo da poter completare il piano di ristrutturazione del suo debito da 340 miliardi di dollari. Il rischio è una riedizione del caso Lehman. 
La crisi immobiliare cinese spaventa i mercati. Il colosso Evergrande ha presentato ieri negli Stati Uniti istanza di protezione dal fallimento secondo il cosiddetto Chapter 15. La società ha cioè chiesto di bloccare eventuali iniziative dei creditori in modo da poter completare il piano di ristrutturazione del suo debito da 340 miliardi di dollari, somma pari al 2% del Pil cinese. L’annuncio non è di per sé uno choc perché il default di Evergrande risale a fine 2021. Arriva però in un periodo di tensione sul mercato, innervosito da una sequela di notizie preoccupanti che, secondo il Wall Street Journal, sta portando gli investitori a domandarsi se per Pechino sia giunto il «momento Lehman».
I crac immobiliari
Pochi giorni fa, infatti, il maggior costruttore privato di case del Paese, Country Garden, non ha pagato per tempo le cedole su alcune obbligazioni collocate all’estero, alimentando le speculazioni sulla tenuta del suo debito da 200 miliardi di dollari. Sarebbe l’ultima in una lunga serie di insolvenze in Cina, dove in un anno e mezzo sono falliti due terzi degli sviluppatori immobiliari privati. Il susseguirsi di default sta accrescendo il timore che lo scoppio della bolla immobiliare possa squassare il sistema creditizio e quindi l’economia di Pechino. Cresce cioè l’apprensione per una riedizione in salsa asiatica del crac della banca americana Lehman Brothers che diede il la in Occidente alla grande crisi finanziaria del 2008.
La frenata economica
La ripresa dell’economia cinese dopo la pandemia è stata meno ruggente delle attese: le esportazioni sono calate per via dei contrasti geopolitici, il crollo dei consumi ha causato una deflazione e la disoccupazione giovanile ha toccato il massimo storico, tanto da spingere le autorità a interrompere la pubblicazione del dato. Risultato: ieri la banca giapponese Nomura ha tagliato le previsioni di crescita della Cina per il 2023 dal 5,1 al 4,6%, parlando di una «spirale negativa» che solo un intervento deciso del governo di Xi Jinping può arrestare.
I rischi di contagio
Il primo settore a risentire di queste difficoltà è stato l’immobiliare che negli ultimi decenni ha gonfiato e cavalcato il boom economico del Dragone. Gli sviluppatori hanno prosperato vendendo appartamenti ancora incompleti per finanziarne la costruzione. Il modello si è inceppato quando le famiglie hanno smesso di comprare case, facendo mancare a Evergrande & co i fondi necessari a concludere i progetti e ripagare i debiti. La loro crisi rischia di propagarsi, con un effetto domino. Il settore immobiliare rappresenta circa il 30% dell’attività economica cinese. Dalla vendita dei terreni edificabili dipende poi gran parte degli introiti delle province cinesi, su cui pende un debito di 9.000 miliardi di dollari, oltre quattro volte il Prodotto interno lordo italiano. Soprattutto, il settore immobiliare è intrecciato con il sistema finanziario. Una quota significativa del debito dei costruttori cinesi è in pancia ai trust, sorta di fondi di investimento. Di recente, uno di loro, il gigante Zhongzhi, ha smesso di pagare migliaia di clienti. Il ritardo ha sollevato il sospetto che i malanni dell’edilizia stiano contagiando queste «banche ombra» che gestiscono quasi 3.000 miliardi.
Il monito di Biden
I segnali di allarme si stanno insomma moltiplicando tanto che il presidente americano, Joe Biden, ha definito l’economia cinese «una bomba a orologeria». Per schivarla, gli investitori stanno vendendo le azioni cinesi: da inizio anno, così, la Borsa di Hong Kong ha perso il 21%. Alla luce dell’interconnessione dell’economia e della finanza cinese con il mondo, però, nessun Paese può considerarsi del tutto al sicuro e anche la Borsa di Milano ieri ha chiuso in rosso dello 0,4%.