Corriere della Sera, 12 agosto 2023
Intervista a Giancarlo Fisichella
A 50 anni, compiuti a gennaio, non ha per nulla intenzione di mollare le corse e di andare in pensione. Al contrario, Giancarlo Fisichella «mena» ancora e vince. Lo ha appena fatto a Pergusa, sotto un diluvio memorabile, e conta di ripetersi: «Vivere il mondo dell’endurance con la Ferrari è bellissimo. La verità è che non ho smesso di divertirmi. E so ancora dire la mia». Tenuta dell’Olgiata, «Fisico» vive qui: il verde e gli ampi spazi rilassanti aiutano ad aprire il libro della vita.
Guarda mai alla sua storia?
«Lo faccio spesso e mi sento contento. Però non tornerei indietro: bisogna badare al futuro. Mi manca il titolo della F1? Sì, però me ne sono fatta una ragione: 14 stagioni, 231 Gp, 3 vittorie, 19 podi, 4 pole position; qualcosa ho combinato. Inoltre ho contribuito ai due Mondiali costruttori della Renault: mi onoro di essere stato un uomo-squadra».
C’era la generazione d’oro dei piloti italiani: c’era, appunto…
«Gli anni ’80 e ’90 sono stati irripetibili, anche per il boom delle sponsorizzazioni. Poi tutto si è complicato: avanzava chi si presentava ai team con una certa valigetta. Infine il sistema Italia non ha aiutato le nuove leve del motorsport».
Lei è l’ultimo italiano che ha vinto un Gp.
«Eh, lo so. Temo che passeranno ancora tanti anni prima di vederne un altro sul podio più alto. Dobbiamo sperare nei ragazzi delle formule minori. Nel 2021 ho lanciato il progetto “Top Gun by Pro Racing” assieme a Marco Cioci per aiutare i giovani piloti a migliorare».
Campionato 2009: la Force India cresce, ma dopo il Gp del Belgio, dove lei parte dalla pole e arriva secondo dietro a Kimi Raikkonen, la lascia perché la Ferrari la chiama per sostituire Felipe Massa, ferito a Budapest: lo rifarebbe, visto che la F60 non era granché competitiva?
«Lo rifarei cento volte: avevo 37 anni e la Ferrari era il sogno nel cassetto. Sapevo che non sarebbe stato agevole e che avrei trovato una monoposto difficile pure per Kimi, anche se a Spa – ancora non so come – diede l’unico successo al Cavallino. Da quel giorno, comunque, sono diventato ferrarista e lo sono ancora».
L’errore più evidente che ha commesso?
«Nel 2002 sarei dovuto rimanere alla Benetton ma scelsi di tornare alla Jordan. Me ne sono pentito».
Il Fisichella extra F1 ha vinto parecchio.
«La duttilità mi ha aiutato. Nel 2010 ho conosciuto l’endurance: uno choc, all’inizio, ma mi sono ambientato alla svelta».
Che cosa c’è della Sicilia di suo padre?
«Le radici sono a Catania e mi sento molto siciliano. Amo questa terra e i suoi valori».
C’era qualcuno che non sopportava in F1?
«Non c’è stato un buon rapporto con Ralf Schumacher, nel 1997 alla Jordan. Era “fighettino”, si sentiva superiore nonostante lo bastonassi. In Argentina ero secondo e lui terzo. Mi toccò e dopo il Gp fece una battuta del cavolo: “Vabbè, gli offrirò una pizza”. Da lì in poi con lui fu tutto in salita».
Con Michael, suo fratello, è andata meglio?
«Persona, oltre che pilota, di ben diversa caratura. Avevo un ottimo rapporto con Schumi: abbiamo la passione del calcio e almeno 2-3 partite della nazionale piloti le disputava sempre. Abbiamo condiviso pista, calcio, cene, karaoke: peccato che abbia fatto la fine che sappiamo, il destino è a volte crudele e penso anche a quanto capitato ad Alessandro Zanardi”.
Flavio Briatore: grande manager o grande demonio?
«Entrambe le cose. Ha sempre ottenuto risultati in tutto quello che ha fatto. Però non perdonava nessuno: un errore ed eri fuori».
È vero che preferiva Alonso?
«Era ed è il manager di Fernando… Però mi voleva bene. Ci sono sempre un pilota “numero uno” e un “numero due”, però alla Renault era accettabile e con Alonso sono sempre andato d’accordo: due ore prima dei Gp giocavamo a scopone assieme a Briatore».
Ci stila la classifica dei «mostri» che ha affrontato?
«Michael Schumacher e Fernando Alonso sono una spanna sopra tutti. Fernando a quasi 42 anni vive una seconda giovinezza con l’Aston Martin: l’auto va benissimo, lui ci mette testa e voglia».
Ricorda qualche cosa poco chiara che le hanno fatto?
«No, anche se qua e là ho avuto dei dubbi. Per dire, primo Gp con la Renault a Melbourne: parto dalla pole e stravinco. Ma nella gara dopo ecco una serie di problemi… Gli inconvenienti si sono ripetuti in tutte e due le stagioni».
Perché personaggi come Eddie Jordan, uno dei suoi patron, sono «border line»?
«Perché la F1 è un mondo di squali e anche Eddie… se la cava. È stato importante per me, ma non si è comportato bene. Firmai per lui, ma poi mi disse che aveva problemi di sponsor: il contratto fu cambiato però e per avere i soldi dovetti fargli causa».
