Corriere della Sera, 14 agosto 2023
Intervista a Maria Teresa Ruta
Al telefono non risponde Maria Teresa ma suo marito.
Come mai, era lontana?
«Oh no, Roberto parlava dal suo. È che abbiamo i cellulari collegati, lui vede le mie chiamate, le mie foto, i messaggini di Whatsapp e viceversa».
Sul serio? C’è gente che di nascosto spia il telefono del partner come uno 007 corrotto e voi siete addirittura comunicanti?
«Roberto ha tutte le mie password, anche di Instagram e TikTok, sa pure il pin del Bancomat, di lui mi fido totalmente».
E dorme serena?
«Sì. Fidarsi è meglio, ti libera da dubbi e angosce per ciò che potrebbe succedere e magari non succede mai. Non ho nulla da nascondere».
Manco un whatsappino compromettente?
«Ogni tanto in effetti arriva sui social qualche messaggio un po’ osé e lui si arrabbia. Ci sono molti feticisti dei miei piedi. O qualcuno che scrive: “Io una botta ancora te la darei”. Ci rido, Roberto meno. “Non dargli corda”, mi rimprovera se rispondo con una faccina sorridente. Magari quella persona ha una vita difficile».
Nel 1977 vinse Miss Muretto ad Alassio.
«Prima fui eletta Miss Mondo Suzuki, il premio era una moto 750 GT, i miei mi costrinsero e venderla. Giacomo Agostini mi insegnò a guidarla, ma avevo 16 anni, ce ne volevano 21».
Controfigura e cascatrice al cinema.
«Ai provini non mi prendevano mai. “Somigli troppo a Barbara Bouchet”. “Sembri Annamaria Rizzoli”. Un giorno sentii che il produttore cercava una controfigura per una scena in cui la Bouchet doveva cadere in piscina con gli sci. E mi sono buttata: “Eccomi! Sono una stuntwoman!” Non era vero, però avevo fatto tanto sport. Mi aiutò Lino Banfi, facendomi avere una particina in La moglie in vacanza, l’amante in città».
«Sabato, domenica e venerdì» con Celentano.
«Ballavo impacciata, restando in seconda fila. Adriano mi vide con il Borsalino in testa. “Così sembri proprio un maschio”, disse. Lo presi come un complimento. Da bambina giocavo a calcio e portavo i capelli corti. Niente Barbie. Al 25 del mese a casa si mangiava riso e latte, perché non c’erano più soldi. Se mi serviva una matita dovevo farmela prestare, mamma era molto rigida sul superfluo, un’educazione che ho trasmesso anche ai miei figli, con ben altra disponibilità economica: niente paghette, pochi giocattoli, molti libri e viaggi».
Caccia al 13 su Rete4 e il primo Telegatto.
«Al provino finale eravamo io e Cristina Parodi. L’emittente era stata appena comprata dalla Fininvest. Il produttore ci diede una dritta: “Tra poco arriva un pezzo grosso, uno dei luogotenenti di Berlusconi, se siete libere è un bell’acchiappo”. Il buon partito era Giorgio Gori. Carino e garbato, però non era il mio tipo, mi piacevano mori con gli occhi verdi. Lui e Cristina invece attaccarono a chiacchierare di tennis».
Cinque anni di «Domenica Sportiva» (1986-1991) con Sandro Ciotti e Tito Stagno.
«Cinque anni bellissimi e incredibili in cui raggiunsi una notorietà pazzesca. Giovanni Trapattoni mi disse che non dovevo limitarmi a leggere i pronostici, che di pallone ne capivo, leggeva i miei articoli su Tuttosport. Del resto sono nata di fronte a un campo da calcio, giocavo da ala, sono una che corre».
Ciotti la ribattezzò: «il sorriso che non conosce confini».
«E anche “La flemma che non colsi” perché ero frenetica oppure “Una finestra sul mondo”, perché indossavo tailleur che sembravano scollati ma non lo erano. Sotto la giacca portavo sempre un body o un reggiseno. Una sera Sandro, per scherzo, mi aprì il bavero in trasmissione, un gesto innocente, solo che quella volta di intimo non mi ero messa niente. Sbiancò e rimase senza parole, per fortuna la telecamera non mi inquadrava. Si scusò mille volte, mortificato, anche con mio marito Amedeo che lo tranquillizzò: “Non ti preoccupare, Maria Teresa è una donna come tutte le altre”».
Incrociò una giovane Simona Ventura.
«Era ospite alla Ds con Alberto Tomba, credo che uscissero insieme. Propose a Ciotti: “Se per caso vuoi cambiare conduttrice, mi offro io”».
I calciatori ci provavano?
«No, l’unico galante, che mi inviava fiori, era Falcao. Boniek, Platini e Tardelli e altri no, ero grande amica delle mogli».
Su Instagram ha pubblicato una vecchia copertina de «Il Monello» con Gianluca Vialli e Walter Zenga.
«Vialli l’ho intervistato tante volte, come Roberto Mancini, che tra i due era il vero playboy. Anche Gianluca piaceva alle donne, però era molto serio, difficile da conquistare, metteva su un muro. Walter è stato mio testimone di nozze, conoscevo bene sua moglie Roberta Termali, i loro figli giocavano con la mia Guenda».
Li convinse a ballare sulle punte.
