il Giornale, 14 agosto 2023
Tutti pazzi per il fumetto
na nuvoletta aleggia sulle nostre teste. Non è la celebre «nuvoletta dell’impiegato» del ragionier Fantozzi, ma un batuffolo fumoso – anzi, fumettoso – che «riempie di vapore il bisogno di specchiarci in un eroe altro, mutato rispetto al riflesso ordinario dell’uomo medio», come diceva Walt Disney.
E allora chi meglio di «straordinarie» creature di carta? Che però, nella storia del fumetto italiano, diverranno tali solo dopo un lungo processo di «emancipazione». Tanto per cominciare il primo nostro «giornalino» (Corriere dei Piccoli) le famose nuvolette, contenenti «piogge» di dialoghi e pensieri (mumble... mumble), non le aveva; al loro posto c’erano invece didascalie in rima dalle velleità «poetiche».
All’epoca – correva l’anno 1908 – il protopersonaggio dell’italica strip era un bambino di colore (che nessuno temeva di definire «negro») di nome Bilbolbul le cui peripezie dal contesto «africano» (il «terzomondista» sarebbe arrivato molto dopo...) oggi sarebbero sdegnosamente censurate dai puristi del politicamente (...)
(...) corretto e della cancel culture. Fatto sta che al tramonto del primo decennio del secolo breve il povero Bilbolbul veniva rappresentato riccioluto e nudo nel rispetto (si fa per dire...) dei canoni neo o vetero colonialistici europei fedeli ai luoghi comuni sul Continente Nero. Il tutto corredato da «spiegazioni» dal sapore pedagogico mirate a «educare la gioventù» più che a intrattenere o, peggio, divertire. Come dire: fantasia e immaginazione dovevano essere funzionali a un’istruzione pedante, giammai alla leggerezza dello svago.
Da allora sono trascorsi più di cento anni e la macchina del tempo – scegliete voi se la «313» di zio Paperino o la Batmobile dell’uomo pipistrello – ci ha condotti al Salone del Libro di Torino dove si è avuta la conferma di un trend che dura da anni: e cioè che il mondo dei fumetti è un pianeta editoriale florido e rigoglioso; con tanto di pernacchia (prrr!) ai libri «seri».
Insomma, il settore balloon è vivo e combatte con tutti noi (il target di riferimento – evidenziano le ricerche di mercato – è particolarmente ampio: da 8 a 80 anni).
La conferma viene dai numeri: in Italia i lettori di comics sono 10,2 milioni e ogni anno crescono mediamente del 15%, rappresentando così il 23% della popolazione tra i 15 e i 74 anni.
«Si tratta di un bacino d’utenza – sottolineano i ricercatori Aie (Associazione italiana editori) – accomunato da consumi culturali forti e vari: sono lettori di romanzi e saggistica nell’84% dei casi, di ebook nel 47%, ascoltatori di podcast nel 40%, di audiolibri nel 19%. Purtroppo, una passione sempre più cara, considerato che il prezzo di copertina è triplicato (+196%) rispetto al 2019».
«Oggi oltre un libro su dieci venduto nelle librerie fisiche e online e nei supermercati è una strip – sottolinea Emanuele Di Giorgi, responsabile Commissione Comics & Graphic novels -. Da una parte questo tipo di narrazione è entrata nella dieta culturale dei lettori forti italiani, anche grazie all’importante lavoro di proposta avviato dalle librerie; dall’altro lato, un’offerta editoriale sempre più varia e articolata ha portato nelle librerie un nuovo pubblico, con un importante effetto a cascata anche sugli altri generi».
Nel 2022 sono state vendute nei canali 11 milioni e 505mila copie di fumetti equivalenti a un mercato pari a 107,87 milioni di euro. Oggi un libro su 10 venduto è un fumetto (11,1%), così suddiviso per genere: 58,1% manga, 28,4% graphic novel e comic strip, 13,5% titoli per bambini e ragazzi.
In termini assoluti, i manga valgono 62 milioni e 642mila di euro, graphic novel e comic strip 30 milioni e 617mila, bambini e ragazzi 14 milioni e 611mila.
