Corriere della Sera, 11 agosto 2023
Hillary Clinton voleva trovare un partner al ministro gallese gay
Soltanto P.G. Wodehouse, il grande scrittore che inventò la saga del gentleman Bertie Wooster e del maggiordomo Jeeves, avrebbe potuto immaginare una scena simile: le terribili ziette dei suoi romanzi – zia Agatha sopra tutte – tramavano sempre nell’ombra per organizzare incontri a scopo matrimoniale tra nobiluomini scapoli (spesso dalla sessualità che oggi definiremmo fluida) e fanciulle più o meno in fiore.
È puro Wodehouse l’aneddoto appena raccontato dal ministro del governo gallese Jeremy Miles (la devolution fa sì che varie funzioni amministrative gallesi siano distaccate dal governo centrale britannico) alla radio della Bbc. Miles si era trovato per caso seduto accanto a Hillary Clinton a una conferenza della Swansea University. E allora Miles – prima di lui il governo gallese non aveva mai avuto un ministro gay – aveva ringraziato l’ex segretaria di Stato e candidata alla presidenza degli Stati Uniti per aver fatto riferimento ai diritti Lgbt in un discorso che aveva appena tenuto.
E qui è scattato il momento alla Wodehouse: Clinton, svestiti i panni della augusta conferenziera e indossati quella di zia Agatha, ha chiesto a Miles, che aveva conosciuto un minuto prima, se avesse un partner. Preso alla sprovvista, Miles ha detto la verità: è single. A quel punto l’ex segretaria di Stato «si è gentilmente offerta di presentarmi ad alcuni dei suoi amici gay. Incluso – non farò il suo nome – un leader mondiale». Saggiamente il ministro – con lodevole aplomb affinato durante gli studi di legge a Oxford – ha risposto no grazie: «Ho pensato che si stesse andando un po’ oltre», è stata la spiegazione offerta ai microfoni della Bbc.
Miles probabilmente si ricordava che l’ultima volta che Hillary Clinton ha fatto da matchmaker, presentando un giovane politico rampante all’assistente che aveva sempre considerato una seconda figlia, è successo un disastro, personale e geopolitico. Clinton organizzò il primo appuntamento tra Huma Abedin e Anthony Weiner: lui, deputato democratico e candidato sindaco a New York, aveva l’hobby di inviare immagini dei suoi genitali a donne conosciute in chat e non sempre maggiorenni. Finché una foto inviata a una quindicenne non l’ha fatto finire in carcere per diciotto mesi. Non è naufragato soltanto il matrimonio Abedin-Weiner. Ma anche, in una incredibile serie di coincidenze sfortunate, la campagna di Hillary Clinton.
È impossibile provare il contrario, ma è un fatto che a pochi giorni dalla fine della campagna presidenziale del 2016 Hillary Clinton avesse un vantaggio non enorme ma abbastanza rassicurante su Donald Trump: finché l’Fbi non trovò delle mail della signora Clinton proprio sul pc sequestrato a Weiner, il pc che usava per il «sexting». Venne effettuato un supplemento d’indagine sulla gestione da parte di Hillary Clinton delle mail riservate – le indagini non partorirono mai un’incriminazione – che finì in prima pagina su tutti i giornali, regalando un assist prezioso alla campagna di Trump, poi eletto presidente. Hillary Clinton pensa tuttora che quell’indagine a pochi giorni dall’apertura delle urne, poi chiusa, le sia costata la presidenza, una presidenza giocata su poche migliaia di voti in alcuni Stati in bilico.