il Fatto Quotidiano, 12 agosto 2023
Processi andati in fumo
Come in un grande gioco dell’oca, la prescrizione torna al punto di partenza: la riforma dell’allora Guardasigilli, Andrea Orlando. E il suo ritorno potrebbe diventare una manna dal cielo per imputati, presenti e futuri. Si tratta dei processi, in corso o futuri, per tutti i reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, cioè quelli a cui si applicano sia la riforma Bonafede, che ha bloccato la prescrizione alla sentenza di condanna in primo grado; sia quella della ministra Cartabia sull’improcedibilità. Se la proposta di centrodestra e renziani andasse in porto, la nuova disciplina – che ricalca, come detto, quella della vecchia legge Orlando – andrebbe applicata a tutti gli imputati e indagati in quanto più favorevole al (presunto) reo. E andrebbe a impattare su un quadro tutt’altro che lusinghiero in cui il susseguirsi delle riforme ha creato una sorta di stasi nei numeri.
Sono stati, infatti, 104mila 276 i processi andati in fumo nel 2021 (ultimo dato utile) a causa delle prescrizione. La parte del leone, naturalmente per la mole trattata, va al primo grado di giudizio dove fra tribunale ordinario, gip/gup, sono oltre 77mila i reati dichiarati prescritti. Ma, nonostante i numeri in valore assoluto, è ancora una volta il secondo grado di giudizio che fa registrare il maggior indice di “mortalità” dei reati, un vero e proprio imbuto. Se, infatti, il numero registrato dalle Corti d’appello, in assoluto, dice che nel 2021 le prescrizioni sono state 23.478 – quasi un quarto del totale – è andando a vedere l’incidenza sui processi definiti che tutto appare più chiaro. Le oltre 77mila prescrizioni in primo grado rappresentano il 74,8 per cento del totale ma la loro incidenza sui processi definiti è del 15,5 per cento. In appello la prescrizione ha inciso nel 2021 per il 22,2 per cento dei processi celebrati. Un dato, comunque, in miglioramento (era il 25,9 per cento nel 2019, il 2020 non può essere preso in comparazione causa Covid) ma che indica comunque come in appello quasi un processo su 4 non arriva a sentenza. Gli stessi dati che avevano indotto l’allora ministro Bonafede a introdurre la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Andando poi a guardare dentro quei processi prescritti ci si accorge (dati 2018) che in primo grado il 47,2 per cento dei reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, con aggravante, non arriva a sentenza: quasi uno su due. Così come il 42,4 per cento dei processi per corruzione di persona incaricata di pubblico servizio. Mentre in corte d’Appello “vince” l’indebita percezione di erogazioni a danni dello Stato (30 per cento netto) e anche la corruzione di pubblico ufficiale col 28,6 per cento.
Una situazione che l’intervento successivo della ministra Marta Cartabia non ha migliorato, anzi. All’inaugurazione dell’anno giudiziario, il primo presidente della Corte di Cassazione, Pietro Curzio, aveva messo in guardia da alcuni effetti distorsivi che avrebbe portato le corti d’Appello a dare priorità ai processi sorti dopo il 2020 per non farli finire nella tagliola della improcedibilità, lasciando indietro gli altri.
È complesso riuscire a prevedere l’impatto del “ritorno al passato”, il susseguirsi degli interventi non ha ancora creato un dato certo: quando la riforma Orlando, datata agosto 2017, ancora non aveva dato risultati – la prescrizione veniva sospesa per un totale, fra primo e secondo grado, proprio di tre anni – interveniva la Bonafede che poteva essere applicata, però, dal 2020 in poi. E quando ancora non si poteva misurare l’impatto di questa, c’è stato l’intervento della Cartabia. Di certo, col ritorno alla riforma Orlando chi potrebbe festeggiare, in astratto, potrebbe essere la ministra del Turismo Daniela Santanché: qualora la Pitonessa fosse rinviata a giudizio, la tagliola della prescrizione potrebbe abbattersi anche in Appello e in Cassazione sulle eventuali accuse di bancarotta e truffa ai danni dello Stato (quest’ultima per aver fatto lavorare una dipendente in cassa integrazione Covid). Nonché sui falsi in bilancio commessi dal 2020 in poi, in particolare quelli delle società non quotate (per cui i termini sono molto più brevi).
E poi centinaia di altri imputati politicamente meno esposti ma altrettanto di peso, come i rettori della Statale e del San Raffaele di Milano, Elio Franzini ed Enrico Gherlone, rinviati a giudizio per turbativa d’asta in relazione a un concorso pilotato tra il 2020 e il 2021. Possono sperare pure i due dipendenti di Rete ferroviaria italiana appena condannati a tre anni in abbreviato (per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo) per il deragliamento del Frecciarossa vicino Lodi il 6 febbraio 2020. E persino A.T., 52enne veronese a processo per aver legato con il guinzaglio del cane il figlio adolescente della compagna per impedirgli di difendere la madre durante il lockdown.