Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 13 Domenica calendario

Un via per il Zanza, l’uomo dalle 6mila donne

ROMA Una strada in suo onore e un documentario per ripercorrere la vita del latin lover della Riviera degli anni ’70 e 80, l’uomo dalle «6.000 ragazze conquistate in 35 anni di carriera». A tenere il conto, gli amici di Maurizio Zanfanti, noto nella sua Rimini come Zanza, scomparso il 27 settembre del 2018 a 63 anni mentre stava consumando il suo ultimo rapporto con una turista 23enne dell’Est Europa, appartato in auto alla periferia della città. Così se ne è andato il mito della Romagna godereccia, di quella Rimini degli eccessi narrata da Pier Vittorio Tondelli nell’omonimo romanzo.
LA REGISTA
La leggenda del conquistatore d’altri tempi è arrivata anche Oltralpe. La regista francese Anne Flore Trichilo ha deciso di girare un documentario sulla vita di Zanza, tra amori e mondanità. Le interviste ai conoscenti e ad altri protagonisti della Riviera di allora sono state registrate a inizio estate. Luigi Pasquini, zio di Zanfatti con un passato da politico (negli anni 90 è stato candidato sindaco a Bologna) è uno dei testimoni contattati dalla Trichilo. Ha raccontato come è venuta l’idea alla regista: «Mi ha detto – ha spiegato di aver letto con grande interesse il libro dedicato a Maurizio, che peraltro lei già conosceva di fama» e per questo ha pensato di ricavarne un film documentario.»
Zanza, il “Re dei Vitelloni”, negli ultimi anni gestiva un piccolo bar sulla spiaggia, viveva con la sorella, il fratello e la madre. È stata quest’ultima, di recente, a proporre l’intitolazione di una via: «Mio figlio Maurizio ha aiutato e non poco il turismo in questa città. Ha fatto tanto per Rimini», ha detto Teresa Succi. Nessun imbarazzo, dunque, per la fama piccante del compianto figlio. «Ricordiamolo con una targa. È bene che a Rimini si ricordino di lui», ha aggiunto la donna alla chiusura della sua storica pescheria fuori dal centro.
Nel capoluogo rivierasco si è aperto il dibattito tra favorevoli e contrari, tra chi ritiene legittimo onorare la memoria di una celebrità locale e chi lo reputa poco opportuno, specie con la candidatura della città a Capitale italiana della cultura 2026. Per il presidente di Arcigay Rimini e consigliere comunale Marco Tonti, «è un tipo di mito dal quale Rimini deve distaccarsi. In quegli anni lo sciupafemmine ci poteva stare, ma non è cosa da prendere ad esempio come modello oggi».
La leggenda del conquistatore d’altri tempi è arrivata anche Oltralpe. La regista francese Anne Flore Trichilo ha deciso di girare un documentario sulla vita di Zanza, tra amori e mondanità. Le interviste ai conoscenti e ad altri protagonisti della Riviera di allora sono state registrate a inizio estate.
La chioma bionda fluente portata fino agli ultimi anni, la camicia aperta a mostrare il petto villoso, Zanfanti era un play boy nell’aspetto e nei fatti. Millantava di avere consumato anche 150 rapporti amorosi a stagione. Gli aneddoti sul suo conto si sono rincorsi. Tra le donne del posto, c’è chi si vanta per non essere mai caduto nella sua rete. E c’è chi riporta addirittura che le giovani turiste teutoniche partissero da casa alla volta del Belpaese con l’indirizzo del play-boy in tasca.
IL MITO
Che fosse vero tutto o in parte, sulla Riviera Romagnola, e a Rimini in particolare, Zanza era un mito. E il fatto che la sua fama sia arrivata oltre confine è confermato dal fatto che alcune delle sue vecchie fiamme, tedesche e scandinave, sono giunte a Rimini cinque anni fa, non più ragazzine, in occasione dei suoi funerali al cimitero monumentale della città, a due passi dalla tomba di Federico Fellini. Con lui se ne è andato «un pezzo di un periodo storico del costume italiano», aveva commentato in quell’occasione l’allora sindaco di Rimini, oggi deputato del Pd, Andrea Gnassi.
In una intervista al “Resto del Carlino” nel 2015, il latin lover non ancora “in pensione” aveva dichiarato: «Penso di aver fatto più promozione turistica io per Rimini di cento agenzie». E aveva lamentato il fatto di non avere eredi. Toponomastica o meno, il suo nome è ancora leggenda.