la Repubblica, 14 agosto 2023
Intervista a Giorgia Meloni
CEGLIE MESSAPICA – È stanca, si sente assediata. Dice di non riuscire a rilassarsi del tutto neppure nell’oasi della Valle d’Itria, nella masseria con un piccolo complesso di trulli e un’infinita teoria di ulivi che ospita la sua prima vacanza da premier. «Da tre anni, in realtà, non riuscivo a staccare la spina», premette Giorgia Meloni. Non nascondendo subito dopo il fastidio per alcuni tentativi di intrusione alla sua privacy fatta anche con i droni. Però, al termine di un week-end chiusa nel suo buen retiro pugliese (pensando a una puntata in Albania dove l’ha invitata il primo ministro Edi Rama), la premier acconsente a una chiacchierata con i giornalisti di Repubblica, Corriere e
Stampa in cui fa il punto sull’ultima settimana infiammata da caso-banche, salario minimo e scontro sulla ricostruzione in Romagna. E si professa fiduciosa sulla ripresa: «Non sarà un autunno caldo».
Presidente, sul salario minino l’opposizione la accusa di aver “gettato la palla in tribuna” e manda avanti la sua petizione. A cosa è servito l’incontro di venerdì?
«Non mi sorprende la reazione della sinistra: l’opposizione vuole fare politica invece che affrontare davvero la questione. Loro sono consapevoli del fatto che il salario minimo non risolve il problema del lavoro povero ma ti dicono che siccome hanno iniziato una raccolta di firme la portano avanti. Io ho detto una cosa precisa: diamo sessanta giorni al Cnel, in tempo per la legge di bilancio, per fare una proposta complessiva di lotta al lavoro povero che può prevedere, per alcune categorie, il tema del salario minimo».
Non esclude dunque questa misura, seppure in modo limitato.
«Ciò che escludo è che si possa affrontare, con un singolo e generalizzato provvedimento sul salario minimo, una questione che esiste e che è quella delle basse paghe. Per paradosso il salario minimo, così congegnato, rischia di migliorare la retribuzione a un numero di lavoratori inferiore rispetto a quelli cui viene abbassata.
Quando dico questo, la sinistra risponde che sta raccogliendo le firme. A posto così... Ho qualche dubbio su chi voglia davvero combattere il lavoro povero. Io il mandato al Cnel lo do lo stesso».
Che non è la terza Camera, dice Schlein.
«Lasciamo stare. Io alcune cose non le capisco. Nella proposta di legge dell’opposizione, ad esempio, c’è un fondo per ristorare gli imprenditori che dovessero trovarsi ad aumentare il salario. Io dico che è corretto, ma nel testo non si immagina una copertura. Ne ho chiesto conto ai miei interlocutori di sinistra ma loro affermano che dipende dal governo.
Curioso: questo a casa mia si chiama gioco del cerino. Se immagini una spesa devi dirmi come la sostieni».
A settembre si profila una manovra con poche risorse, come lei stessa ha notificato agli alleati. Ci sono i soldi per ridurre in modo strutturale il cuneo fiscale?
«Il rinnovo del taglio del cuneo fiscale rimane una delle mia priorità. Lo è stata anche nella precedente manovra, in cui abbiamo affrontato questioni come la detassazione dei premi di produttività e il bonus energia. La mia linea è concentrare tutti i fondi sui bassi salari. Ne ho parlato anche ai leader della maggioranza, per essere certi che tutti condividano quest’obiettivo. Poi decideremo le misure».
Inflazione e stop alla crescita:
non teme l’autunno caldo?
«No, vede, se uno dei principali sindacati convoca una manifestazione contro la legge di bilancio prima ancora che venga scritta, forse esiste un tema di opposizione pregiudiziale. Penso che gli italiani vedano che il governo sta facendo il massimo. Il Pil, in realtà, cresce più delle altre grandi democrazie, abbiamo un record dioccupazione e di contratti stabili».
In realtà, gli ultimi dati della crescita indicano un rallentamento.
«Ripeto, i dati sono migliori rispetto a quelli di alcuni partner europei. Poi, certo, c’è una congiuntura internazionale: se la Germania va in recessione tecnica qualche contraccolpo c’è. Siamo economie interconesse».
Le rimostranze delle banche e lecritiche della stampa internazionale. Riproporrebbe la legge sugli extraprofitti?
«Certo che la rifarei. Perché ritengo che le cose giuste si devono fare. È un messaggio che dovevamo mandare.
Non c’è alcun intento punitivo nei confronti del sistema bancario. In seguito alla discutibile decisione della Bce di alzare i tassi d’interesse che porta all’aumento del costo deldenaro si è creata una distorsione: le banche hanno aumentato gli interessi sui mutui ma non hanno alzato quelli sui depositi, a favore dei risparmiatori».
Qualcuno l’ha definita una manovra socialista.
«Da quel che ricordi io, i socialisti non tassavano le banche, ma davano loro risorse pubbliche».
Tajani è rimasto spiazzato e FI
parla di blitz da non ripetere.
«Tajani ha posto un problema di metodo, lo capisco. Ho coinvolto in minor misura la maggioranza perché la questione, diciamo così, non doveva girare troppo. Ad Antonio l’ho spiegato. Era una materia delicata, me ne assumo tutta la responsabilità. Se Giorgetti era informato? Certo, è il ministro che doveva scrivere il provvedimento main questo caso non ho fatto tutte le riunioni che faccio di solito».
Si è parlato di un asse Meloni-Salvini.
«Ve lo dico chiaramente: è un’iniziativa che ho assunto io».
La querelle sulle alleanze in vista delle Europee agita la maggioranza. Salvini dice che chi non vuole Le Pen e Afd favorisce i socialisti. Possibile un’alleanza con le destre che strizzano l’occhio a Putin?
«È troppo presto per parlare. Io voglio far crescere i Conservatori e vedo che in Europa il realismo di chi porta avanti le nostre posizioni si sta affermando. Le intese le faremo quando si conosceranno i pesi elettorali. Vogliamo costruire una maggioranza che sul piano dei valori sia omogenea. Non credo nelle larghe intese, visto anche come hanno funzionato in Italia».
Insomma, pone un veto su Le Pen?
«Non ho ragione di mettere veti su nessuno, non ho quest’autorevolezza. E comunque non affronto adesso la cosa».
Non cessa l’allarme dei sindaci sul taglio di 16 miliardi al Pnrr.
«Non abbiamo tagliato nulla, tranquillizzo i sindaci. Le opere verranno portate avanti. Il punto è che, rispetto agli obiettivi del Pnrr che sono strategici, di innovazione, di infrastrutturazione – i progetti da mille euro sulle ringhiere sono incompatibili. Non è questo che il Pnrr deve fare. È la ragione per cui stiamo spostando questi interventi su altre voci di bilancio dello Stato».
La ricostruzione dopo l’alluvione in Emilia è diventato oggetto di un duro scontro istituzionale.
Bonaccini le chiede un nuovo incontro. Lo farà?
«Francamente non comprendo perché Bonaccini mi chieda un incontro. Forse perché non riconosce la figura del commissario straordinario (Figliuolo, ndr)?».
Ha sentito che Bonaccini ha definito La Russa inadeguato al ruolo di presidente del Senato?
«Mi era sfuggito. Bonaccini è molto nervoso, sa, e non credo per la ricostruzione. Credo che lo sia per le scelte che abbiamo fatto sul commissario».
Non è che è in gioco una contesa per soffiare l’Emilia, uno dei pochi feudi rossi rimasti in Italia, alle prossime elezioni?
«No, è un tema che non mi sono posta. Non io. Il problema è proprio questo. Se qualcuno vuole fare politica sulla ricostruzione è libero di farla. Ma si sappia che la fa sulla pelle dei cittadini».
Il Niger è nel caos. È giusta un’azione militare contro il golpe, cui sembra pensare la Francia?
«Sul Niger sarei prudente».
Gli sbarchi che il suo governo doveva contenere sono incessanti.
Alla ripresa ci saranno nuove iniziative contro il traffico dei migranti?
«L’approccio securitario non basta.
Ecco perché insisto sul piano Mattei, che non è minacciato dalla crisi in Niger. Stiamo lavorando, sarà una grande occasione per lo sviluppo di un’Africa che non si fida più dell’Occidente, finora bravo a dare consigli ma meno a dare una mano. Il lavoro è lungo e faticoso. In autunno ci saranno nuove iniziative».
Si avvicina il tagliando del primo anno di governo: si parla di un rimpasto che potrebbe essere innescato dagli sviluppi del caso Santanché.
«Sono ricostruzioni fantasiose di giornali di gossip. Io non ho mai pensato, da quando sono a capo del governo, a un rimpasto».