«All’inaugurazione del villaggio Valtur di Brucoli, in Sicilia, con Fiorello, metà anni Ottanta, vennero molti calciatori per un torneo di tennis. Vialli, Mancini, Stefano Tacconi, Massimo Mauro, Aldo Serena. Alla serata finale gli abbiamo fatto danzare la Morte del Cigno, in tutù bianco con le gambe pelose, allora non si depilavano».
Maradona e l’elefantino, la prego.
«Nel 1986 sono stata la prima giornalista donna a intervistarlo per Number one, programma su Canale 34, tv privata napoletana, che conducevo ogni lunedì. Quel giorno avevamo ospitato alcuni animali del circo, tra cui un piccolo elefante. Ad un tratto ci ordinarono di sgomberare lo studio perché stava arrivando Diego che, per un compenso stratosferico, aveva accettato di venire da noi. Era un ragazzino, tutto riccioli e sorriso, mi baciò e abbracciò. Dietro le quinte però gli addetti non riuscirono più a tenere fermo l’elefantino, che scappò trotterellando verso di noi. Si fermò e mollò una pipì cosmica davanti ai piedi di Maradona. E lui: “Porterà fortuna, vedrai che vinciamo lo scudetto”. E andò così».
Le poste sotto casa di Paolo Rossi.
«Ai tempi di Caccia al 13, Tuttosport voleva un articolo su di lui, ma negli spogliatoi e in ritiro non mi facevano entrare. Scoprii dove abitava. Citofonai. Rispose la moglie Simonetta. “Ti seguiamo sempre in tv”. “Devo scrivere un pezzo su Paolo, purtroppo non posso intervistarlo”. “E chi l’ha detto? Torna stasera alle sette che ti preparo un aperitivo e ci parli quanto vuoi”».
La dritta gliel’aveva data Amedeo Goria.
«Un redattorino di Tuttosport che mi passava i numeri giusti. Mi faceva tenerezza, sempre dietro alla scrivania, balbettava per la timidezza. Gli dissi: “Sbagli a prendere fiato, perché facevi i 400 ostacoli, prova così”. Funzionò. Non era bello, però aveva l’aria del cucciolo abbandonato».
E l’ha sposato.
«Mi giurò: “Sono innamorato davvero, per te potrei anche fare un matrimonio bianco, non ho fretta”. Di sicuro è stato un matrimonio d’amore. Con il senno di poi avrei dovuto chiudere anche il terzo occhio per non vedere le sue marachelle, specie quando partiva in trasferta con le squadre. Erano ingenuità, dovute alla sua insicurezza cronica, ma allora le ho vissute come un affronto e a un certo punto non ho più perdonato».
Come ha scoperto gli altarini?
«Trovando scontrini del parcheggio di una discoteca sotto il tergicristallo. O bigliettini di tali Jeannette o Jasmine. E poi la famosa agendina nera di cui favoleggiavano i colleghi. La nascondeva, un giorno l’ho vista. C’erano annotati almeno duemila numeri di telefono, solo di donne, in tutto il mondo, con accanto le stelline del punteggio. Per carità, forse l’ho trascurato anch’io, troppo presa dal lavoro. Ma a volte Amedeo faceva il cascamorto con le altre persino davanti a me, era incorreggibile».
E lei invece nei secoli fedele?
«Integerrima, tagliata con l’accetta, eppure le occasioni non mi sono mancate, però non ho mai avuto difficoltà a dire di no. Due scuffie le ho prese anch’io, quando il matrimonio già traballava, ma non ho combinato niente».
Per chi? Calciatori, cantanti, attori?
«Non posso dirlo, si capirebbe subito».
Ricevette una proposta indecente.
«Da un potente della tv. Mi convocò in un hotel fuori Roma per parlare di un programma. C’erano anche gli autori. Mi disse: “Tra poco salgo in camera da te che ne discutiamo meglio, lascia la porta aperta”. Non sospettando nulla, lo assecondai. Entrò e mi chiese: “Ma come, sei ancora vestita?”. “Certo. Non dovevamo parlare della trasmissione?”. “Sì, ma prima ci divertiamo, poi pensiamo al lavoro”. Mi misi a ridere, lo feci uscire e richiusi la porta a chiave. Quello show non l’ho mai fatto».
E infine è arrivato Roberto Zappulla, secondo e attuale marito, produttore musicale.
«Cercava una conduttrice per un programma di canzoni napoletane, gli consigliarono me. Io non volevo farlo, lui preferiva prendere una presentatrice meno conosciuta ma che costasse di meno. Così si presentò all’incontro al ristorante vestito da Padrino, parlando con accento siciliano, per indurmi a rifiutare. Poi di colpo mi fissò come imbambolato, smise di mangiare, riprese a parlare italiano, gli venne un tic alla gamba. Mi aveva riconosciuto: ero la naufraga bionda che una sera aveva visto piangere a dirotto all’Isola dei Famosi. Ne era rimasto folgorato ma non sapeva chi fosse. Alla fine mi offrì quasi un assegno in bianco».
Vi siete sposati nove volte.
«In Messico con rito Maya, sull’isola di Corisco, Guinea Equatoriale, con rito benga, sulla Muraglia Cinese in mandarino, in Tanzania come i Masai, in Etiopia con la cerimonia del Sole, sul veliero ai Caraibi come i pirati, in Sri Lanka con il rito della Luna, a l’Avana, Cuba e infine a Cana, in Israele. In Italia ancora no».
Vivete in un castello a Luino. Fantasma incluso?
«Sentivano dei lamenti notturni, poi abbiamo scoperto che sotto passa una galleria segreta che porta al lago, è uno scherzo del vento».