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 2023  agosto 13 Domenica calendario

Intervista ad Andrea Vitali

I 3.490 abitanti di Bellano, comune in provincia di Lecco che sta su quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti, si dividono attualmente in due categorie: quelli che chiamano Andrea Vitali “sciur dutùr” e quelli che, essendo più in confidenza, lo chiamano Landrea (così, tutto attaccato: Landrea). Non ci sono altri abitanti, a Bellano: tutti conoscono, salutano e riveriscono “il dottore” o “Landrea”, che era il medico condotto, e che poi – divenuto scrittore a tempo pieno – ha reso celeberrimo il paese.Qui, al bar di Bellano, Vitali sente, ascolta, orecchia storie anche antiche, e ne trae ispirazione. Quando arriva a casa e chiama il figlio Domenico, però, oltre che di lago e di vacanze si finisce con il parlare di filosofia.ANDREA VITALI «Allora Domenico, dove vai in vacanza?».DOMENICO VITALI «In Sicilia, una settimana. Ma poi devo studiare papà, lo sai. Voglio fare i concorsi per il dottorato in filosofia e bisogna far domanda adesso o in settembre. Essere ammessi è difficilissimo».Vuoi fare il professore universitario?D. «No, voglio fare il dottorato solo per gusto di conoscenza. Per una mia completezza personale».E Andrea Vitali dove va in vacanza?A. «Da nessuna parte. Sono sempre stato bene qui sul lago. Mai avuto la tentazione di andare in vacanza. Faccio viaggetti per le presentazioni e nei posti più belli viene anche mia moglie Manuela: Sardegna, Asiago. Nei posti meno belli vado da solo e torno subito».Ma un po’ di stacco...?A. «Se la vacanza ha lo scopo di pacificare, di rilassare, per me non c’è di meglio che stare qui sul lago. Qui sono in pace con me stesso. Non mi piace prendere il sole, non mi piace stare in spiaggia, non mi piace fare il bagno. Quando Domenico era piccolo andavamo al mare ma in residence con piscina e io stavo in camera a scrivere. Men che meno mi piace prendere l’aereo e andare all’estero. E poi io non ho una grande tradizione di vacanze: ho visto il mare a 7-8 anni a Lerici con la mia nonna Maria e la mia zia Carmen. E mi andò bene, perché molti bellanesi allora vedevano il mare per la prima volta a 20 anni».D. «Io al lago preferisco le valli qui intorno. Vado a fare concerti in Valtellina, Valchiavenna, Val Codera. C’è più vita, là: anche a livello giovanile. Bellano è bellissima ma, turisti a parte, è un po’ morta».Domenico, hai parlato della difficoltà di essere ammessi al dottorato di filosofia. Andrea, era più facile trovare lavoro ai tuoi tempi?A. «Io tornai dalla naja il 5 aprile e il 6 lavoravo già per una sostituzione. Subito dopo mi chiamarono dall’ufficio di igiene:“C’è un concorso per un posto di medico scolastico, non s’è presentato nessuno, se si presenta lei il posto è suo”. Dissi di no perché non avrei avuto il tempo di scrivere. Mio padre non l’ha mai saputo, altrimenti mi avrebbe ammazzato: era del 1919 e per lui un figlio che rifiutava un posto sicuro era un pazzo. Così, ho fatto per un po’ la guardia medica, poi colpaccio di fortuna: medico di base a Bellano. Ambulatorio a tre minuti da casa.Avevo tempo per scrivere, la mia vera passione».Domenico, anche tu vorresti un lavoro creativo? Vuoi fare il musicista?D. «No! È solo un hobby. La musica inedita, provare a vivere di ciò che si scrive, è la cosa più difficile se non impossibile. Vorrei lavorare in un ambito che mi permetta di continuare a studiare, e l’insegnamento sarebbe una via. Oppure l’editoria, il mondo del libro».A. «Gli ho trasmesso la passione per lettura e scrittura, e lui scrive molto bene. Faccio fatica a capire che cosa scrive, ma capisco che scrive bene. Semmai cerco di dirgli di essere più lineare, comprensibile. Ma io scrivo solo romanzetti».In filosofia c’è un linguaggio per iniziati?D. «Dipende. La storia della filosofia è più fruibile, i libri di teoretica sono difficili.Leggere un manuale di liceo su Kant ci può stare, leggere Kant senza sapere che cosa c’è prima e che cosa c’è dopo è ostico».A. «Come