La Lettura, 6 agosto 2023
La Nursery stellare dove nascono i Soli
Ovunque guardi, il telescopio spaziale James Webb della Nasa rivela una nuova geografia del cosmo. Da un anno il suo occhio scandaglia regioni celesti inedite o conosciute solo in parte e in ogni caso riesce a cogliere una realtà prima invisibile. «Scrutando le nubi di polvere e osservando per la prima volta la luce di angoli lontani dell’universo è riuscito a trasformare la visione cosmica da parte dell’umanità – ha sottolineato Bill Nelson, l’amministratore dell’ente spaziale americano —. Ogni immagine che arriva è una scoperta, che consente agli scienziati di tutto il mondo di porre (e rispondere a) domande che un tempo non avrebbero mai potuto nemmeno sognare».
Una dimostrazione eloquente è fornita proprio dall’impressionante fotografia diffusa per celebrare il primo compleanno. Il grande occhio all’infrarosso è distante un milione e mezzo di chilometri dalla Terra e funziona alla temperatura di 230 gradi sotto zero: ha scrutato un angolo di cielo a 390 anni luce battezzato Rho Ophiuchi. L’area è molto importante perché è la nursery stellare più vicina alla Terra.
Qui, tra le nubi polverose, il telescopio ha rivelato una popolazione di 50 giovani stelle della taglia del nostro Sole o più piccole. Attorno, nelle zone più scure che sono anche le più dense, una polvere spessa fa da bozzolo alle protostelle ancora in formazione da cui nasceranno altri sistemi solari analoghi al nostro. A dominare l’immagine, però, sono enormi getti di idrogeno molecolare colorati di rosso. Questi si sprigionano quando una stella sta nascendo e per la prima volta esce dal nucleo originale di polvere cosmica. I getti contrapposti appaiono come le braccia di un bimbo che si affaccia al mondo al momento della nascita.
Nello stesso tempo l’occhio del Webb Telescope ha messo in evidenza l’unico astro (S1) più massiccio del nostro Sole presente nella zona, e capace di scavare intorno una grotta di polvere incandescente. «Proprio questa immagine di Rho Ophiuchi – ha sottolineato Klaus Pontoppidan, Webb project scientist allo Space Telescope Science Institute in Baltimore, nel Maryland – ci permette di osservare con incredibile chiarezza un periodo molto breve che caratterizza il ciclo di vita stellare. Anche il nostro Sole ha vissuto una fase simile, molto tempo fa, ed ora grazie alla potenza del Webb Telescope abbiamo avuto la possibilità di rivedere su un’altra stella questa delicatissima fase iniziale dell’evoluzione di un astro».
Il meraviglioso osservatorio lanciato nello spazio la notte di Natale del 2021 e nato con la collaborazione anche delle agenzie spaziali europea Esa e canadese Csa, ha dimostrato subito la possibilità di cogliere inattesi nuovi panorami.
L’impresa è costata dieci miliardi di dollari (e molti ritardi), ma le nuove tecnologie sviluppate per penetrare le profondità dell’universo hanno dato concretezza alle speranze sin dalle iniziali immagini sperimentali. I primi fotogrammi raccolti furono talmente eccezionali da essere presentati alla Casa Bianca al presidente Joe Biden assieme alla vicepresidente Kamala Harris.
Le aspettative hanno continuato a soddisfare gli astrofisici nel primo anno di attività sino ad arrivare all’impressionante ripresa delle mostruose, variopinte nubi di Rho Ophiuchi: le capacità del telescopio James Webb sono addirittura superiori alle più rosee aspettative e promettono scoperte sempre più interessanti. Il primo elenco dei risultati sta riscrivendo molti manuali di astronomia. È in particolare l’analisi degli spettri della luce infrarossa raccolta dal portentoso strumento a continuare la rivoluzione nelle conoscenze avviata dal predecessore telescopio Hubble. Proprio gli spettri così raccolti hanno favorito il calcolo esatto nella ragnatela della geografia cosmica delle distanze delle galassie più remote finora osservate e l’individuazione dei primi e più lontani buchi neri supermassicci.
Non solo. L’obbiettivo, puntato su alcuni pianeti che orbitano attorno ad alcune stelle della nostra isola stellare, ha permesso di compilare per la prima volta un catalogo dei tipi di atmosfere presenti attorno ad essi. In questo modo negli astri delle nursery cosmiche e nei dischi di polvere dai quali si stanno formando nuovi esopianeti, si è colta la presenza di acqua e di molecole organiche con carbonio. Ne sono seguiti centinaia di articoli scientifici. Quando, infine, Webb Telescope si è soffermato sulle regioni più vicine del nostro sistema solare, ha aperto la via ad altre preziose rivelazioni. Infatti il confronto tra i rilevamenti dell’acqua e di altre molecole sulle «nostre» Lune e pianeti e quelli di altri sistemi solari potrebbe aiutare a decifrare il grande mistero irrisolto della vita sulla Terra. E, forse, su altri corpi celesti.