il Giornale, 18 agosto 2023
Biografia di Ringo Starr
Cosa può restare da scrivere sui Beatles che non sia già stato abbondantemente detto? Difficile trovare un tema che negli ultimi cinquant’anni sia stato fatto oggetto di maggiore attenzione. Forse solo l’esistenza di Dio, ma con minore entusiasmo, senza cadere nel tranello in cui si infilò a piedi pari John Lennon quando dichiarò che i Beatles erano ormai più popolari di Gesù Cristo.
Dei quattro ragazzi di Liverpool che davvero cambiarono il mondo, quello meno sotto i riflettori resta Ringo Starr, al secolo Richard Starkey. Nato nel 1940, era già un musicista di discreta fama quando i Beatles decisero di rimpiazzare Pete Best, il loro primo batterista. Di lui si sa già vita, morte si fa per dire, considerato che è ancora in ottima forma e miracoli, ma Quattro anelli tra le dita (Arcana, pagg 155, euro 15) di Roberto Paravagna, ha il pregio di essere una biografia che cerca di sondare con passione la personalità dell’uomo più che del musicista.
Figlio della classe operaia di Liverpool, con un’infanzia non molto serena per i continui problemi di salute, Ringo, così chiamato per il vezzo di portare anelli vistosi, è sempre stato il volto «simpatico» della band, ma pure quello propenso a forti sbalzi di umore. L’americana Chris O’Dell proprio quella a cui George Harrison dedicò il brano Miss O’Dell lavorò per qualche anno come segretaria alla Apple e finì per stringere una profonda amicizia con George e Ringo e pure con le rispettive mogli.
Se vi va di leggere un resoconto lucido, scanzonato e pure commovente degli anni finali del sogno Beatles, pochi libri vi appassioneranno come il suo Miss O’Dell I miei anni rock and roll (Caissa Italia). Il ritratto di Ringo che ci ha fatto non lascia spazio ai dubbi. «Nel complesso, per come l’ho conosciuto io, Ringo può essere scontroso ma pure gioioso. Per lo più, ha un atteggiamento molto positivo ed è una persona affabile, garbata e dotata di grande senso dell’umorismo. Si stizzisce e si adombra? Certo, come chiunque altro».
Dei quattro di Liverpool, fu certamente quello che lo scioglimento dei Beatles mise maggiormente in crisi. Chris O’Dell se lo ricorda bene. «Giusto l’altro giorno guardavo la prima parte del film Get Back che illustra la situazione del momento. Ringo non sapeva bene quale fosse la sua posizione in seno alla band e, comunque, era stato il primo a lasciarla durante le session del White Album. Quando i Beatles registrarono Let it be, se ne rimase un po’ in disparte, assumendo una posizione neutrale. Ma lo vedevo intromettersi di quando in quando e fare da mediatore. C’era grande pressione e non è che si presentasse tanto spesso negli uffici della Apple dove io lavoravo».
Sorprendente, trattandosi di un uomo che, ancor più dei tre compagni, negli anni Settanta e Ottanta fu un assiduo frequentatore del jet set insieme alla seconda moglie, Barbara Bach.
Ma la O’Dell non vacilla. «La prima moglie, Maureen, è stata una delle mie migliori amiche a partire dal 1969 e mi ha parlato spesso della difficoltà di essere la compagna di un Beatle. Le loro donne non andavano mai in studio, un luogo di lavoro quasi sacro. Famiglia e lavoro erano rigorosamente separati e Maureen si concentrava soprattutto sui loro figli, ma aspettava il ritorno a casa di Ringo alla sera e si accertava che per lui ci fosse sempre qualcosa da mangiare».
In Quattro anelli tra le dita troverete anche qualche aneddoto interessante, come quando Ringo riuscì a convincere Frank Sinatra a cantare un pezzo e a registrarlo per farne dono a Maureen, una grande fan di The Voice, in occasione del suo compleanno. E le doti di persuasione e mediazione devono essere una sua prerogativa naturale, considerato che, nei momenti di maggiore tensione, era spesso Ringo ad annodare legami sempre più sfilacciati. Altrimenti, dubito che sarebbe riuscito a tenere in piedi la sua All-Starr Band, un supergruppo che, nel tempo, ha potuto contare su personalità come Joe Walsh, Levon Helm, Clarence Clemons, Billy Preston, Steve Lukather, Dr. John, Peter Frampton, solo per citarne qualcuna.
Non sono sempre state rose e fiori nemmeno per un uomo bonario come lui, in una posizione scomoda all’ombra della storia.
Il periodo fece certamente la sua parte, come ci ricorda la O’Dell. «Alcol e droghe erano frequentatori quotidiani della cultura giovanile del tempo e del mondo della musica. I musicisti sono persone sensibili e alcol e droga alleviano l’ansia e stimolano le relazioni e la creatività. Negli anni Sessanta, ancora non facevamo uso di droghe pesanti e non c’era grande consapevolezza dei problemi che alcol e droghe provocavano. Le cose peggiorarono.»