leggere un manuale di patologia chirurgica senza sapere dov’è il fegato».Domenico, tu hai studiato a Milano. Che città è?D. «Avevo la mia compagnia, e ci stavo bene. Ma non mi piace, troppo caotica».E la vita di Bellano, che ha ispirato l’estro di tuo padre?D. «Un po’ lontana dalle sfere che frequento, ma la trovo anch’io affascinante. Mi piacciono le storie e ho odiato la frenesia di Milano anche per questo: impedisce di conservare la memoria.In un paese come Bellano è più facile tramandare le storie».A. «Le storie sono sempre meno anche qui, perché sono sempre meno i testimoni. Per questo nei miei libri parto dagli anni 20-30 e arrivo al massimo ai 70. Racconto le storie che avevo sentito raccontare, e quelle che scopro sfogliando l’archivio storico del quotidiano La Provincia».Ci racconta una vecchia storia sulle vacanze estive?A. «Anni 70: un ex operaio del cotonificio Cantoni di Bellano per una settimana racconta al bar che sarebbe andato al mare con una donna. Parte il sabato mattina in macchina e il lunedì è già lì al bar a bere il bianchino perché aveva finito i soldi. È una storia che ricordo di aver sentito con le mie orecchie, perché allora all’osteria si sentiva tutto: storie che poi, a distanza di anni, si ammantano di leggenda. Oggi una cosa così è impensabile. Vedi ragazzi che con il telefono organizzano viaggi da New York alla California. Ai miei 25 anni non ci pensavi neanche, e non era solo questione di soldi, era questione di mentalità. Ma non hoinvidia».Tu Domenico quando sei stato all’estero da solo la prima volta?D. «In terza superiore, in vacanza studio a Londra. Lezioni di inglese in un college. Da allora viaggio tutti gli anni: Norvegia, Spagna, Austria, Grecia, Olanda, Ungheria. Ora con gli amici abbiamo in mente un viaggio naturalistico nei parchi in America».A. «E io sono ben contento che loro viaggino più di quanto abbia viaggiato io alla loro età. Un genitore deve sempre offrire una possibilità di miglioramento allabestia che ha messo al mondo».Il suo tempo era migliore o peggiore?A. «Non penso che fosse migliore. Lo rivaluto, capisco adesso certe cose che mi venivano imposte, ma non vorrei imporre a mio figlio un “mio” mondo che non c’è più».D. «C’è una grande velocità nel cambiamento fra generazioni, ed è anche molto inquietante. Una mia amica di 23 anni d’estate si chiude in una baita per vivere la vita rurale come cent’anni fa: non fa per me, ma mi affascina. Pretendere che ci si fermi è sbagliato, ma oggi nei giovani la lotta ai vecchi valori ha prodotto uno spaesamento che io sento molto».Spaesamento?D. «È il problema della mia generazione. Solo per fare un esempio, mi chiedo come sarà il clima quando avrò quarant’anni. Abbiamo il mondo davanti ma è un mondo che ha sempre meno senso».La morte di Dio di Nietzsche?D. «Un po’ sì: la vera aspettativa messianica non è Dio, ma i soldi. Se dici che credi in Dio ti prendono in giro, ma se il tuo Dio sono i soldi no, allora va bene. Ho amici che si sono fatti intortare dai siti sulle criptovalute. Non si sa che cosa siano, le criptovalute, né chi siano quelli che te le vendono. L’uomo si è sempre chiesto qual è il senso della vita, ma oggi se lo chiede in uno stato di confusione. La tecnocrazia mi spaventa molto, l’economia è la nuova metafisica».Internet?D. «Dipende dall’uso che ne fai».A. «E spesso se ne fa uno pessimo. L’altro giorno dentro al bar c’erano dei bambini ognuno con il suo Ipad, mentre i genitori erano fuori per l’aperitivo. Così muoiono le osterie di paese».A proposito di paesi. Domenico, anni fa feci un’intervista a tuo padre nella quale lui condannava il razzismo e i pregiudizi sui migranti. Poi però finì dicendo: ma se mio figlio sposa una di Dervio (Dervio, per chi non lo sapesse, è il paese che confina con Bellano) lo diseredo.D. «Ah ah, sì, questo campanilismo c’è ancora, ma più per scherzo».A. «Resta il fatto che io morose a Dervio non ne ho mai avute».Le altre interviste della serie “La videochiamata” sono qui: www.repubblica.it/dossier/cronaca/a-proposito-di-estate