La Stampa, 10 agosto 2023
Torino spiegata con una storia di corna
C’è un po’ di tutto in quel video che gira su Youtube. La rivelazione, la sorpresa, la gogna, e poi il silenzio. Non riusciamo solo a trovare quello che manca. È una storia un po’ così, che non sembra neanche troppo torinese, molto poco riservata e per niente low profile. E invece più torinese di così è impossibile. Torino vip per di più. Alla festa per annunciare il matrimonio, 150 invitati sotto al palco, sul prato che si affaccia gentile a guardar dall’alto il Po e la Mole, in una di quelle ville raccontate ne La Donna della Domenica, quando si spengono le luci per il discorso di rito, il padrone di casa sventola le convocazioni con la data di nozze fra urletti e applausi e poi spiega il regalo che farà alla futura moglie, che dev’essere, aggiunge con voce emozionata, il più grande dei regali: «Il dono che ti faccio è la libertà di amare. Amare un noto avvocato al quale tieni più che a me. La nostra relazione finisce qui». Lui è Massimo Segre, finanziere e banchiere di grande fama vicino a Carlo De Benedetti, lei è Cristina Seymandi, quarantenne di bellezza spigliata e biondocrinita, collaboratrice dell’ex sindaca Appendino che traslocò in lesta giravolta alla corte di Damilano, il candidato scelto da Salvini poi sconfitto alle elezioni.
Tutta la scena è così incredibile da lasciare persino il sospetto che magari si tratta solo di uno scherzo, che adesso salteranno fuori a farci gli sberleffi. Comincia con la futura sposa che come tutte le future spose tremula un po’ di voce per ringraziare «tutti voi che siete venuti qui». Poi tocca al padrone di casa che ringrazia Stefania in particolare, «senza la quale questa festa non ci sarebbe stata». Chiamala festa. Cristina accanto a lui sorride e si volta a cercare Stefania, brava Stefania. Il microfono non funziona, voce voce! gridano alzando i bicchieri, perché questa è come la mezzanotte di Cenerentola e siamo tutti più allegri, poi tutto si aggiusta perché ci pensa uno che sarà il dj, o l’amico di un amico. Segre chiede scusa per il pippone che farà, ma dice che è necessario, e Cristina continua a sorridere lieta come una che gradisce tanto quello che sta per ascoltare. Poi lui accenna al regalo che deve farle, «e mi sono detto che queste nozze non sono un regalo per lei, ma più per me». Lei sorride ancora di più, ignara. Quando finalmente lo rivela il regalo, nel silenzio di gelo che è sceso fra gli astanti in trepida attesa col bicchierino del brindisi, la promessa sposa non fa una piega. «Vai in vacanza col tuo avvocato». Lo guarda, non apre bocca, non si muove. Niente. Si gira appena di lato, a un certo punto, come se cercasse uno sguardo consolatorio nascosto da qualche parte, il conforto di un soccorritore qualsiasi che adesso le farà segno che non è vero niente, che siamo su Scherzi a parte, che ci facciamo tutti una bella risata, ma niente di sguaiato, per carità, una cosa molto understatement, alla torinese, quei divertiti sorrisi fine pasto asciugandosi le labbra con il tovagliolo. Solo che il promesso sposo che l’ha appena abbandonata prima di salire all’altare sta accompagnando la rivelazione con alcune stilettate esplicative, sull’amore di lei per il noto avvocato che non era solo platonico, e sulla sua amicizia pure con un altro noto industriale (se non son noti non li vogliamo). La poveretta, accanto a lui, ascolta impietrita senza verbo mormorare questa feroce dichiarazione di addio.
«Non crediate che mi faccia piacere fare la figura del cornuto», aggiunge lui, questa volta senza leggere il canovaccio che s’è preparato su un foglio. Non c’è bisogno di leggere. «È soltanto una banale storia di infedeltà». Lei è stoica, non piange, non ride, non urla, non dice niente, neanche si difende. Più torinese di così si muore. «Cara Cristina, vai con il tuo avvocato, sii felice con lui». A Roma, ma anche a Milano forse, avrebbero ribaltato il palco. Lui chiude: «Scusate e buonanotte». Scende con calma e il bello è che lei gli scende pure accanto e quasi si sfiorano. L’aria di festa che c’era prima che lui cominciasse a parlare è smorta nelle luci spente, nel buio tagliato appena da una striscia luminosa. Tutto è per un attimo avvolto nel silenzio, lo stesso silenzio con cui Cristina nasconde il suo volto attonita. Poche cose spiegano Torino più di questo video. Alla fine Massimo Segre si incammina verso le sue stanze con un certo aplomb (come cantava Charles Aznavour: «Devi saper restar di ghiaccio pur se il tuo cuore brucia di rancor»), passando tranquillo fra gli allibiti spettatori che non sanno se fargli i complimenti o che cosa, perché la situazione è un po’ strana. Forse sarebbe meglio solo accompagnare in cortese silenzio l’uscita di scena. Senza un grido, uno schiamazzo, o una spiacevole risata, neppure una voce. Magari solo qualche sussurro indistinto da spargere nell’aria. Anche questo molto torinese, alla Fruttero e Lucentini. —