Dopo la scorpacciata di numeri, torniamo ora all’evoluzione dell’italico fumetto che, dal misero Bilbolbul dei primi del ’900 all’odierno successo strepitoso di uno sfigato-pacifista di nome Zerocalcare, ha ridisegnato col nero di china fondamentali cambiamenti sociali e di costume. Il tutto attraverso un meccanismo di vasi comunicanti: i fumetti da una parte inspiravano l’aria nuova e dall’altra la espiravano contribuendo a diffonderla tra i giovani.
Sono anni d’oro, con l’iconico Tex di Sergio Bonelli (prima uscita 30 settembre 1948) che nei momenti di massima diffusione arriverà a vendere fino a 700mila copie, gareggiando con la diffusione record di Topolino.
Poi nel ’62, la svolta: le edicole vengono squarciate dal pugnale di Diabolik e nel genere noir nulla sarà più come prima. Con tanto di parodie cinematografiche. Due pellicole cult: il Dorellik di Johnny Dorelli e il Diabolicus di Totò.
Nel ’64 è il turno di Satanik, «la rossa del diavolo», che, in tempi in cui la Rai di Bernabei imponeva le calze coprenti alle gambe delle gemelle Kessler, si impone come una donna sessualmente disinibita e dominante sull’uomo e, quindi, «satanica». Il suo alter ego maschile, Kriminal cercherà di tenere testa a Satanik, soccombendo però al fixing del gradimento dei lettori. Entrambi andranno in pensione per raggiunti limiti d’età, dopo 10 anni di onorata carriera. Vita ben più longeva toccherà invece all’irresistibile Alan Ford che ancora oggi gode di buona salute come Tex (e l’altro bonelliano doc, Zagor).
Si giunge così agli anni ’80 dove Intrepido, Il Monello e Lanciostory, Skorpio, Blitz sono i «giornaletti» di riferimento degli adolescenti che scoprono «serie» ed «episodi unici» di qualità visto che l’editoria fumettistica italiana diventa palestra per talenti della matita.
A fare scuola è il modello americano, che però è avanti anni luce tanto che negli Usa il fumetto deborda dall’ambito standard evolvendosi in soggetto di pop art: Roy Lichtenstein dal 1961 inserisce nei quadri elementi tipici dell’universo vignettistico, utilizzando la tecnica del «puntinato Ben Day» che diverrà la sua inconfondibile cifra stilistica.
In Italia il registro alto si alterna a quello basso: per un’utenza dai palati meno fino e dagli impulsi più dozzinali imperversano i «giornaletti erotici» (declinati nelle varianti «avventura», «horror», «favole», «proletari», «storie vere»): si tratta di una produzione di infimo livello (eppure sublimemente kitsch) opposta ai raffinati nudi d’autore di Milo Manara e Guido Crepax. L’ultima ondata in piena era social riguarda lo tsunami nipponico dei manga: i supereroi Marvel a stelle e strisce tentano una strenua difesa, ma contro robot e sexy anime girls non c’è Spider-Man che tenga. La nuvoletta ormai vaga nel cielo global.
E non dimentichiamo che alcuni numeri rarissimi di fumetti hanno un valore inestimabile, al pari (o più) delle aste di opere d’arte. Amazing Fantasy è il fumetto più costoso mai venduto. Il 9 settembre 2021, Heritage Auctions ha venduto all’asta una copia di Amazing Fantasy #15 CGC 9,6 per la cifra record di 3,6 milioni di dollari. La Rocket Copy di Action Comics n. 1, con il debutto di Superman, è stato venduto all’asta per 3,4 milioni di dollari, diventando così il secondo fumetto più costoso e prezioso mai venduto. In collaborazione con Metropolis Comics, Goldin Auctions ha facilitato l’operazione, che si è conclusa nel settembre 2022. Heritage Auctions ha venduto la stessa copia per 3,18 milioni di dollari nel gennaio 2022. È stato il primo fumetto con Superman e ha contribuito a lanciare il genere dei supereroi.
Capitan America Comics n. 1 (1941) è stato venduto per 3,1 milioni di dollari nell’aprile 2022 da Heritage Auctions. La copertina di questo fumetto mostra il supereroe patriottico che prende a pugni il volto di Hitler, nell’epoca in cui gli Stati Uniti erano ancora nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale.