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 2023  agosto 18 Venerdì calendario

Il caffè conquista i cinesi. E il prezzo aumenterà

Il «Tall latte» servito da Starbucks ha poco a che vedere con la tazzulella ‘e caffè che si beve a Napoli dopo pranzo (e che pure in carcere «sanno fa», come cantava De André), ma presto il cambiamento climatico e un’impennata dei consumi potrebbero cambiare il gusto di entrambi, ridurre le quantità disponibili e far schizzare il prezzo.
Il caffè è la seconda bevanda più diffusa al mondo dopo l’acqua e, negli ultimi trent’anni, il suo consumo è quasi raddoppiato. In questa crescita c’entra anche la Cina: se fino a oggi l’abbiamo associata al tè, ora le tazzine di ceramica si riempiono sempre più di «Americano», «macchiato» o «Espresso». Come spiega il Financial Times, Starbucks prevede di aprire in Cina una caffetteria ogni nove ore per raggiungere novemila punti vendita in tutto il Paese entro il 2025, mentre i marchi come Lavazza e Tim Hortons sono in competizione per attirare clienti a Pechino. Entro il 2050, si prevede che il consumo globale raggiunga i 6 miliardi di caffè al giorno (due volte quelli che beviamo oggi) e, come riporta il Ft, stando al Columbia Center on Sustainable Investment, entro il 2030 avremo bisogno del 25 per cento di chicchi in più, con un considerevole aumento di prezzi.
Tra trent’anni
Entro il 2050 il consumo mondiale raggiungerà i 6 miliardi di tazzine al giorno
Tutti lo vogliono, ma già oggi ne beviamo più di quanto ne produciamo. A questo si aggiunge il clima che, con il riscaldamento globale (reso più intenso da El Niño), mette in difficoltà i coltivatori ponendo le basi per un crollo dei raccolti. «Al caffè piace il clima perfetto», ha detto Jennifer Long, amministratore delegato del World Coffee Research institute, come riportato dalla testata londinese. Per questo, con l’aumento delle temperature, molte delle attuali aree di coltivazione di Arabica e Robusta diventeranno meno idonee nel tempo. Spostare le piantagioni è un’opzione? Non proprio. Già oggi, a soffrire sono soprattutto i coltivatori: il rischio ricadrebbe per il 75 per cento su di loro, per la maggior parte piccoli agricoltori, perlopiù donne. La soluzione sarà un ripensamento del prezzo e tanta ricerca per rendere le piantine più resistenti.