Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2023  agosto 10 Giovedì calendario

Intervista a Claudia Pandolfi

Tra I peggiori giorni, le ricorrenze da incubo del film di Edoardo Leo e Massimiliano Bruno in sala dal 14, a Claudia Pandolfi tocca il carnage di Ferragosto. Pareo leopardato, villone e marito coatto (Ricky Memphis), interpreta la madre di due adolescenti che hanno molestato una coetanea. Al barbeque in piscina si presentano, furibondi, i genitori radical chic della ragazza, Neri Marcorè e Anna Ferzetti. Durante l’intervista telefonica l’attrice ragiona, ride, canta e a volte s’infiamma. È sul set diUn professore 2,«molte riprese sono in notturna, ma visto il caldo è meglio così. Roma d’estate sembra una città fatta solo per te».
Che rapporto ha con Ferragosto?
«Di costrizione. Fosse per me scivolerei un giorno dopo l’altro senza celebrare nulla. Le feste comandate sono appuntamenti stabiliti per te da Stato e religione. L’unica che mi dà un fremito è la festa della Liberazione, soprattutto oggi».
Ricordi ferragostani?
«Si somigliano tutti, le estati di infanzia e adolescenza le ho trascorse a Lavinio, litorale laziale.
Anni Ottanta e Novanta: analogici, sorprendenti, allegri. Poi c’è il ferragosto romano in cui ho dato il primo bacio, in un parcheggio deserto e assolato, sotto l’unico alberello. È stato stupendo».
Il 15 agosto del film è horror.
«Atroce, sì. Il mio personaggio non mi appartiene per nulla, perciò lo adoro, una persona sbagliata dall’inizio alla fine. Vorrei dire che la situazione fotografa l’oggi, ma se vogliamo aderire alla cronaca siamo già vecchi. Sta avvenendo una sorta di regressione nella società che possiamo riassumere come una mancanza di rispetto, verso gli altri – quasi sempre femmine – e verso il pianeta».
Lei è madre di un adolescente.
«Sì, e la sorpresa è sempre dietro l’angolo. Ma sono stata attenta a proporre a mio figlio un comportamento che potesse essere da esempio, anche rispetto agli uomini. E anche se mi sono lasciata con il padre di Gabriele abbastanza presto a mio figlio ho mostrato come potevo essere nei confronti di un uomo e cosa pretendevo dai miei compagni. E allo stesso tempo crescevo un figlio mettendomi in ascolto dei suoi bisogni e problemi, cercando dinon essere ingombrante. Non potevo tollerare neanche lontanamente l’odore di qualcosa di feroce, di bullismo. Se hai un figlio come quello del film non te ne accorgi quando ti arriva un video, ma lo vedi da come si comporta. Il film affronta anche altre sfumature insidiose e non scontate: la reazione dei genitori dilei, che fanno mostra della propria cultura senza pensare a ciò di cui la ragazza ha davvero bisogno. È una storia senza un lieto fine possibile.
Tutti perdono. (Canta la strofa “I’m a loser baby”, da Loser di Beck, ndr ) È importante per lei la musica?
«Molto, accompagna la mia vita e i miei discorsi, uso le canzoni come metafora per spiegare la vita.
Ascolto tanti generi, ho imparato a suonare qualche strumento. È entrata nella mia vita in modo prepotente. A volte è salvifica, a volte enfatizza ciò che provi. E io adoro enfatizzare: sono drammatica, mi piacciono le tinte forti, ma colgo anche le sfumature. Sono complessa ma volendo interessante, se mi stai appresso».
Com’era lei all’età della ragazza del film?
«Ingenua, serena, centrata.
Cresciuta da genitori impegnati, che mi hanno fatto scegliere da sola, pur restandomi accanto. E dai nonni. Se allarghi il numero di esseri umani intorno a te cresci meglio. Hai più esempi, ti fai un punto di vista più ampio. Era sano quando le famiglie erano tanto larghe, come la mia. Nel film la nonna è l’unica che comprende la ragazza».
Lei sul lavoro ha tirato fuori presto il carattere.
«Mi sono creata le leggi di Claudia, poche ma fondamentali. A vent’anni avevo personalità ma non sapevo gestire il mondo.
Venivo fuori d’istinto, ma non avevo strategia. Ho capito che dovevo rifiutare le cose che non mi piacevano e che dovevo fregarmene del giudizio altrui. Poi vai avanti e scegli di non fare danni, aggiusti il tiro. Ho imparato a vivere più a misura mia, ma senza fare troppi danni».
È reduce da due belle prove: “Siccità” e “The bad guy”.
«Sono felice e fiera di me stessa: sono capace di cogliere ancora il bello delle cose. Adoro lavorare con Paolo Virzì. E sono rimasta folgorata dal copione diThe bad guy di Rampoldi e Serino, i registi Stasi e Fontana sono cinefili e maniacali: sulla sceneggiatura ci sono scritte le musiche. Io le faccio partire mentre leggo, piango, urlo: è un copione interattivo.
Una narrazione che sfiora tragedia e commedia.
Quando sono uscita dal provino ero entusiasta all’inverosimile, ho mandato un video messaggio al produttore per dire che era stato uno dei provini più belli della mia vita. Vivo tutto questo con gioia, ho cinquant’anni. Questo mio desiderio di essere sorpresa quando leggo e interpreto mi fa essere poi bellissima sul set, nel senso che la felicità la senti, quando lavori con me».
Di anni lei ne ha quarantotto.
«Non li sto manco a calcolare, perché quella che ho appena definito è una ragazza di venti.
È il mio spirito e anche il mio metabolismo: sarò una vecchietta molto secca e gobba. E farò giocare i miei nipoti».