il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2023
Fantozzi al cineforum
La città nella quale Fantozzi lavora è una cittadina di media grandezza, ma con dimensioni provinciali, con questa sinistra caratteristica: non si scopa mai! Gli domandavano: “Che avete fatto ieri sera?”. E lui: «Siamo andati a casa del Tal dei Tali”. “E come è andata?”. Risposta sinistra: “Ci siamo fatti un sacco di risate”. “E poi?”. “E poi gli ‘altri’ sono andati a scopare!”. Sempre così. Fantozzi, visto l’andamento delle serate, tanti anni fa ha anche fatto domanda per iscriversi all’Albo degli “Altri”, ma senza speranza. Alla fine è crollato sulla grande valvola di sicurezza di tutti i paraintellettuali: le serate d’impegno. Si è così trasformato in un intellettuale di sinistra e ha cominciato a frequentare una cineteca. Era una fogna orrenda al Circolo ferrovieri; e ogni sabato sera alle 21 in punto aveva con un branco di altri sventurati una tragica scadenza.
Per vent’anni ha visto:
La corazzata Potëmkin, di Sergej M. Ejzenštejn;
Dies irae, di Carl Theodor Dreyer (fortunatamente scomparso, certamente fucilato… pensava Fantozzi);
Das Cabinet des Dr. Caligari, di Robert Wiene;
Tutta una rassegna abissalmente noiosa dell’espressionismo tedesco;
L’uomo di Aran, di Robert Flaherty: quattro ore!
Fantozzi entrava in cineteca con il branco degli intellettuali di provincia con barba, alle 21 in punto di ogni sabato sera. Una “barba” domandava alla maschera con una punta di speranza (le barbe sperano sempre in Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno o Mazzabubù… Quante corna stanno quaggiù? con Ciccio e Franco): “Scusi, che danno stasera?”. E la maschera implacabile e con voce sarcastica: “La corazzata Potëmkin del grande maestro Sergej M. Ejzenštejn”. Qui le barbe hanno un piccolo sbandamento, ma entrano con sguardo duro e risoluto.
E si comincia. Parte implacabile il Potëmkin. Gli intellettuali più scaltriti si attrezzano. Cinturoni, bretelloni che li imbracano come paracadutisti e grande gancio a soffitto per dormire in sala. Durante il Potëmkin ogni tanto si sgancia qualche intellettuale che, credendo di essere caduto dal letto, esclama: “Sono già le sette? Presto, caffè, giornali e la posta…!”.
E poi riagganciandosi si scusa penosamente con le altre barbe agganciate al soffitto.
Alla fine del Potëmkin non si può scappare, no!
Comincia la parte più stimolante ed esaltante della serata: il dibattito! Si alza un tipo di santone con barba e baffi da superintellettuale, sguardo illuminato da una luce interiore, ma in realtà illuminato dalla follia e dalla voglia frustrante di una serata normale a vedere Buzzanca con una bella ragazza appoggiata alla spalla. Il santone in vent’anni ha esaurito ogni possibile argomentazione dialettica in materia ed emette solo dei fonemi puri: “Uammm…”. È questo un lungo ululato che serve a sganciare di colpo tutte le barbe dal soffitto. Si svegliano tutti. E il santone: “… L’occhio della madre… la carrozzella che scende la scalinata…”. Arrivano solo spezzoni di discorso. “Quando il grande maestro fa l’inserto” perché il grande santone sa tutti i termini tecnici, “il più grande film di tutti i tempi… Uammm… uammm…” e termina con un lungo e prolungato ululato a finire. Si alza un santone di spalla che si deterge alcune lacrime di commozione e anche lui: “… L’occhio della madre… la carrozzella… il più grande film di tutti i tempi”, questo arriva sempre chiarissimo. “… Uammm… uammm…”.
Così per vent’anni. Vent’anni nei quali Fantozzi ha visto anche una rassegna di film cecoslovacchi con sottotitoli in tedesco! Una volta per errore (davano Ciapaiev) proiettarono prima la seconda bobina poi la prima. Nel dibattito il santone cominciò con “il grande maestro ha qui l’intuizione sublime di far morire Ciapaiev all’inizio e di farlo poi rivivere…”. Non terminò la frase perché lo avvisarono dell’errore e la serata finì in maniera umiliante per tutti. Del film, nessuno aveva capito un cazzo.
La prima avvisaglia del dramma finale la si ebbe una sera. Era stato programmato L’infanzia di Ivan: nove tempi! Gli intellettuali erano già tutti agganciati quando apparve il santone che con una voce rotta dal pianto disse: “Una… notizia orrenda… non sono arrivate le pizze” (tutti alla parola “pizze” avevano ululato perché avevano una fame della madonna!) “dell’Infanzia di Ivan”.
“Nooo!!!” fu l’urlo disperato delle barbe.
E il santone: “In sostituzione daremo Il segno di Zorro”. Lo videro tutti tre volte!
Passarono così infruttuosamente vent’anni e mai Fantozzi aveva partecipato agli osanna finali. Una sera davano il Potëmkin. Alla fine si alza il santone che riprende: “Il più grande film di tutti i tempi… l’occhio della madre… uammm… uamm…”. Si fa nella sala un grande silenzio, assoluto, magico. Da fondo sala Fantozzi alzò il pollice della mano destra e disse timidamente: “Scusi, posso dire una cosa io?”.
“Prego, caro… finalmente uno nuovo… venghi”. (I santoni cadono sui verbi!).
Fantozzi attraversò in un clima di grande suspense la sala, arrivò al microfono, si schiarì la voce e disse: “Per me La corazzata Potëmkin è una cagata pazzesca!”.
Novantadue minuti di applausi! Era un applauso liberatorio con urla di gioia. Uscirono allora tutti come liberati da un incubo e raggiunsero la “maggioranza silenziosa” e alcuni del “blocco d’ordine” che, mangiando cioccolato e gelati, si gustavano l’ultimo film della Antonelli! Fantozzi poi era felice perché il sabato dopo avrebbe visto il festival di San Remo.