Avvenire, 13 agosto 2023
Musk, Zuckerberg e le polemiche
«Trovo semplicemente allucinante che il patrimonio culturale italiano venga messo a disposizione di due miliardari che vogliono darsele come adolescenti idioti. Altro che amor patrio e rispetto per la propria storia. E non è una questione di quanto pagano. Ci sono cose che semplicemente non sono in vendita». Il tono stizzito di Calenda anticipa l’indignazione di Matteo Orfini: «Per il ministro Sangiuliano la pagliacciata di due miliardari è uno strumento di promozione del patrimonio culturale». Ma sorprendente è che con i due, con argomentazioni acrobatiche e condivisibili sulle tasse eluse da Zuckerberg, sia d’accordo Maurizio Gasparri. Tutti e tre non ebbero niente da ridire quando, davanti all’intero arco parlamentare, e presenti i presidenti della Repubblica e del Consiglio, fu chiamato a cantare il suo repertorio di canzoni Gianni Morandi. Oggi storcono il naso. Eppure il Colosseo, o altre arene dell’antichità, era usato per gli spettacoli dei gladiatori e altre manifestazioni pubbliche. E cosa è la competizione di Elon Musk e di Mark Zuckerberg se non uno spettacolo? Simulando due eroi mitologici come Achille e Ettore.
Il combattimento di arti marziali sarà gestito dalle fondazioni dei due e lo scenario scelto è coerentemente l’antica Roma, nel rispetto del presente e passato dell’Italia. Non è l’uso che si è sempre fatto dell’Arena di Verona? E, visto che il Circo Massimo lo diamo anche a chi lo devasta, come Travis Scott, non vedo perché il Colosseo non debba essere dato a Musk e Zuckerberg, i quali sono pronti a offrire una cifra ragguardevole, per beneficenza, e come contropartita all’effetto pubblicitario.
Cosa di più coerente, per una lotta non metaforica tra due personaggi mitologici del nostro tempo, di uno spazio per gladiatori? L’origine della figura del gladiatore è ricollegata all’istituzione del cosiddetto munus (al plurale munera, da cui il nome degli spettacoli), il dovere/obbligo dovuto dalle famiglie benestanti ai propri defunti, durante le quali uomini armati, alla presenza di un arbitro, si battevano per onorare il defunto. L’origine dei munera è ancora oggetto di dibattito. Se ne hanno testimonianze sistematiche a partire dai riti funebri romani durante le guerre puniche (III secolo a.C.) e da allora divennero rapidamente un elemento essenziale della politica e della vita sociale del mondo romano. Col tempo infatti questi combattimenti persero l’originale connotazione di cerimonia funebre e si trasformarono in spettacoli di massa offerti da facoltosi personaggi e dall’imperatore stesso, assumendo spesso la funzione di propaganda politica per procurarsi consenso ed accrescere il proprio prestigio, divenendo forse il più iconico esempio di quell’influente meccanismo di potere efficacemente descritto dalla nota locuzione di Giovenale «panem et circenses».
È certo che Musk e Zuckerberg portano munera. E qualche remunerazione, anche non materiale, che pure è garantita. Ricordo l’euforia contagiosa di un messaggio che mi inviò Elon Musk per condividere un mio intervento alla Camera sulla libertà, in piene, assurde restrizioni per il Covid. Così i giornali commentarono l’episodio: «Non capita tutti i giorni che Elon Musk, uno degli uomini più ricchi del mondo, parli dell’Italia e in particolare di Vittorio Sgarbi. Il noto imprenditore, che rischia di andare in carcere per aver riaperto lo stabilimento Tesla in barba al lockdown, ha commentato un video in cui il critico d’arte mette in discussione i numeri delle vittime del coronavirus nel nostro Paese. Ha ragione lui: tre parole che sono bastate a Musk per sposare pienamente la tesi di Sgarbi, secondo cui il dato dei morti è notevolmente gonfiato. Già negli scorsi giorni il Tycoon si era mostrato scatenato contro la gestione dell’emergenza, tanto da definire il lockdown fascista e le misure per contenere il contagio un modo di imprigionare le persone nelle proprie case. Per Musk è in corso la violazione delle libertà costituzionali delle persone: questo vale per l’Italia, ma anche per gli Stati Uniti e il resto del mondo». Era il 25 aprile 2020. Musk commento semplicemente: «He is right», e il mio intervento, tradotto e sottotitolato in tutte le lingue, fu visto da 26 milioni di persone. Fu entusiasmante per me. La sua parola fu per me una vera remunerazione.
Ed è questo l’obbiettivo dei due combattenti: farsi seguire da milioni di persone. Per questo io concederei loro il Colosseo vuoto, senza pubblico presente, ma solo collegato, che è la condizione della loro rivoluzione tecnologica. È strano perfino che vogliano uno spazio fisico reale, quando potrebbero crearlo virtuale, fingendo di essere proprio lì. Il Colosseo non saprà più come contenere i turisti che, dopo lo spettacolo, vorranno vederlo. D’altra parte la profanazione materiale del Colosseo, con analogo proposito di immagine, davanti al mondo in collegamento, fu già compiuta il 29 luglio 2021, con il G20. In quella occasione, dentro il Colosseo con tante delegazioni di ministri emozionati e inutili, Draghi disse: «Come sapete, questa è la prima ministeriale della Cultura nella storia del G20. Sono molto, molto orgoglioso che questo debutto avvenga in Italia. Questo posto stasera con questa luce testimonia meglio di ogni parola come storia e bellezza siano parte inerenti dell’essere italiani. Quando il mondo ci guarda, vede prima di tutto arte, musica, letteratura, segni della storia antica. Voglio ringraziare chi lavora nei nostri teatri, nelle nostre biblioteche e nei nostri musei. Perché la riscoperta del passato è condizione necessaria per la creazione del futuro. Dobbiamo permettere ai nostri giovani di liberare le proprie energie e il proprio dinamismo. E promuovere l’uso della tecnologia, ad esempio nella digitalizzazione di archivi e opere d’arte».
Stava prefigurando la richiesta di Musk e Zuckerberg e, calpestando quella piattaforma, la autorizzava. Giorgia Meloni lo ha capito; Calenda, con la sua agenda scaduta, no.