il Giornale, 11 agosto 2023
Anche i clienti hanno torto
Ma il cliente ha sempre ragione? Sempre sempre sempre? Viene da chiederselo in questa estate del nostro scontento, di lamentele assortite da parte di clienti dal dito facile – la tastiera è il loro grilletto – di supplementi per toast tagliati in due, di aggravi per piattini di condivisioni, di sbuffi per maleducazioni e sciatterie, di rivolte per i prezzi in crescita nei ristoranti italiani. Casi differenti, su cui dotti medici e insipienti si sono espressi prima di me, rendendo più trascurabile ancora il mio parere. Ma che dimostrano che il pregiudizio antico non è mai evaporato: la gran parte dei commensali considera osti e ristoratori una categoria di truffatori se non di ladri, che specula sull’appetito della povera gente. E non è che i gestori dei locali non abbiano i loro torti: alle volte un sorriso, una spiegazione, un occhio semichiuso su qualche intemperanza aiuterebbero la comunicazione tra i due diversi lati della trincea dell’apericena. Ma siamo sicuri che la colpa sia tutta dalla parte di chi incassa e che chi paga sia un’anima bella sottoposta a mille e un sopruso? Voglio nel mio piccolo rovesciare l’onere della prova e muovere un atto di accusa contro il cliente.
No show
Non c’è proprio nulla di spettacolare nel paccare un ristoratore senza avvertire. Lo fareste con un invito a cena a casa di un amico? Soprattutto in ristoranti di un certo livello, che magari ha pochi coperti, lo cbianchettamento di un tavolo costituisce una perdita secca, perché un locale magari stellato non trova all’ultimo clienti sostitutivi, e in più la spesa è fatta ogni giorno sulla base del numero previsto di clienti. Inoltre in Italia esiste una forte resistenza culturale a che il ristoratore possa chiedere la carta di credito per garantire la prenotazione trattenendo un fee in caso di diserzione improvvisa. Pensateci, la prossima volta.
La tombola dei numeri
No, non è la stessa cosa se vi presentate in cinque quando avete prenotato in quattro, o in due se avete promesso di essere in sei. Unire i tavoli, spostare le sedie, aggiungere e togliere commensali sono pratiche da tavola calda. E, come detto sopra, per i prodotti freschi la spesa è – come in casa – commisurata sul numero di clienti programmati. Non è per niente vero che dove si mangia in sette si mangia in otto. Proprio no.
Coordinate gli orologi
Se la prenotazione è alle 21 non ci si presenta alle 20,15 o alle 22, sfoderando un sorrisone (nella miglioe delle ipotesi) e dicendo: «Tanto non c’è problema». Il problema c’è, la cucina è una macchina a orologeria, così la si mette in difficoltà. Naturalmente un contrattempo è sempre possibile ma è così arduo telefonare e avvertire?
Cani e bambini
Il discorso è impopolare ma si tratta chiaramente di due categorie borderline. I primi possono suscitare timori in alcuni clienti, possono essere innervositi da qualche gesto imprevisto e abbaiare, possono ostruire il passaggio dei camerieri. I secondi povere stelle al ristorante si annoiano e possono diventare molesti. Sacrosanto il diritto dei genitori a volere vivere una vita che preveda una cena fuori, ma questo diritto si scontra con quello di chi paga lo stesso conto di mamma e papà e le due esigenze vanno contemperate. C’è chi accetta animali, chi no, chi scoraggia i genitori a venire a mangiare con la prole e tutte le posizioni sono legittime purché ben specificate. Inutile ruminare vendette.
Non comunicare le allergie o le intolleranze
Quando all’atto della prenotazione il ristoratore chiede se ci siano intolleranze, allergie o regimi alimentari da rispettare non lo fa per farsi i fatti vostri, ma per studiare eventuali variazioni al menu. Rispondere «ma sì, mangio quasi tutto» non è un’opzione, perché dentro quel quasi può starci di tutto: aglio, cipolla, crostacei, latticini. Quindi, siate chiari sin dall’inizio e nessuno si farà male.
Variazioni di stile
I buoni chef sanno fare piccoli ritocchi a ogni piatto per venire incontro ai gusti del cliente. Ma ciò non autorizza quest’ultimo a trasformare il momento delle ordinazioni in una trattativa che nemmeno Putin e Zelensky. Se scegliete quel ristorante è perché volete provare la cucina di quel dato cuoco, non le sue idee come le realizzereste voi. Anche perché ogni cambiamento richiede tempo e spesa, per cui fate i bravi.
Una coca con due cannucce
Al ristorante si va per mangiare, al bar per bere. Palmare. Quindi accompagnare qualcuno che mangia senza farlo, magari sbocconcellando il pane o chiedendo un piatto in più per condividere il cibo ordinato dall’amico è pratica scorretta. I posti sono asset per fatturare non per oziare. E ogni piatto, tovagliolo, posata usata va lavata e costa tempo e soldi. Per cui accettare un non-cliente è atto di cortesia e non un dovere civico.
I Torquemada della tastiera
Il cliente del 2023 pensa che tutto gli sia dovuto: «Guadagno, pago, pretendo». E va bene. E se non va bene scatta la recensione vendicativa su Tripadvisor. Stroncature senza mezzi termini, uno su cinque e spesso la chiosa: «Solo perché non si può dare zero». I testi trasudano rancore contro lo chef che cucina peggio della zia Piera, contro il cameriere scontroso, contro lo scontrino-truffa. Che poi, i prezzi: sono esposti fuori per legge, ogni ristorante ha il suo bel sito internet con il menu in pdf. Avete tutto il diritto di trovare un locale troppo caro, ma se poi ci andate lo stesso con chi dovete prendervela se non con voi stessi?