Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 14 Lunedì calendario

Centoventi progetti contro il degrado

Caserme e ospedali dismessi. Ma anche ex capannoni industriali e complessi residenziali “simbolo” del degrado come le Vele di Scampia. Palazzo Chigi mette nel mirino le aree più difficili delle città italiane e, a colpi di ispezioni tecniche, proroghe e «moral suasion» sui Comuni, spinge affinché si traducano in cantieri i 2 miliardi di euro stanziati ormai da più di cinque anni per il “programma straordinario per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie” e il più delle volte non utilizzati.
Si tratta, a leggere un documento interno della presidenza del Consiglio dei ministri, di complessivi 120 progetti – talvolta confluiti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza – che vanno «dal recupero delle aree dismesse alla realizzazione di interventi per la mobilità sostenibile, dall’edilizia scolastica alla videosorveglianza, dalle misure di inclusione sociale e innovazione tecnologica a quelle per l’edilizia residenziale pubblica».
IL PIANO
Un esempio? Le Vele di Scampia appunto. Appurato che l’abbattimento dell’ultimo edificio ancora occupato tardava ad essere realizzato (e in attesa dei fondi del Pnrr a cui intanto si era deciso di attingere in maniera complementare), l’esecutivo ha dato il suo via libera alla rimodulazione dell’intervento da una decina di milioni di euro, destinando le risorse alla riqualificazione dell’area degradata, con la creazione di due parchi verdi, una zona commerciale e una coppia di parcheggi. Un’intesa, tra palazzo Chigi e il sindaco Gaetano Manfredi, peraltro raggiunta proprio nel giorno in cui sono esplose le polemiche per il definanziamento di alcuni progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza tra cui rientra proprio il complesso abitativo reso tristemente celebre anche dalle riprese della serie tv Gomorra.
Una riqualificazione che però, al netto di numerosi interventi previsti sul territorio della Capitale, riguarda moltissime città dello Stivale. A Rovigo, per citarne una, l’intervento “sblocca-cantieri” è servito a rimettere in carreggiata il recupero dell’ex ospedale Maddalena. Abbandonata sin dal 1999 e spesso oggetto di occupazioni abusive, per l’area da circa 12mila metri quadrati erano stati messi a disposizione poco più di 13,5 milioni di euro. Fondi destinati a far diventare la struttura sede di alcuni uffici comunali e di appartamenti per la Guardia di Finanza, che però non sono mai stati concretamente messi a disposizione del comune veneto.
I LABORATORI
Idem per quanto riguarda, a Brindisi, i capannoni industriali dell’ex Saca, nella periferia ovest della città pugliese. In questo caso la struttura, che ospitava una delle industrie aeronautiche più importanti del Mezzogiorno, sarà trasformato in un Laboratorio dedicato alla cultura agricola ed alimentare dei paesi del Mediterraneo e in un centro ambulatoriale per lo spettro autistico grazie a poco più di 10 milioni di euro stanziati dal “piano periferie”.
A Sassari invece, oggetto dell’attenzione sono diventati i quartieri periferici Latte Dolce, Santa Maria di Pisa, Sassari 2 e Baddimanna, con 16 milioni di euro appena assegnati per la costruzione di una rete ciclopedonale e la riqualificazione delle piazze con materiali innovativi, naturali ed ecologici. O anche, restando in Sardegna ma spostandoci a Carbonia, la ristrutturazione e rifunzionalizzazione dell’ex scuola via Dante per la realizzazione di un Centro integrazione migranti da poco più di un milione di euro.
Tra i progetti “sospesi” e in attesa di ripartire ci sono anche, nel Salernitano, l’eliminazione di alcuni prefabbricati risalenti al sisma del 1980 nelle aree collinari della città (abbandonati e spesso con parti in amianto). Una situazione molto simile è ravvisabile nei quartieri storici di Messina di Giostra, Camaro e Fondo Fucile in cui sono ancora presenti le baracche del terremoto del 1908.