Corriere della Sera, 12 agosto 2023
Intervista alla mamma di Michela Murgia
La voce è ruvida, ma cortese. Assenza di orpelli e fermezza sono i tratti che più ricordano la figlia, per quel che si può intuire da una telefonata in un giorno come questo. Costanza Marongiu è la mamma di Michela Murgia. Oggi non potrà partecipare ai suoi funerali a Roma: «Le mie gambe sono quelle che sono». Ci sarà l’altro figlio, Cristiano, con la moglie Ida.
Signora, chi l’ha avvisata?
«Claudia, un’amica di Michela: mi ha chiamato lei nella notte. E poi stamattina la televisione. È stato un colpo».
Se l’aspettava?
«Michela era malata da un anno e mezzo, ma aspettarmelo no, perché fino al giorno prima mi ha nascosto la verità. Mi diceva: sto migliorando. E io ci credevo. Poi una settimana fa ha smesso di rispondermi al telefono e ho capito che stava male. Ieri (giovedì 10, ndr) è stata lei a chiamare Cristiano e a dirgli che se ne stava andando e che voleva solo che mi dicesse di stare tranquilla e di non piangere. Io non ho pianto, però così è anche peggio, perché mi sento un groppo al cuore che mi sta uccidendo».
La seguiva sui social?
«Sì, su Instagram».
Nelle ultime settimane si è spesa molto per la famiglia queer.
«Era la volontà di Michela e andava bene anche a me, non posso dire o aggiungere niente. Io rispettavo le sue scelte, tutte. In effetti la famiglia queer era il suo sogno, ha sempre voluto tanta gente intorno, voleva molti amici e cosa si può chiedere di più?».
Non ha mai nascosto un padre violento. A «Vanity Fair» ha raccontato della notte del 26 dicembre 1990, quando lei la portò con il fratello da sua sorella Annetta, una seconda madre per Michela.
«Fu necessario. Michela poi non è più voluta tornare a casa con noi. C’è tornata quando mi sono separata dal padre. Lui è mancato cinque anni fa: era instabile, era molto difficile instaurarci un rapporto; oggi buono, domani una belva».
L’ha sorpresa il successo straordinario di sua figlia?
«Non mi ha meravigliato nemmeno un po’, Michela assomigliava anche a me. Era una forza della natura. Qualunque strada avesse intrapreso, sapevo che sarebbe riuscita. Raggiungeva tutti gli obiettivi che si metteva in testa: era forte, coraggiosa, puntualmente critica anche con sé stessa. Se sbagliava lo ammetteva, era importante».
Scelga un’immagine.
«In questo momento lei sta presentando un libro a Cagliari e cinque minuti dopo abbraccia me e il fratello: è successo l’anno scorso, verso settembre. È l’ultima volta che l’ho vista. Ormai non posso più camminare, aspettavo che venisse di nuovo lei. Ma ha seguito i suoi sogni: voleva l’Orient Express e lo ha avuto, voleva andare in America e lo ha avuto. Per certi versi ero diventata secondaria: lei aveva fretta di fare le cose che non era mai riuscita a fare prima».
Le è dispiaciuto?
«No, era giusto così. I figli nascono con le ali e poi volano via, nessuna mamma ha il diritto di fermarli».
Ha conosciuto Lorenzo Terenzi, l’uomo che ha sposato a luglio «in articulo mortis»?
«No, non lo conosco, non ci siamo ancora sentiti. Ci sentiremo, ormai di tempo ce n’è tanto».
Che effetto le ha fatto l’intervista di Aldo Cazzullo sul «Corriere», quando ha ammesso che le restavano mesi?
«Mi tremavano le gambe, anche se della malattia lo sapevo già. Ma sono una mamma. Prima che la madre della scrittrice e della donna famosa, sono la mamma di mia figlia. Mi avvisava sempre delle interviste. Per Vanity Fair mi mandò in anteprima le foto».
Un ricordo di lei bambina?
«Vispissima, intelligentissima. A scuola era la prima della classe e si lamentava quando perdeva un colpo: se non era 8 e diventava 7, già si preoccupava. Non le ho mai dovuto dire: apri il libro, mettiti a studiare. È stato tutto molto facile, da quel punto di vista, e molto piacevole seguirla nei suoi progressi».
Di cosa è più orgogliosa?
«Di tutti i suoi libri, perché in ognuno c’è il suo pensiero, la sua scelta di vita. E in qualche maniera ha parlato anche di me. Io le dicevo: non mi ci mettere in mezzo, sono schiva. E lei: mamma, non hai capito?, se devo scrivere della mia vita tu ne fai parte».
Le dedicò «Accabadora»: «A mia madre. Tutt’e due». Dunque anche a zia Annetta.
«Sì. Io però ai romanzi preferivo i saggi. Il più bello per me è Viaggio in Sardegna, perché di libri sulla Sardegna ne ho letti tanti, anche scritti da persone importanti che girano il mondo. Ma lei è riuscita ad approfondire ogni aspetto. E poi mi è piaciuto tanto Ave Mary, anche perché ha fatto incavolare i vescovi, quindi va benissimo».
Fino a poco fa ha gestito un ristorante sul mare. Qual era il piatto preferito di Michela?
«Gli spaghetti con le arselle di Mistras».
Se posso chiederlo, di cosa avete parlato l’ultima volta?
«È stato una settimana fa. Mi ha detto che stava bene, che era serena. E che preferiva spostarsi a casa sua, morire a casa e non all’ospedale. E perché mi dici questo?, ho chiesto. E lei: mamma lo sai, può capitare in qualsiasi momento. Ecco, per me Michela non è andata via: lei è ancora qui».