Nel suo team ideale prende come leader Verstappen o Hamilton?
«Verstappen. È l’evoluzione della specie, Max ha qualcosa in più e dà l’impressione di guidare con una mano sola».
Tema: Bernie Ecclestone...
«Ho un discreto rapporto con lui, anche senza un grande feeling: può darsi che mi abbia aiutato, ma… senza saperlo. La sua dote migliore? Saper agire nell’ombra».
Quanto a personaggi particolari, lei ha sperimentato anche Vijay Mallya, patron della Force India: ma ad un certo punto volevano sbatterlo in galera…
«Girava con l’aereo privato; aveva l’Indian Empress, yacht da 97 metri; era padrone di squadre di calcio e di cricket; era il produttore della birra Kingfisher, nome che ha dato pure a una compagnia aerea poi fallita, la prima indiana ad aver ordinato l’A380. So che gli hanno levato il passaporto: sì, un po’ di danni li ha fatti».
Tasse
Residenza a Montecarlo per pagare meno tasse? Io dal 2003 sono tornato a Roma: non volevo restare separato dalla famiglia. Così ho evitato pure le maldicenze
Fisichella in autostrada a quanto va?
«A 130 orari” (segue risata). Non ho preso multe con l’autovelox. A 18-19 anni, però, ero stato beccato dalla Polizia».
È vero che i piloti prendono la residenza a Montecarlo per pagare poche tasse?
«Io dal 2003 sono tornato a Roma: non volevo restare separato dalla famiglia. Così ho evitato pure le maldicenze».
Fisichella avrebbe potuto fare il calciatore?
«Da bambino giocavo sempre a pallone ma avevo la suggestione dei motori. Quando vidi una gara di go-kart a Roma feci la mia scelta».
Il suo cuore batte per la Roma.
«La Maggica fa soffrire, è sempre così».
Ha perso ai rigori la finale dell’Europa League…
«È il coltello nella piaga: sconfitta amara, eravamo andati sull’1-0. Ma il Siviglia giocava in 12: l’arbitro era dalla sua parte».
Si discute se Mourinho sia l’allenatore giusto: lei che cosa pensa?
«A me piace. La Roma nel 2022 ha conquistato la Conference League: sarà una coppetta, ma da 50 anni non vinceva in Europa. In campionato speravamo di fare meglio, ma ci sono stati troppi infortuni».
Perché Francesco Totti è l’idolo assoluto di voi romanisti?
«Perché il Pupone è il capitano. Lo è a vita, intendo. Dai 16 anni fino a fine carriera è rimasto alla Roma, rinunciando perfino al Real Madrid: forse ha sbagliato a non andarsene, ma ha fatto una scelta di cuore e noi lo amiamo».
Sta con lui o con Ilary, nella vicenda della separazione?
«Non giudico. Certo, “sta storia” ci ha un po’ rotto le scatole, ma sono fatti loro. Dico solo che né lui né lei ne escono bene».
Papà di mestiere faceva il carrozziere: ha mai pensato di seguirlo?
«Certo che sì. Gli davo una mano nei lavoretti semplici: se non avessi corso sarei stato un carrozziere o un meccanico».
Guidava la macchinina a pedali, il triciclo o la bici con le rotelle?
«Ho sperimentato auto a pedali, triciclo, bici. In bici mi divertivo ad andare su una ruota. A 6-7 anni mio padre mi metteva sulle sue gambe e provavo a guidare in strade private o isolate».
Ha fatto, per la Rai, anche l’inviato ai box.
«Esperienza carina, ma con troppi momenti morti: io ho bisogno di maggiore vivacità».
Riti e scaramanzie da dichiarare?
«Il giorno della gara indosso mutande rosse. Ora è un’abitudine, come mettere prima il guanto destro e l’auricolare sinistro. La paura? Mai avvistata: diversamente, meglio smettere».
Ha due figlie e un figlio. Lui farà il pilota?
«No: ha provato con il calcio, ma ha scelto l’università. Studia sport e scienze motorie, penso di coinvolgerlo nella Pro Racing».
Perché la Ferrari ormai tritura i piloti?
«No, non li “sega”. Il guaio è che se non hai un’auto vincente, dopo un po’ il campione si stanca. La coppia Leclerc-Sainz non scoppierà: c’è rivalità, ma sono ragazzi intelligenti e sanno che devono lavorare per la squadra».
Anche stavolta la Rossa vincerà… l’anno prossimo.
«La stagione è difficile da raddrizzare. Temo che la Red Bull abbia realizzato una macchina mostruosa. È troppo avanti: era già forte nel 2022, ma l’evoluzione è stata tremenda».
Lei ha fatto il doppiatore in «Cars-motori ruggenti», il film d’animazione del 2006.
«Ero assieme a Trulli, Pirro e Zanardi. Ero Boost, su una delle macchine che davano fastidio a chi si stava addormentando».
Ed è stato pure ballerino…
«Solo una volta, come ospite in “Ballando con le stelle”. A ballare me la cavo bene: la mia agenzia riceve richieste, ma sono ancora un pilota in attività e non ho tempo da dedicare ad altro».
Cosa farebbe per cambiare l’Italia?
«Ci sono tanti aspetti da migliorare ma ci lamentiamo troppo di tutto e di tutti. Quindi, meno parole e più fatti: e qui divento… tedesco».