La Stampa, 11 agosto 2023
Biografia di Francesca Woodman
Quando si parla d’arte, in particolare dell’arte cui il tempo ha dato ragione, presto o tardi il discorso cade sui soldi, sulle quotazioni. È una pietra di paragone spesso fuorviante se non falsa, ma alimenta l’illusione di una giustizia ulteriore. Nulla è scritto per sempre. Ciò che ora è deriso o ignorato domani verrà conteso e ammirato. Gli ultimi saranno i primi o saranno almeno risarciti. Some Disordered Interior Geometries, il libro d’artista che Francesca Woodman pubblicò sul finire del 1980, poche settimane prima di togliersi la vita, costava all’epoca nove dollari. Oggi una copia di quella edizione viene venduta a quindicimila. Questi numeri non spiegano ovviamente chi era Francesca Woodman né l’importanza della sua opera, ma possono servire comunque come consiglio: chiunque disponga di un’ottantina di dollari da spendere con libertà li investa in un volume di vertiginosa bellezza pubblicato di recente negli Stati Uniti dall’editore Mack. Non se ne pentirà, sia perché è un godimento per gli occhi, sia perché diventerà con gli anni una rarità per appassionati, acquistando anch’esso un suo valore. Cosa contiene? Tutti gli otto libri d’artista di Francesca Woodman riprodotti pagina per pagina, alla maniera di un facsimile. Vecchi diari, quaderni e manuali scolastici che l’artista americana scovava a Roma nei lontani anni ’70, tra bancarelle e librerie dell’usato, e su cui interveniva incollando le sue foto e aggiungendo spesso una nota di commento o descrizione, didascalie sentimentali per così dire. È un volume atteso da tempo. Le foto di Francesca Woodman vengono ormai esposte nei più importanti musei del pianeta, oltre a spuntare di continuo su Instagram. I suoi libri d’artista erano però rimasti un lato nascosto, conservati negli archivi della Fondazione Woodman e dunque accessibili soltanto agli studiosi. Spiegare in breve perché l’uscita di questo volume rappresenta un evento vuol dire tornare alla questione di partenza, a ciò che il denaro e le quotazioni non possono spiegare ma solo lasciare intuire. Chi è Francesca Woodman e in cosa consiste la sua grandezza? Alla prima parte della domanda ha di fatto risposto lei stessa in un giorno imprecisato del 1977, quando, appena diciottenne, entrò in una libreria nel centro di Roma, la Maldoror, ben nota ai bibliofilidi razza per le sue chicche, testi futuristi e surrealisti, manuali di medicina criminale, prime edizioni di Nietzsche. La ragazza aveva con sé una scatola, che porse a uno dei due titolari dicendo poche e lapidarie parole: «Sono una fotografa». Fu proprio nello scantinato di quella libreria molto speciale che poco tempo dopo venne allestita la sua prima mostra. Curiosamente però, la sera dell’inaugurazione la fotografa non si fece vedere. Librai e visitatori l’attesero invano. Una sua amica riferirà poi di averla trovata quella sera sul tardi, davanti casa sua, con gli occhi umidi e un sorriso sulle labbra per farsi perdonare quella sparizione. Diventare un fantasma sembra del resto un motivo ricorrente di Francesca Woodman. Lo si intravede già nella prima foto, scattata a tredici anni. È un autoritratto in cuila giovanissima artista appare seduta su una panca. Tiene in mano qualcosa, il filo dell’autoscatto che dalle sue dita si tende in linea retta fino a uscire dall’inquadratura. L’immagine ha il sapore dell’annuncio profetico, un’anticipazione di di ciò che l’avrebbe resa famosa l’artista: fotografare se stessa. Anche il modo in cui si autoritrae, nascondendo il volto, è già una sua tipica foto. Per non parlare di come il suo corpo appaia in bilico tra definizione e sfocatura, come se questa ragazza si fosse materializzata nel mondo reale per qualche istante soltanto, il tempo necessario per essere congelata in una foto. Una presenza colta un attimo prima di sparire. Un fantasma appunto. Il che ci porta a un altro modo possibile di interpretare questo autoscatto. Ci porta cioè al 19 gennaio 1981, il giorno in cui Francesca Woodman si getterà dalla finestra di un edificio del Lower East Side, a New York. Difficile resistere alla tentazione di riconoscere in quella sua prima foto spettrale, come anche nelle tantissime altre che seguirono, i segni premonitori di un gesto estremo, come se per tutta la sua breve vita di artista ella non avesse fattoche tendere, magari anche solo inconsapevolmente, a quel momento conclusivo. Non per niente qualcuno ha parlato di lei come della Sylvia Plath della fotografia. Chi l’ha conosciuta nega che il suo suicidio possa spiegarsi in termini tanto diretti e scontati. Ma si sa, il mito ha le sue esigenze e non sente ragioni. Dopo la sua prematura scomparsa, Francesca Woodman è stata oggetto di una riscoperta e un’attenzione che ne hanno fatto un’icona dal fascino romantico in cui giovinezza e tormento si fondono in una cosa sola. Una figura a metà strada tra Arthur Rimbaud e Kurt Cobain in un corpo di donna, il che ha consentito di scorgere nei suoi fantasmi carnali, spesso colti all’interno di edifici in rovina, un messaggio politico. Nascondersi e sparire non sarebbero che angosciosi e inutili tentativi di sottrarsi allo sguardo maschile in un mondo dominato dai maschi. Neanche la lettura femminista mette però tutti d’accordo. In molti preferiscono attenersi alla pura forma delle sue foto e considerarle un enigma, il che rientra in fondo nella natura profonda della vera arte. L’arte per l’arte – sembra una banalità ricordarlo, eppure è un nodo cruciale. Figlia di artisti, Francesca Woodman è cresciuta in una famiglia in cui bellezza e creazione erano il centro di tutto e se la sua opera esercita un fascino e un’influenza che hanno pochi eguali nella storia recente, è proprio questo sentimento assoluto, questa fede radicale, meravigliosa e al tempo stesso terrificante. L’idea che, d’arte, valga la pena vivere sempre e comunque, fino alle estreme conseguenze.
C’è chi la ricorda nel 1977, quando, appena diciottenne, entrò in una libreria nel centro di Roma, la Maldoror Anche il modo in cui si autoritrae, nascondendo il volto, è già un suo scatto tipico. Così come il corpo sfocato