il Giornale, 13 agosto 2023
Sherpa, un record non vale una morte
Non entro nel merito delle questioni ancora da verificare, ma la notizia è questa: Kristin Harila è un’alpinista norvegese famosa per aver stabilito il record per aver scalato le 14 montagne più alte del mondo nel minore tempo possibile, tre mesi e un giorno. Già qui non la invidio, io non mi muovo dal mio divano neppure se mi pagano. Comunque sia, per fortuna non sono tutti come me, e Harila nella sua ultima scalata per arrivare ai 8.609 metri del K2, la seconda montagna più alta del mondo, pare abbia lasciato indietro uno sherpa (non sapevo cosa fosse uno sherpa, credevo una razza di cani, invece è una guida del Nepal ingaggiata per le spedizioni himalayane di alta quota), che si chiama Mohamed Assan ed è morto, senza che nessuno gli prestasse apparentemente soccorso. Tipo: «Io devo arrivare a 8.609 metri, chi se ne frega chi resta indietro».
Ora, io ho una riflessione da fare, non so quanto popolare o impopolare, anche perché io, stando praticamente sempre tra divano e poltrona, ho molta difficoltà a comprendere tutta questa voglia di uscire di casa. Però studio. Perché l’essere umano è portato a superare record? Perché in fondo è portato a superare limiti rispetto a quelli raggiunti da altri esseri umani. C’è sicuramente una parte di egocentrismo, e anche di agonismo, competizione, come c’è in ogni attività umana. Tuttavia, facciamo un esempio: nel 1969 Neil Armstrong pose piede sulla Luna pronunciando la famosa frase: «Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità». Non era un record, sebbene di fatto lo fosse, era la conquista della supremazia americana dello spazio contro i sovietici, e anche di fatto qualcosa di mai accaduto e estremamente rilevante per la nostra specie: camminare sulla Luna. Quindi non un record, ma una conquista.
Molto diverso da Kristin Harila e tutti i recordisti del mondo: basta guardare il Guinness dei Primati (primati anche in senso di scimmie, quali noi siamo) per capire che ogni scemo ha la possibilità di stabilire un suo record. Ora, data la differenza tra un piccolo passo per l’uomo e un grande passo per l’umanità di Armstrong e la scalata di questa Harila scalatrice, dico solo una cosa: un conto sono i traguardi scientifici, un conto i record personali. Per la scienza ci si sacrifica sia per la fama che per il bene comune. Ci saranno rischi per le prossime missioni su Marte (sebbene siano molto di là da venire), ma fa parte della nostra natura, esplorare. Se vuoi farti il tuo record sulla Terra, per quanto mi riguarda fattelo da solo, non mettere di mezzo altri. Parigi val bene una messa, il K2 non vale uno sherpa.