la Repubblica, 14 agosto 2023
Mancini tradisce l’Italia per lui c’è l’Arabia Saudita
MILANO – Non è stata una sorpresa: la voce sul disinnamoramento di Roberto Mancini per la Nazionale girava già dallo scorso marzo, quando la anticipò Repubblica. È stato però un trauma per la squadra e per i suoi classici 60 milioni di tifosi: complice il vento d’Arabia (la proposta di allenare con stipendio d’oro la nazionale saudita), il ct ha interrotto con le dimissioni la sua quinquennale avventura, contrassegnata dall’Europeo vinto nel 2021 e dalla mancata qualificazione al Mondiale 2022. Il trauma nasce dalle modalità e dai tempi: il divorzio arriva una decina di giorni dopo l’ufficializzazione del nuovo ruolo di plenipotenziario azzurro, responsabile anche delle Under 21 e 20, e a meno di un mese dalle due decisive partite di qualificazione a Euro 2024, il 9 e il 12 settembre a Skopje e a Milano con Macedonia del Nord e Ucraina.
Sull’uscio c’è già il potenziale successore. Luciano Spalletti, fresco di scudetto, è favorito su Antonio Conte, che ha ricoperto il ruolo con buoni risultati tra il 2014 e il 2016. Il profilo di Spalletti è considerato ideale per l’età e per il momento della carriera, anche se la preferenza del presidente della Figc Gravina è subordinata alla clausola (3 milioni e 250 mila euro) imposta dal Napoli al momento del divorzio. Conte in teoria costa di più (almeno 5 milioni l’anno), ma la somma tra ingaggio e clausola renderebbe più cara l’assunzione di Spalletti. L’accordo tra De Laurentiis e Gravina, che hanno ottimi rapporti, pare comunque plausibile, come il successivo biennale con la Figc intorno ai 4 milioni. Sulle alternative – gli ex campioni del mondo Gattuso (il più esperto), De Rossi e Cannavaro – prevale l’urgenza: il 4 settembre gli azzurri si raduneranno a Coverciano.
Mancini (61 partite da ct, terzo di sempre dopo Pozzo e Bearzot, e 57 esordienti lanciati) ha ufficializzato l’addio sabato sera attraverso una pec. Ma risale a due giorni prima il colloquio fatidico col presidente federale, così riassunto dal divorziando agli intimi: «Per via di qualche divergenza lavorativa ho preferito farmi da parte». Il messaggio social di congedo è arrivato solo nel tardo pomeriggio di ieri: «Le dimissioni sono state una mia scelta personale. Porterò sempre nel cuore la straordinaria vittoria dell’Europeo». La cronaca dice che dalla finale di Wembley vinta ai rigori con l’Inghilterra l’11 luglio 2021 non è stata più la stessa cosa. In mezzo, la ferita per il Mondiale mancato a marzo 2022 a Palermo con la Macedonia del Nord. Da quella sera in cui scacciarono la parola dimissioni Mancini e Gravina hanno proseguito a braccetto: la fiducia, avvalorata sul piano contrattuale (3 milioni netti l’ingaggio fino al Mondiale 2026) dai ripetuti spot con gli sponsor federali, sembrava scacciare i pensieri cupi del ct. Però le tentazioni c’erano, insieme alla convinzione di rimettersi sul mercato aspettando una ricca panchina di club, a partire dal Psg qatarino, mentre alcune partite (soprattutto la sconfitta a marzo con l’Inghilterra e il 2-0 di Malta nelle qualificazioni all’Europeo) minavano l’allegria, non ritrovata nella Nations League di giugno in Olanda.
Ogni tormento sembrava superato il 4 agosto dal ruolo di supervisore delle Under 21 e 20 e dal nuovo staff tecnico concordato con la Federcalcio: vice Bollini (campione europeo Under 19), assistenti Gagliardi, Barzagli e Salsano. Poi Nunziata all’Under 21, Lombardo all’Under 20 e Buffon nuovo capo delegazione, carica ricoperta all’Europeo da Gianluca Vialli, molto più di un fraterno amico per Mancini. Che tuttavia non avrebbe preso bene questo riassetto, senza i fidi Nuciari, Lombardo ed Evani e col solo Gagliardi da lui richiesto accanto all’altro fedelissimo Salsano, a differenza di Bollini, Barzagli, Nunziata e Buffon, tutte nomine federali.
Che sia anche questione di soldi lo dicono le notizie dall’Arabia. Destino vuole che il capitolo finale lo possa probabilmente scrivere proprio la squadra dalla quale il 28 maggio 2018 a San Gallo in amichevole, nel doloroso ruolo di sparring partner per il Mondiale post Ventura, cominciò la storia: l’Arabia Saudita, appunto, il cui campionato è diventato nel frattempo la costosissima vetrina del principe-premier Mohammed bin Salman. Il quale, ingaggiati tutti i campioni che poteva, da Cristiano Ronaldo in giù, cerca un ct di chiara fama. Sfumato Zidane, si è invaghito di Mancini. L’offerta è di 60 milioni fino al 2026, l’accordo sembra vicino. Insieme all’operazione Spalletti.