Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 15 Martedì calendario

In morte di Francesco Alberoni

Francesco Alberoni è morto, ieri sera, a Milano. Il sociologo, giornalista e scrittore aveva 93 anni. Era ricoverato da alcuni giorni al Policlinico. Alberoni soffriva di problemi di natura renale.
Può l’amore, questione intima e privata, essere oggetto d’indagine sociologica? Francesco Alberoni, scomparso all’età di 93 anni, lo ha dimostrato per primo, traendone un successo internazionale e meritandosi l’appellativo di sociologo dell’amore. O meglio, dell’innamoramento, perché non vi è dubbio che la sua preferenza sia andata a questo movimento, capace di «infondere negli individui un’energia straordinaria», anche se inevitabilmente destinato a finire, lasciando nella migliore delle ipotesi l’amore.
Nella sua lunga carriera – era nato a Borgonovo Val Tidone (Piacenza) il 31 dicembre 1929 – Alberoni è stato professore di Sociologia alla Cattolica di Milano dal 1964, rettore dell’Università di Trento negli anni caldi della contestazione studentesca tra il 1968 e il ’70, e poi ancora professore all’Università di Catania e alla Statale di Milano. Nei suoi studi aveva toccato i fenomeni del divismo in L’élite senza potere (1963), dell’immigrazione in Contributo allo studio dell’integrazione sociale dell’immigrato (1960) e del consumismo in Consumi e società (1964).
Nel 1997 è stato tra i fondatori dell’Università Iulm di Milano e primo rettore fino al 2001. Ma anche consigliere d’amministrazione della Rai (2002-05) e presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (2002-12), dimostrando una rara capacità di tradurre l’analisi sociologica in un linguaggio comprensibile a tutti. È ben nota, infatti, anche la sua attività di editorialista: per quasi trent’anni, tutti i lunedì, dal 1982 al 2011, ha tenuto la rubrica «Pubblico & Privato» sulla prima pagina del «Corriere della Sera», mantenendo un serrato dialogo con i lettori, poi raccolto in volume da Rizzoli.
Era divenuto una star della cultura nel 1979, quando uscì Innamoramento e amore : un milione di copie, tradotto in tutto il mondo. Con questo libro la sociologia usciva dal chiuso dell’Università e scendeva nelle strade, diventava di colpo una faccenda del quotidiano, duttile strumento di comprensione dell’agire umano. Ma anche tema di animata discussione: in quegli anni si era acceso un dibattito tra i sostenitori dell’innamoramento e quelli dell’amore. Se fosse più importante la fase nascente del sentimento, un movimento in cerca di affermazione, incerto, ma spontaneo e vitale, oppure la sua stabilizzazione, l’amore, quale affermazione di un rapporto profondo, destinato a durare nel tempo, pur senza grosse sorprese.
Sulla scia di Innamoramento e amore erano venuti L’amicizia (1984), L’erotismo (1986), L’altruismo e la morale (1989), Gli invidiosi (1991), Il volo nuziale (1992), Ti amo (1996), La speranza (2001), Sesso e amore (2006), fino al più recente L’amore e gli amori (2017), dove riprendeva il suo tema più caro.
Se Bauman avesse incontrato Alberoni, forse avrebbe incluso la sua idea di amore tra le caratteristiche di una società solida, riservando alla società liquida le potenzialità destabilizzatrici dell’innamoramento.
Ma i due linguaggi avrebbero dimostrato la loro incompatibilità poiché l’idea alberoniana di statu nascenti, proveniente per filiazione diretta dal pensiero di Max Weber attorno alla figura del capo carismatico (all’interno dello studio sulle forme di potere), è un’azione allo stesso tempo imprevista e creativa, quasi rivoluzionaria, che investe della sua straordinaria forza espressiva ogni aspetto collettivo. Lo statu nascenti è infatti il momento primario, costruttivo di qualsiasi innovazione sociale, su cui tornerà più tardi in Leader e masse (2007).
Come ogni altro atto rivoluzionario, l’innamoramento è sì un movimento collettivo, eppure riguarda solo due persone – una comunità ridotta all’osso – impegnata nel costruire una relazione sociale tanto nuova da stravolgere le vite di entrambi. Come ricorda Weber è anche una questione di potere: ognuno è capo carismatico dell’altro. «Ogni innamorato appare all’altro come unico, insostituibile, sacro». Da qui le problematiche ben note: le «dinamiche di coppia», i condizionamenti reciproci, i tentativi di prevaricazione, le aspettative tradite, fino al disamore. Porre fine a un movimento collettivo, sia pure numericamente ridotto a due componenti, è sempre un problema gravoso.
Ricollegandosi a Freud, Alberoni spiegava il processo di socializzazione partendo dagli impulsi fondamentali di Eros e Thanatos. La sua teoria partiva da lontano. Già nel programmatico Statu Nascenti (1968) aveva tracciato l’emergere dei momenti creativi dell’agire umano, che rappresentano una particolare condizione del sistema sociale, quella che Max Weber chiama appunto lo «stato nascente», cioè la potenza rivoluzionaria creatrice della storia. In quel libro, in cui sono rintracciabili le radici fondamentali del suo pensiero sui movimenti collettivi, esaminava l’evoluzione dei processi sociali elementari (l’incontro con l’altro, la conversione, la partecipazione politica), nei loro effetti all’interno della società. Ma anche nelle reazioni al consumismo, che aveva cambiato i rapporti economici e comportamentali della società di massa, la nascita dei culti, i movimenti eversivi.
La sua intuizione è stata, oltre che probante sul piano scientifico, in quanto riflessione sull’origine dei momenti collettivi, anche vincente sul piano dell’applicazione di questi principi al campo dei sentimenti, facendone una questione largamente sentita a livello popolare. In questo traspare la formazione medica e la profonda preparazione psicologica di Alberoni, ma anche l’appartenenza della sua teoria a un momento storico determinato. Siamo agli inizi del postmoderno (Jean-François Lyotard ha appena pubblicato il suo manifesto, La condizione postmoderna ) ed è inevitabile che la sociologia, allora affetta da una profonda crisi d’identità, si volga al privato. Che riversi le problematiche del mutamento sociale sull’individuo, esaltandone la centralità in una società sempre più frammentata e di difficile decifrazione.
Merito di Alberoni è perciò quello di aver indicato, in anticipo sui tempi, l’esigenza di occuparsi dell’individualizzazione come fenomeno crescente e tendenza inevitabile della tarda modernità.