Il Messaggero, 12 agosto 2023
A.A.A. Artigiani cercasi
ROMA Sarti, tagliatori, ricamatori. Anche falegnami, pittori di scena e quant’altro. L’Italia non è più un Paese per giovani artigiani. E così presto il “made in Italy”, con tutto ciò che comporta per economia, cultura e identità, potrebbe diventare, letteralmente, storia vecchia. A lanciare l’allarme sono imprese e grandi nomi del settore. Non ci sono forze giovani, e le aziende, a ben guardare interi settori rischiano di rimanere paralizzati per la mancanza di ricambio in comparti chiave.
L’ALLERTA
«Oggi figure professionali come quelle operanti nel ricamo e nella sartoria sono introvabili. Per chi, come noi, ha produzioni interamente artigianali e Made In Italy ciò costituisce un freno alla crescita», ha dichiarato, ieri, Gino Signore, Ad della Maison Signore, che ha laboratori di produzione artigianale di abiti da sposa in Campania e Puglia, con oltre cinquanta rivenditori in Italia e altrettanti nel mondo. «È fondamentale che il mondo dell’istruzione pubblica formi, anche con il supporto delle aziende del settore, le figure richieste dal mercato». Da qui, l’idea del progetto Made in Italia 2026, nato per inserire in pochi anni trenta nuove figure tra sarti, modelliste, ricamatrici e via dicendo. Il problema c’è, si vede. Non è un caso che il Consiglio dei Ministri abbia approvato l’istituzione del Liceo del Made in Italy, con avvio del ciclo scolastico dall’anno 2024/2025. Obiettivo, promuovere conoscenze e abilità connesse all’eccellenza dei prodotti e della tradizione italiana. La questione è centrale: le carenza di oggi, infatti, rischiano di alimentare la crisi di domani. Tra i comparti più colpiti, la moda. «La questione è anche di immagine e comunicazione», spiega Stefano Dominella, presidente onorario Maison Gattinoni e presidente Sezione Moda Design di Unindustria. «Insegno a Roma all’ateneo Sapienza e allo Ied e, in questi anni, ho visto un’ondata di giovani studiare per diventare stylist, non c’è però chi voglia fare la sarta. C’è un’immagine sbagliata del mestiere, ferma ai primi del Novecento. Oggi una sarta appena entrata in un laboratorio couture guadagna 1800 euro, all’azienda ne costa 3600. E ha opportunità creative. Guillermo Mariotto, ogni volta che va in Qatar o negli Emirati Arabi per le famiglie reali porta con sé la modellista. Servirebbe un cambiamento di sguardo, come quello che ha interessato il mondo degli chef, quindici anni fa: prima non era un lavoro tanto ambito, oggi lo è». Intanto, non si trovano nuove energie. «Da noi, ossia Gattinoni – prosegue – le ricamatrici hanno 70/80 anni. Il ricambio non c’è». Vale per le passerelle, ma anche per il cinema, tra costumi e scenografie. Carlo Poggioli, presidente Associazione Italiana Scenografi, Costumisti, Arredatori e costumista dei film di Sorrentino, commenta: «Alcune professionalità sono pressoché sparite, dal falegname al pittore di scena. I nostri tagliatori, ben formati, spesso sono assorbiti dalle grandi produzioni all’estero. Il mio ha oltre 80 anni e lo convoco sempre quando devo andare sul set. Anche le mie sarte hanno un’età avanzata. Ogni giorno, ricevo telefonate di chi cerca, e non trova, sarte, assistenti costumisti e via dicendo». Il problema non è della singola produzione. «Il nostro made in Italy sta subendo una caduta in termini di preparazione sottolinea già adesso non siamo più in grado di garantire la qualità che ci ha reso famosi nel mondo. Una signora che conosco è stata chiamata su un set, come sarta, sapendo fare solo orli con il ferro da stiro, incollati dunque, non cuciti». E così, dal 2 ottobre, prenderanno il via i primi quattro corsi di Botteghe Artigiane, iniziativa di Luce Lab Cinecittà con Asc, con corsi gratuiti per preparare i professionisti di domani. Pensa alla formazione interna lo stilista Antonio Riva. I ricami sono chiave per le sue collezioni sposa. «Mancano ricamatori e manodopera qualificata per sartoria e taglio. Si fatica a trovare personale. I giovani sono più interessati a lavori diversi, con orari precisi. Serve formazione. Io la sto facendo in azienda».
IL RISCHIO
«Noi italiani abbiamo una manualità creativa eccezionale, ma oggi se ne è persa la cultura e non c’è personale rimarca la costumista Premio Oscar Gabriella Pescucci Se si deve fare un mobile su misura è quasi impossibile trovare un falegname. I ragazzi si stanno allontanando dai mestieri manuali. Forse perché da piccoli sono stati abituati a zip e strap, ormai alcuni non sanno fare più neppure un fiocco». Massimo Pieroni, titolare dello storico laboratorio di cappelli, proprio sulle nostre pagine, ricordava: «Mancano le ricamatrici militari, ne esiste una, mio padre ne aveva cinquanta per La grande guerra». Il rischio è grande. «Negli anni Novanta e Duemila, abbiamo assistito a una corsa all’estero dice Dominella con ricami fatti in India, Corea, Bangladesh e produzioni di alto livello in Romania, Bulgaria, Ucraina, con personale locale e direzione italiana. Si sta tornando in Italia ma se non si formano i giovani rischiamo che il Made in Italy che è la nostra forza, rimanga senza le persone che lo sanno fare. Avremo tanti stylist ma nessuno che sappia trasformare un disegno in un modello».